ALBE – A Life Beyond Earth: recensione del film di Elisa Fuksas

Extraterrestre, portami via: il collettivo romano ALBE va alla ricerca di forme di vita nello spazio. Un'indagine che porta all'adduzione, all'esplorazione dei sensi e più di ogni altra cosa alla scoperta di se stessi.

Prodotto da Fandango e Rai Cinema (e presentato al Biografilm 2018), ALBE – A Life Beyond Earth riporta alla regia Elisa Fuksas, dopo l’esordio nel lungometraggio del 2012 Nina. Al centro della sua indagine c’è sempre Roma, ma stavolta il punto di vista è obliquo e di non immediata comprensione: ALBE – che inizia menzionando l’Oracolo di Delfi (“Chiamato o non chiamato, Dio sarà presente”) e specificando che tutto ciò a cui stiamo per assistere è tanto autentico quanto fedele alla realtà – racconta di chi, nella capitale, crede e/o vuole credere agli alieni.

Un prodotto affascinante, che in verità si muove a metà fra documentazione e finzione rielaborando testimonianze reali e palesando fin da subito il suo messaggio, per voce di uno dei personaggi in scena: la felicità aiuta, e l’idea che una connessione “extra” (extra-sensoriale, extra-terrestre) faccia meglio comprendere le umane disgrazie e veicoli la possibilità di una civiltà superiore che ci salvi porta alla beatitudine e alla pacificazione con se stessi e con il mondo.

ALBE – A Life Beyond Earth: altre forme di vita

Potremmo, a questo punto, citare i mai dimenticati Bluvertigo, quando cantavano che “è praticamente ovvio che esistano altre forme di vita”. Quello che gli otto protagonisti vogliono dimostrare è proprio questo: non possiamo essere soli, sarebbe assurdo ed egoista; tutto, dai sogni alle allucinazioni visive, dai piccoli puntini che si muovono nel cielo alle voci che sentiamo nella nostra testa, ci porta verso l’evidenza di una vita che va oltre la nostra coscienza e la nostra logica terrena.

Attenzione però, non siamo di fronte né ad un trip new age né ad una dimostrazione scientifica: la collaboratrice scolastica e la nutrizionista, la speaker radiofonica e la studentessa, l’attore caratterista e il rappresentante commerciale usano come riferimenti l’amore (che, ci viene ricordato, muove il sole e le altre stelle, per dirla con Dante) e una sorta di sensibilità comune che li metterebbe in contatto con lo spazio. Fa parte del gruppo – più come un franco tiratore, visto che non incontra mai gli altri sette – anche il 45enne Carlo, con una storia tutta personale: lui è un alieno, così come Roma è l’universo e il base computer da cui tutto è iniziato.

ALBE – A Life Beyond Earth: la formica sul tappeto

Nel corso della sua indagine, Fuksas (che si affaccia al film mai con fare invadente, cercando invece di farci capire come lo stupore che attraversa noi spettatori sia lo stesso che ha vissuto lei) interroga anche una manciata di eminenze grigie, personalità che in qualche modo dovrebbero chiarire la situazione. Si comincia da Padre Ardu, il frate che studiava gli Ufo e che raccontava di come i Re Magi non avrebbero seguito una luce ma un E.T. mandato da Dio; e si prosegue con l’astronauta Chris Hadfield, che spiega come guardando la Terra dall’alto si sia sentito estraneo e infinitesimale.

A convincere di più è, tuttavia, l’ingegnere aerospaziale Amalia Ercoli-Finzi, che – parlando con la regista – sottolinea come noi nell’universo non siamo nulla, e come fino a questo momento a differenziarci da altri possibili “esseri” abbiano contribuito l’intelligenza e il sentimento. Siamo come formiche che si muovono sul tappeto, talmente piccoli da non riuscire a vedere e comprendere il quadro generale. E questo nostro limite rende impossibile un’osservazione sensata su ciò che ci circonda.

ALBE – A Life Beyond Earth: passaporto per il cosmo

Tra il serio e il faceto, ALBE arriva ad una sorta di riunione dei sette protagonisti, che alla periferia di Roma si lanciano in un improvvisato skywatching: si aspetta il tramonto e si guardano le stelle, cercando un segnale dai corpi celesti e discutendone supportandosi vicendevolmente. Qua Elisa Fuksas coglie nel segno, chiudendo il cerchio e mostrandoci uno ad uno i ritratti dei sette ricercatori: persone sole e in totale solitudine, a caccia di qualcosa in cui pacificamente credere e di una fede da seguire e condividere. La domanda non è, dunque, se c’è vita extraterrestre su altri pianeti ma se c’è vita terrestre su questo pianeta, oltre noi stessi e oltre l’emarginazione e l’isolamento.

Forse la storia avrebbe meritato uno sviluppo ulteriore, o forse no; perché a conti fatti A Life Beyond Earth offre solo una panoramica che a malapena scalfisce la superficie delle cose, lasciando una vaga sensazione di incompiutezza. Ma sorge in verità anche il dubbio che l’intento di questo piccolo oggetto – perdonate il gioco di parole – alieno sia proprio l’abbozzo della tematica, il respiro lieve di una poetica che tratteggia i caratteri di un’umanità a sua volta imperfetta e frammentata nelle sue convinzioni.

Regia - 3
Sceneggiatura  - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione  - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.9