Intervista a Umberto Spinazzola: da Masterchef a un film sul cibo “la mia autentica passione”
Durante il gLocal La nostra intervista a Umberto Spinazzola, tra l'esperienza a Masterchef e nuovo progetti cinematografici.
Il merito del successo dei programmi di cucina non è solo dei grandi chef o della passione dei partecipanti. Giocano un ruolo fondamentale anche i tecnici che ne fanno parte, riuscendo ad esaltare l’appetibilità e la spettacolarità dei piatti, e soprattutto qualcuno che abbia l’abilità di dirigere tutto. In Italia, possiamo fare affidamento su Umberto Spinazzola, regista specializzato nel settore.
Dal suo debutto infatti, si è sempre dedicato a questa tematica, lavorando in TV per Masterchef, Masterchef Junior, Fuori menù, Italia’s Next Top Model, e in vari spot commerciali e al cinema per Cous Cous (1996), L’ultimo crodino (2009) e Futuri senza futuro (2012).
Ospite del gLocal film festival 2019, dove terrà l’incontro Dietro le cucine di Masterchef. A tavola con Umberto Spinazzola, giovedì 7 marzo alle 20.30, il regista ci racconta la sua passione cinematografica ed enogastronomica.
Umberto Spinazzola: “Con le immagini trasmetto il mio amore per il cibo”
Lei ha saputo destreggiarsi tra la regia cinematografica e televisiva, indirizzandosi verso il mondo culinario. Come ha sentito l’esigenza di intraprendere questo percorso legato al cibo?
“Il cibo è sempre stata una mia autentica passione. È un valore eterno, che non tramonta mai. Sempre diffidare di chi ti dice ‘a me non piace mangiare’…”
Si tratta di un settore piuttosto tecnico e, fino a qualche tempo fa, anche molto di nicchia. Chi le ha insegnato i trucchi del mestiere?
“In pubblicità ho lavorato come aiuto regista con grandi nomi legati al food. Per molti anni. Ho imparato tanti trucchi, tante piccole magie in quel settore che si definisce appetizer. Trasmettere il mio amore per un piatto attraverso le immagini mi riempie di gioia. E se riesco a far venir l’acquolina a chi guarda ho fatto centro”.
Da Masterchef a Cous cous, ormai il suo ruolo di “regista del cibo” è ben definito. Qual è il suo concetto di cucina e alimentazione?
“Adoro la cucina semplice, quella della tradizione. La cucina delle trattorie a conduzione familiare. Mi piacciono i piatti della memoria perché sono sempre lì, non invecchiano mai. L’alta cucina la rispetto, in rigoroso silenzio. Ma personalmente preferisco un carrello di bollito misto alla vecchia maniera. Dritto, sincero, senza fronzoli. Un bollito senza salse creative proiettate in voli pindarici”.
Ha diretto anche spot commerciali con i giudici Cracco, Bastianich, Cannavacciuolo e Barbieri. Che rapporto ha instaurato con loro?
“Dopo tutti questi anni posso dire di aver instaurato con i giudici un rapporto bellissimo. Piano piano ho imparato a conoscerli bene. Sono dei veri talenti, ognuno col suo carattere e con la sua visione. Ma quando a fine giornata siamo tranquilli e sfiniti e finalmente mangiamo, ridiamo sempre. E questa è la cosa più importante, continuare a ridere e a non prendersi mai troppo sul serio”.
Cosa ci dice invece di Masterchef Junior? Com’è stato lavorare con dei piccoli cuochi?
“È stato incredibile. Che paese meraviglioso l’Italia. Quanti piccoletti che hanno già una grande passione per la cucina. Che conoscono le tecniche. Un’esperienza meravigliosa. Ma la cosa che in Masterchef Junior mi ha colpito di più è che quasi sempre dietro ad un piccolo cuoco c’è una nonna. Sono le nonne che tante volte trasmettono questa passione e questo rispetto per il cibo. Sono un pilastro di questo pianeta food che andrebbe approfondito”.
Ha anche diretto il format Italia’s next top model, cosa l’ha spinta al cambiamento?
“Stavo facendo Italia’s e mi hanno proposto questo format. Mi sono buttato a capofitto, non mi sembrava vero. Ed è grazie a Sky che ho sempre potuto lavorare con la mia visione, col mio stile. Un programma capitato davvero nel momento giusto del mio percorso”.
È un bravo cuoco? Qual è il suo piatto preferito?
“Ai fornelli me la cavo bene. Almeno è quello che dicono di me. Ho sempre cucinato. Versarmi un vinello e mettermi a cucinare mi fa stare bene. È la mia seduta di psicanalisi preferita. Non ho un piatto preferito. Amo la cucina in maniera profonda, viscerale. E per fortuna mi piace tutto, ma proprio tutto”.
E il film legato a questa tematica?
“Anche se folle continuo ad amare La grande abbuffata. Ha una struttura incredibile. Non invecchia mai. Adoro anche Chef’s table, una serie di rara eleganza che ha fatto conoscere al mondo la meravigliosa follia dei grandi Chef e l’importanza delle materie prime”.
Adesso cosa bolle in pentola? Ha in mente qualche nuovo progetto?
“In pentola bolle un film. Prodotto da La Sarraz Pictures di Torino. Naturalmente un film sul cibo. Ma questa volta senza spettacolarizzazioni. Un film che racconta alcuni aspetti del cibo molto semplici, molto basic, dei quali si parla a mio avviso ancora troppo poco. Ma resterà comunque un film che ti farà venire voglia di mangiare bene e di stare in compagnia”.