Poltergeist (1982): recensione
Mammina! C’è qualcuno qui!
Poltergeist, successo di botteghino mondiale ha guadagnato $76,606,280 negli Stati Uniti, diventando l’ottava distribuzione di sempre e il film horror dal più elevato guadagno del 1982. L’ispirazione per il film viene direttamente dal regista Tobe Hooper, che sostiene di aver avuto esperienze con dei poltergeist quando era giovane. Durante la sua adolescenza, Hooper perse il padre, e dopo la sua morte aveva la sensazione di sentire “porte che si spalancavano, piatti che volavano per la casa, ed altri bizzarri avvenimenti”. Il regista commentò che questi fatti sono stati la sua ispirazione per il film. Oltre ad essere una pellicola conosciuta per “La maledizione di Poltergeist” (diversi membri del cast morirono in circostanze inquietanti), il film è un vero e proprio cult intramontabile per gli amanti del genere.
Nella tranquilla cittadina californiana di Cuesta Verde vivono i Freelings, una famiglia composta da Steve e Diane, con i loro tre figli, Dana, Robbie e la piccola Carol Anne. La loro quieta esistenza viene turbata una notte, quando Carol Anne viene sorpresa a parlare, da sola, rivolta allo schermo del televisore, e poco dopo annuncia ai genitori: “Sono arrivati!”.Da quel momento fenomeni di natura soprannaturale iniziano a manifestarsi nella loro casa…
La regia di Tobe Hooper per Poltergeist è totalmente diversa dai precedenti lavori, (Non aprite quella porta, Le notti di Salem in primis) creando uno stile più fumettoso, dinamico ma comunque inquietante (stile che riutilizzerà nel 1986, stravolgendo le fondamenta di Non aprite quella porta – parte 2). L’utilizzo della macchina da presa all’interno della pellicola è paragonabile alla soggettiva di un personaggio, una presenza muta, se vogliamo rimanere in tema “paranormale”, che segue le vicende della famiglia Freelings, dal tranquillo inizio fino allo sconvolgente e frenetico finale del film.
Altro merito, in unione allo stile registico, va attribuito alla fotografia di Matthew F. Leonetti, che utilizza escamotage di luci e ombre per sottolineare i poltergeist all’interno del film. Uso massiccio viene fatto dei toni freddi e del blu, colore primario che nell’immaginario collettivo viene attribuito appunto ai fantasmi, rendendo così la pellicola ugualmente luminosa (per un horror è molto raro) ma comunque d’effetto.
La sceneggiatura di Steven Spielberg (qui anche produttore insieme a quel Frank Marshall di Hook e i Goonies), Michael Grais e Mark Victor porta l’orrore ad un livello superiore : le scene inquietanti all’interno della pellicola sono presenti e di sicuro all’epoca hanno spaventato più di uno spettatore (alcune funzionano e inquietano ancora adesso), ma l’introduzione di tematiche horror adatte ad ogni tipo di spettatore portano Poltergeist ad essere il primo horror per famiglie, se così si può definire.
La recitazione degli attori è molto buona, anche se il perno di tutta la vicenda è la piccola Carol Anne (interpretata dalla prematuramente scomparsa Heather O’Rourke) che riesce con la sua presenza fisica (e non) a portare lo spettatore nell’altra dimensione e a farne ritorno.
Gli effetti speciali della ILM (Industrial Light and Magic) erano all’avanguardia al tempo e funzionano anche adesso, rendendo credibile l’incredibile anche a distanza di anni (non come successo con il remake, un po’ troppo zeppo di effetti speciali).
Menzione speciale (se così si può definire) va fatta alle musiche di Jerry Goldsmith e al montaggio di Michael Kahn e Steven Spielberg (anche se non accreditato, ma lo stile si vede), che rendono dinamico e inquietante un piccolo gioiellino d’avanguardia del cinema degli anni ’80.
Poltergeist, anche se può risultare un film ormai datato, intrattiene e stupisce ancora oggi a distanza di anni. Una pellicola cult da vedere e rivedere adatta (anche se con le dovute precauzioni) a tutta la famiglia.