A Quiet Place e The Silence a confronto
È uscito sulla piattaforma streaming Netflix The Silence, nuovo survival horror dagli autori di Annabelle. Abbiamo scovato per voi delle somiglianze con una pellicola più recente: A Quiet Place, di John Krasinski.
A un anno di distanza l’uno dall’altro sono usciti, uno in sala l’altro su Netflix, due film di genere horror molto simili tra loro, di cui proveremo a individuare i punti in comune: A Quiet Place – Un Posto Tranquillo e The Silence. Mentre il secondo è attualmente disponibile sul servizio streaming, il primo – scritto, diretto, interpretato e prodotto da John Krasinski – ha raggiunto un discreto successo al botteghino l’anno scorso.
Storie incentrate sulla lotta per la sopravvivenza, ambientate in territori ostili, con protagoniste famiglie in bilico fra vita e morte. Vi sono degli aspetti chiave di cui godono entrambe le produzioni, facciamo luce su queste soluzioni narrative e visive.
A Quiet Place e The Silence: le affinità tra l’horror di John Krasinski e il film Netflix
Mantenere un rigoroso silenzio
Lo spunto di base del film originale Netflix si poggia su una condizione estrema da vivere assieme ai protagonisti: il silenzio deve dominare per tutta la durata. In The Silence ogni gesto, anche il più impercettibile, potrebbe risultare fatale. Antagonisti feroci e scaltri si muovono infatti in uno scenario tetro, il rumore li attira!
Un’idea che sembra riciclata direttamente da A Quiet Place – Un posto tranquillo, il film rivelazione del 2018 con protagonisti John Krasinski e sua moglie (anche nella vita privata) Emily Blunt. La sceneggiatura di regola deve rimanere scevra da ogni orpello e digressione e concentrarsi sul fattore sopravvivenza. La narrativa di conseguenza acquista ritmo e tensione da costruire col passare dei minuti, senza offrirci spiegazioni dettagliate sulla causa e le origini della disastrosa pandemia che ha messo sotto scacco intere città statunitensi. Un punto a favore per entrambe le pellicole, che sono in grado di potenziare le già distinte performance di attori navigati e con una carriera di tutto rispetto alle spalle (basti pensare ai due protagonisti Stanley Tucci e allo stesso Krasinski in A Quiet Place).
A Quiet Place – Un posto tranquillo e la sintonia tra John Krasinski ed Emily Blunt
A Quiet Place e The Silence: nessuna spiegazione sulle origini della minaccia
Non ci è dato sapere il background delle creature che dominano la scena nei due film. Il mistero aleggia attorno a queste figure demoniache e non serve investigare su cosa li ha spinti ad agire in maniera così violenta, tormentando le vite di famiglie in fuga. Esseri dal design peculiare, dall’udito affinato e ultra-sviluppato, non si curano delle persone che sperimentano il terrore vero sulla loro pelle. Il potenziamento che possiedono, che si avvicina come aspetto visivo a delle vere e proprie branchie, diventa anche il loro punto debole. Bisogna colpire all’udito, per stordirli definitivamente e metterli fuori gioco. Viene riposta una cura maniacale nella presentazione di una minaccia costante, pronta a favorire un grado di tensione crescente, che si fa più fitta verso l’atto conclusivo di entrambe le pellicole. Mancano di una motivazione, e di uno scopo che li possa distinguere: questo li rende ancora più accattivanti, visto che non vi sarà spazio per approfondirli ed esaminarli a fondo. Si comportano come animali in cattività, e pensano solo a cibarsi di corpi impauriti e morenti. Gli umani sono il loro banchetto più prelibato.
La differenza sta sostanzialmente nella razza: le creature di A Quiet Place appartengono ad una razza aliena, provengono da un altro pianeta, come confermato dal regista Krasinski. In The Silence invece ci imbattiamo in pipistrelli che hanno subito una metamorfosi particolare, incentrata sui miglioramenti di determinati sensi, rimanendo però rinchiusi in cave sigillate sui monti Appalachi, nel nord America.
Focus sulla famiglia: sopravvivere è la chiave
Si puntano i riflettori su una famiglia protagonista: una figura materna, una paterna e due figli al seguito. Una formula rodata ma vincente, per garantire un’immedesimazione in tempo zero. The Silence e A Quiet Place si affidano a nomi molto importanti sul fronte recitativo, con Stanley Tucci e John Krasinski al timone dei progetti, seguiti rispettivamente da Miranda Otto ed Emily Blunt. Rappresentano la pura razionalità: come si può agire indisturbati per la salvaguardia della propria famiglia? In che modo mantenere il silenzio costante per non farsi individuare dalle spietate creature che popolano le foreste? Una sola location, una sola missione. I film si occupano di generare una suspence che cresce sottopelle, con membri di un nucleo familiare solido alle prese con difficoltà dalle più marginali a quelle decisive, rischiando la propria vita senza intervenire con linee di dialogo stucchevoli.
L’importanza del sacrificio è messa in primo piano: entrambe le famiglie valutano la situazione, il come adattarsi al pericolo, come affrontarlo e a cosa si può rinunciare per proseguire verso un rinnovato concetto di speranza. Un elemento che spicca all’interno di storie minimali e apparentemente superficiali, un tema che guadagna una posizione di rilievo e giova all’economia del racconto.
Mutismo e linguaggio dei segni
Sia in The Silence che nel film di Krasinski possiamo trovare due membri delle famiglie protagoniste portatrici di un handicap da sviluppare accuratamente e rifinire in corso d’opera. I personaggi di Ally (Kiernan Shipka in The Silence) e Regan (Millicent Simmonds, A Quiet Place) sono entrambe sorde. L’impianto registico e soprattutto la componente sonora si regolano, adottando pienamente la loro prospettiva. Hanno una visione periferica limitata, ma avvertono la presenza ostile prima ancora di scovarla con i propri occhi. Per comunicare con i loro genitori, le ragazze utilizzano il linguaggio dei segni, uno strumento vincente in grado di prevalere sul nemico. Un mezzo efficace che può anche non servirsi di una sceneggiatura articolata, bastano le espressioni e le soluzioni da impiegare nei momenti più concitati del film. Le pellicole ci guadagnano in pathos, in immagini fortemente evocative da mettere in scena, senza la ricerca di un effetto spettacolare da inserire ad ogni costo.
Concentrandoci su Regan Abbott di A Quiet Place, a differenza della co-protagonista di The Silence possiede un impianto cocleare: trattasi di un orecchio artificiale elettronico in grado di ripristinare parzialmente la percezione uditiva, una sorta di orecchio bionico. La parte esterna dell’impianto è costituita da un microfono-ricevitore che trasforma i suoni in segnali elettrici e li invia ad un processore del linguaggio. Regan si servirà di questa specifica caratteristica per abbattere con forza l’apparato uditivo dei mostri che la perseguitano.
A Quiet Place, The Silence e il gioco del vedo e non vedo
Il terrore lo si riesce a trasmettere anche optando per una soluzione visiva semplice ma impattante: chiamasi il gioco del vedo/non vedo. Il regista decide di non mostrarci sequenze esplicite, con una violenza che rischierebbe di prendere il sopravvento, depotenziando il fattore mistero e il grado di tensione sviluppato con la dovuta cautela. In questo modo ci si focalizza sulle perfomance attoriali e sulle reazioni umane. Cosa provoca in loro la visione di un atto barbarico? Cosa li spinge a rafforzare il loro spirito di adattamento e di sopravvivenza? Una domanda da porre in evidenza per migliorare l’assetto narrativo e fornirci di spunti intriganti per regolare le svolte e i cambi di rotta nei due survival movie. John Krasinski in A Quiet Place e John R. Leonetti in The Silence sanno come infondere un genuino timore nei confronti di una presenza raccapricciante che non lascia vie di scampo quando è in azione.
La cinepresa prende le distanze dalla componente splatter e dallo spettacolo grandguignolesco, vuole dedicarsi alle dinamiche familiari e al loro sviluppo all’interno della lotta da condurre per la salvezza. Eventi inaspettati, morti improvvise, uccisioni da effettuare contro la nostra volontà: il rischio di perdere il controllo delle proprie capacità cognitive è dietro l’angolo. Si pone l’accento sulla stabilità emotiva e sui sentimenti contrastanti che albergano in sopravvissuti senza dimora fissa, che non abitano più in un mondo civilizzato e governato dall’industrializzazione e dalla globalizzazione. Si ritorna ad uno stato primitivo di coscienza, con le sole etichette preda e cacciatore a regolare l’andamento delle giornate.
A Quiet Place e The Silence a confronto: quale abbiamo preferito?
Ci si districa in molte caratteristiche simili fra loro, ma per visione d’insieme, recitazione estremamente misurata, effetti visivi e regia avvolgente, A Quiet Place prevale sul film Netflix. L’originalità di certo non manca, e le temibili creature lasciano il segno in entrambe le pellicole, Krasinski però opta per un approccio viscerale e definisce già nei primi istanti un campo di battaglia impietoso e desolato. È la personalità che viene a mancare in The Silence: si stabilisce di più sui territori della serialità, con un linguaggio immediato e una conduzione di trama che richiama una puntata pilota da far evolvere con svolte accennate e mai approfondite del tutto. Il finale, al contrario di una ben delineata quadratura del cerchio in A Quiet Place, è molto vago e non aiuta alla comprensione di una trama che si svolge in un lasso di tempo risicato.
Krasinski è già al lavoro su un sequel della sua fortunata creazione, ciò significa che il pubblico ha scovato assieme ai produttori una promettente gallina dalle uova d’oro.