Avengers: Endgame – la spiegazione del finale
Addii, ritorni, punti interrogativi e lacrime: Avengers: Endgame con il suo finale offre davvero di tutto, come una delle battaglie più epiche del cinema. ALLERTA SPOILER!
Che sarebbe stato epico lo sapevamo, ma neanche Thanos sarebbe stato in grado di quantificare la dose di eroicità e magniloquenza che Avengers: Endgame fa esplodere sul proprio finale. Su tre ore di film, che in sé contengono diverse linee narrative e registri tonali ben distinti tra loro dando l’impressione costante di assistere quasi a tre pellicole ben differenti, i fratelli Russo hanno saputo regalare una chiusura ai personaggi e ai fan che custodisce il cuore e il significato del gruppo di supereroi. Un’opera che strazia il profondo fin proprio dal principio, con l’impossibilità di riportare indietro i propri cari dopo Avengers: Infinity War e il peso di questa vulnerabilità, che si ripropone circolarmente con il concludersi del medesimo destino. Perché non si può nulla di fronte all’inevitabilità e, a volte, ciò comporta dover dire addio a coloro che ami.
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Partiamo dalla battaglia finale. Sulla scia di una mitologia che la Marvel porta avanti da anni, Avengers: Endgame offre la propria guerra più memorabile, raggiungendo le vette toccate da Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re. È proprio l’opera tolkieniana che si avvicina all’ideale di uno scontro che si rivela, come quello di Peter Jackson, impareggiabile, mastodontico nelle dimensioni, e con una portata umana posta a sacrificio di una causa per cui vale la pena combattere, ma soprattutto vale la pena di farlo l’uno accanto all’altro. Dal Wakanda, dallo spazio, da Asgard, da qualsiasi angolo gli Avengers abbiano fatto tuonare il proprio eco, si riversano fiumi di corpi e armi alla carica per salvaguardare non solo la Terra, ma ogni singolo pianeta.
Avengers: Endgame – recensione del film Marvel
Colui che ha cominciato, colui che ha finito: “Io sono Iron Man”
E, al centro di questa guerra, c’è un Thanos ineluttabile, con un piano nuovo, ancora più devastante: distruggere non soltanto metà universo come in precedenza, ma ridurre tutto alla polvere per fare in modo che il futuro e i suoi abitanti sappiano essere ben più riconoscenti. Uno stratega che sa apprendere dai propri errori, che li valuta, ne pesa le conseguenze, e diventa letale pur di veder compiuto il proprio scopo. Scopo che ha una sola occasione di essere arrestato, una sui quattordici milioni di futuri possibili esaminati da Doctor Strange. Iron Man lo sa bene che di opportunità ce n’è una sola e così diventa l’elemento fondamentale per la sconfitta di Thanos. E proprio come è stato, per l’universo cinematografico Marvel, il pilastro per dare vita a una mitologia lunga undici anni, così Iron Man diventa il pilastro della fine.
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Agguantando le gemme dell’infinito e schioccando le dita per far svanire Thanos e il suo esercito, Tony Stark sacrifica la propria vita in quella che è l’unica maniera possibile per fermare la follia del nemico. Da “genio, miliardario, playboy filantropo”, Stark diventa eroe, altruista, umano, impavido, preferendo morire piuttosto che impedire alla sua famiglia, quella composta da Pepper e la figlia e quella dei suoi colleghi supereroi, di poter ancora respirare sulla Terra. E non poteva essere che Iron Man a concludere il percorso da lui iniziato. In quel 2008, con il primo film della casa delle idee, l’apripista per un poema cinematografico che, dopo più di un decennio, pone il suo primo punto definitivo. “Ora puoi riposare” gli dice Pepper Pots, perché la morte di Tony Stark, di Iron Man, è quella di colui senza il quale Avengers: Endgame non sarebbe mai potuto esistere e che con la sua dipartita, nel capitolo più straordinario dell’intera saga, si aggiudica il posto centrale nel firmamento della filmografia Marvel.
Avengers: Endgame – Captain America e quell’amore lungo più di settant’anni
E chi se non Captain America poteva seguirlo. Non nella morte, piuttosto nella vita. Quella che il congelamento gli aveva privato, che lo aveva catapultato settant’anni dopo l’incontro con il suo grande amore. Ed è lì che Steve Rogers torna, dalla sua Peggy Carter, in quegli anni a metà dei Quaranta in cui un futuro per loro è ancora possibile. E lo fa spezzandoci doppiamente il cuore, agendo nella maniera più inaspettata: compiendo la propria missione per riposizionare le gemme dell’infinito, ma deviando dal proprio ritorno nel presente, per crearsene un altro, migliore, che lo vede invecchiato su di una panchina, felice della seconda possibilità che gli è stata concessa. Tutto per seguire un consiglio, quello di un amico come Tony Stark.
Iron Man e Captain America, entrambi con il loro carico di influenza e finalmente privi dei rimorsi che hanno guidato Avengers: Civil War – e che tanto si avvertono nella prima parte di Endgame. Sono loro a dire addio a una storia che non sarebbe mai stata la stessa senza di loro e che raggiunge nel film dei fratelli Russo la degna conclusione. Non tralasciando ciò che questo significherà per il futuro (e la Fase Quattro della Marvel): la perdita per Peter Parker del suo mentore, che probabilmente si rifletterà in Spider-Man: Far From Home (che chiude definitivamente la Fase Tre) e il proseguo di Falcon, interpretato da Anthony Mackie, che si vede consegnare lo scudo in vibranio con il simbolo di Captain America da Steve Rogers, un autentico passaggio per un futuro capitano.
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Anche a Vedova Nera bisogna dire addio, pur sollevando questo non poco scompiglio sul progetto stand-alone che la vede protagonista. Che si torni indietro nel tempo per un prequel? Che finalmente venga alla luce cosa ha combinato quella volta a Budapest con Occhio di Falco? O che, nella sola possibilità per salvare l’universo, ci sia stato modo per Natasha di tornare a vivere? Quesito che porteremo avanti fino a che non verranno definiti i dettagli sul film da solista di Scarlett Johansson e che potrebbero collegarsi anche alla morte di Gamora in Avengers: Infinity War. Entrambe, infatti, sono vittime dello scambio di un’anima per un’altra anima, l’acquisto di una gemma che ha richiesto la perdita di una vita per poter entrare in possesso dei suoi poteri. E, seppur schioccando le dita metà della popolazione e della fauna terrena e ultragalattica è tornata ad occupare il proprio posto, l’uccisione di Gamora per mano di Thanos avviene precedentemente all’attuazione del piano del villain, tanto da rendere improbabile il ritorno del personaggio.
Eppure Peter Quill, lo Star-Lord di Chris Pratt, alla fine di Avengers: Endgame sta cercando di captare qualche segnale che possa ricondurlo alla propria Gamora. È pur vero che, nello scontro con Thanos, l’eroina si è schierata dalla parte dei Vendicatori e questo potrebbe averle concesso l’opportunità di rimanere sul pianeta, invece che essere spazzata via come l’esercito di suo padre. Che si tratti della Gamora del passato portata nel presente da Thanos o di colei di cui è stata scambiata la vita per la gemma dell’infinito, l’obiettivo di Star Lord è ben chiaro e potrebbe segnare il tema principale di Guardiani della Galassia 3, con James Gunn di ritorno alla regia del film.
Il finale di Avengers: Endgame – la nascita e il primo trauma della mitologia del ventunesimo secolo
Sequel che potrebbe rivelarsi interessante per un ulteriore passaggio del finale di Endgame: la proclamazione di Valchiria come sovrana del regno di Asgard e la ricerca di Thor di essere finalmente non ciò che deve, ma ciò che sente di essere. Il vendicatore si unisce così al gruppo galattico, rinnovando la rivalità con Peter Quill e promettendo, almeno al primo sguardo, un possibile film corale che potrebbe fondersi in un’unione tra Thor: Ragnarok e i due precedenti prodotti sui guardiani. Che Thor possa rincontrarsi con il fratello Loki? Anche qui ci troviamo di fronte ad un quesito che non trova né conferme né negazioni, visto che nel viaggio del tempo degli Avengers per recuperare il Tesseract il dio dell’inganno è riuscito ad agguantarlo e, con quello, svanire. Che sia soltanto un’azione fine a se stessa o un evento scatenante per prossime idee non è ancora dato saperlo, ma rimane certo quanto detto per Vedova Nera, ossia che anche il personaggio di Loki avrà un progetto tutto suo, con Disney+ che gli dedicherà una serie e la proporrà sulla sua personale piattaforma streaming.
Con Avengers: Endgame undici anni di cinematografia Marvel trovano la loro risoluzione in un film che, all’ennesima potenza, ricorda chi sono stati i veri eroi che hanno accompagnato le nostre vite da spettatori. Che, anche nel ventunesimo secolo, hanno reso attuabile una nostra mitologia. Un addio a Iron Man e Captain America che fa piangere, ma riempie di emozione gli appassionati, che non avrebbero potuto chiedere per i loro supereroi un finale più ragguardevole. Un film per chiudere, un film per aprire nuove strade, con personaggi, tra neofiti e non, che avranno modo di svilupparsi dopo il trauma di Endgame e un universo che, senza i primi vendicatori, non potrà mai più essere lo stesso.