L’intrusa: il significato del film di Leonardo Di Costanzo
L'Intrusa racconta la criminalità, il male, da una prospettiva diversa, da una piccola parentesi di salvezza dove i più piccoli vengono accolti e protetti da un mondo spietato e crudele.
Giovanna (Raffaella Giordano) ha creato, a Napoli, il centro “la Masseria” dove i bambini, che vivono in una situazione di disagio, possono giocare e liberare la loro creatività, lontani dal degrado e dalla malavita. In quel luogo arriva, chiedendo ospitalità, con i suoi due figli, Maria (Valentina Vannino), la giovane moglie di un assassino, arrestato per un efferato omicidio. La donna, assieme a sua figlia, per le madri dei bambini che frequentano il centro sono il male, un corpo estraneo in un’isola felice da rigettare. Giovanna, mentre tutta la comunità si dimostra contraria alla presenza dell’intrusa, si trova di fronte ad un bivio: accogliere o allontanare? Questa è la storia di L’intrusa, il film di Leonardo Di Costanzo, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2017, che racconta la criminalità, il male da una prospettiva diversa, da una piccola parentesi di salvezza dove i più piccoli vengono accolti e protetti da un mondo spietato e crudele.
L’intrusa: Leonardo Di Costanzo costruisce il film su due direttrici
Fuori di qui, per lei, c’è solo un mondo da cui sta cercando di scappare
Così Giovanna parla di Maria, cerca di convincere gli altri che l’accoglienza è la prima arma per non irrigidirsi e soccombere. Proprio su questa linea cammina L’intrusa; e si costruisce su due direttrici: inclusione ed esclusione, al di qua e al di là, paura di accogliere e, ancora di più, respingere ma anche quella di essere lasciati fuori. Ciò che sta dietro al film di Di Costanzo è un luogo fuori di/da tutto e anche dagli “altri”: Di Costanzo crea un universo che sembra lontano dalla “città”, ma è fatto proprio di tutte le regole, implicazioni culturali e sociali che fanno parte di essa e la fondano. Il mondo fuori esiste, da esso provengono gli individui, i criminali, i bambini, la polizia, che si portano dentro a quelle “mura” il peso delle cose “mondane”; sì, perché è come se quello creato da Giovanna fosse una sorta di luogo ultraterreno, distante dal corruttibile e dal materiale. I bambini passano i loro pomeriggi a creare con la cartapesta, a giocare con i colori, a costruire forme gigantesche con biciclette usate come nei libri di un tempo; è una piccola stanza dei giochi in cui Giovanna vorrebbe che la figlia del criminale stringesse amicizia con quella della vittima.
L’arrivo di Maria turba il centro e fa riemergere paure antiche e ancora presenti nelle nostre società – il timore per chi è diverso, il desiderio di proteggere ciò che si ritiene proprio, l’aggressività di chi si sente proprietario di qualcosa, la forza di un gruppo di madri che vogliono proteggere, ma nella maniera sbagliata, i loro figli – e Giovanna si trova in mezzo a tutto ciò, e come una moderna Antigone si ribella alle “leggi sociali” in favore di quelle umane. Alla donna non importa chi sia Maria, cosa abbia fatto il marito, ciò che è importante è Rita, la figlia del criminale che non ha colpa. Lei è come tutti gli altri bambini che abitano in quel minimale e marginale spazio di serenità, merita lo stesso trattamento e deve sentirsi accettata nello stesso modo in cui si sentono accettati i ragazzini con cui lei gioca. Se in un primo momento i bambini alla guisa di animali feriti e braccati attaccano colei che è etichettata come diversa – anche spinti da ciò che hanno imparato dai genitori-, poi, dopo essersi annusati, scrutati, si capiscono e giocano insieme, la stessa cosa non accade tra le madri che fanno ricadere su Rita le colpe dei suoi genitori.
L’intrusa: il film di Leonardo Di Costanzo racconta di un gruppo di intrusi
L’intrusa del titolo è Maria, un’ospite inattesa, moglie accanto al marito anche nella “guerra”, ma intrusi sono tutti gli altri, “migranti” in terre altrui: lo è Giovanna – fin dalla lingua, l’inflessione tradisce un’altra provenienza geografica; lei infatti non capisce e non si fa capire in una presa di posizione inaccettabile per gli abitanti di una terra complicata e ferita -, rigida ma profondamente buona e onesta, lo è la comunità, spaventata e spaventosa, che non accetta la presenza di Maria, lo è Rita, figlia dell’intrusa, che si dibatte come una bestia in cattività, cibandosi e essendosi cibata di quel mix letale di odio, rancore, rabbia e violenza, in bilico tra un mondo e un altro, lo è la bambina muta che ha visto con i suoi occhi picchiare il padre e che si esclude proprio in questo suo disperato mutismo. Di Costanzo costruisce un mondo in cui vige la sospensione del tempo e dello spazio – esiste, c’è ma è incredibilmente e paradossalmente quasi “inconsistente” -, in cui c’è lo scontro tra posizioni e idee opposte. Giovanna si scontra con chi non è d’accordo con lei, con le madri che indossano lenti che distorcono la vista, che vogliono buttare al di là di un confine invisibile, dentro cui i loro figli sono protetti, Maria e la sua bambina.
L’intrusa: Leonardo Di Costanzo è cantore di una storia complessa e dolorosa
Leonardo Di Costanzo lascia liberi i suoi personaggi di muoversi in uno spazio escluso dal resto, e il suo film si fonda su silenzi e su parole, su movimenti e su occhiate; è la narrazione malinconica e dolorosa dell’incaglio. Si incunea tra le braccia aperte di Giovanna, punto da cui partono sguardi e discorsi, pronta ad ospitare perché c’è bisogno di qualcuno che rompa quel cerchio di violenza e degrado, in modo da cancellare il comportamento ostile di chi non apre le porte. Il regista si fa cantore con naturalezza asciutta e dolorosa di una dinamica che chi vive una situazione così complicata conosce, e per questo mette in scena le ragioni di tutti, si concentra sullo scontro e sul confronto tra Giovanna e chi non la pensa come lei. Tutto ciò si esemplifica nelle camminate: quella pietosa di Giovanna che cerca di far cambiare idea e quella delle madri, “aspre”, inospitali che come delle guerriere ringhiano per salvare i loro bambini. L’intrusa solleva, con sensibilità e rispetto, interrogativi che, volente o nolente, il mondo di oggi conosce bene e declinati in modi differenti e il film non scioglie i nodi, non dà risposte, lascia allo spettatore la possibilità di fare le proprie considerazioni. Il film è una storia che disarma anche, e forse soprattutto, per la delicata forza con cui, silenziosamente, espone le “sue ragioni”, conquista per la caparbietà di Giovanna che si fa strada con pietosa tenacia in un minuscolo pezzo di terra dove per poco tutto è sembrato possibile.