Identità violate: recensione del film con Angelina Jolie
Identità violate è un'occasione sprecata di portare in scena un thriller avvincente dagli spunti interessanti.
Angelina Jolie ed Ethan Hawke sono i protagonisti di Identità violate, un thriller tratto dal romanzo di Michael Pye dal titolo Ladro di vite. L’attrice è l’agente speciale dell’F.B.I. Illeana Scott, una donna forte e affascinante, dotata di una straordinaria quanto insolita capacità: riesce a risolvere i casi grazie a una spiccata empatia con le vittime. Quando viene contattata dalla polizia di Montréal, l’agente Scott si trova di fronte a un’indagine complessa: un serial killer che uccide per impossessarsi delle identità delle sue vittime. Per risolvere il caso, la donna dovrà superare molti ostacoli, sia per l’ostilità dei colleghi canadesi, sia per la forte attrazione che nutre per il misterioso James Costa, chiamato a testimoniare per l’omicidio.
Identità violate: Angelina Jolie, l’eroina-Barbie poco credibile
All’epoca reduce da Lara Croft, Angelina Jolie era nel 2004 all’apice del successo come eroina d’azione; basti pensare che da lì a poco sarebbe stata la protagonista dello scoppiettante Mr. & Mrs. Smith, dove la chimica tra lei e Brad Pitt era papabile fin dalla primissima scena. Al contrario, Identità violate non fa che oscurare l’astro Angelina, qui ridotta a un’eroina fascinosa (con qualche scena di nudo gratuito), troppo statica per risultare credibile.
Eppure la sua Ileana Scott avrebbe molto da dire. Oggi, in un’epoca in cui le donne iniziano a prender coscienza del loro empowerment, un film del genere farebbe storcere il naso a qualcuno. L’agente speciale interpretato dalla Jolie viene presentato come una donna forte, un personaggio enigmatico e sicuro di sé. Come Will Graham, il profiler della serie Hannibal, anche Ileana possiede una spiccata empatia che le permette di calarsi nei panni delle vittime e riuscire così a risolvere i loro omicidi. Nella prima scena la troviamo all’interno di una tomba, intenta a toccare con mano il terreno; una sequenza semi-onirica che provoca un certo effetto.
Certamente una donna del suo calibro non è ben vista dai colleghi uomini, ma Identità violate non si preoccupa di sviluppare argomenti del genere. Mano a mano che la storia prosegue, con l’entrata in scena del misterioso James (un Ethan Hawke nella parte, unica nota positiva della pellicola), Ileana, però, si trasforma in una donna-burattino, una Barbie incapace di muoversi, costretta a subire il fascino del male, che si sveglia solo nel confronto finale.
Identità violate: un film che è un dejà vu continuo
L’adattamento cinematografico diretto da D. J. Caruso parte con tutte le buone intenzioni perché forte di una trama interessante. Il caso di un serial killer che ruba le identità delle sue vittime è sì un tema già affrontato sullo schermo, ma a rendere affascinante la storia è proprio il personaggio di Angelina Jolie, sminuito nella seconda parte del film.
Tuttavia, i minuti scorrono veloci e si ha la sensazione di assistere a un dejà vu continuo; il finale del film è chiacchierato fin dall’inizio, e nella prima parte lo spettatore può facilmente intuire l’identità del serial killer. A questo si aggiungono i difetti della pellicola di Caruso: dai soliti inseguimenti in auto, privi di qualsiasi entusiasmo, alla love story prevedibile tra i due protagonisti, arrivando alla mancanza di caratterizzazione dei personaggi. La tiepida regia non aiuta il pubblico a calarsi nei panni di Ileana e James, e finisce inevitabilmente per annoiarsi.
Identità violate è un’occasione sprecata di portare in scena un thriller avvincente dagli spunti interessanti. E per questo si può facilmente dimenticare.