Cannes 2019 – Les plus belles années d’une vie: recensione
Recensione da Cannes 2019 di Les plus belles années d'une vie, conclusione della trilogia di Claude Lelouch iniziata con Un uomo e una donna (1966)
Il regista francese Claude Lelouch è tornato a Cannes con il suo nuovo film Les plus belles années d’une vie, una storia d’amore tra passato e presente che riunisce Jean-Louis Trintigrant e Anouk Aimee che interpretano gli stessi personaggi 53 anni dopo. Infatti questo film è il capitolo conclusivo di una trilogia iniziata nel 1966 con Un uomo e una donna, premio Oscar come miglior film straniero e Palma d’Oro. Il sequel Un uomo e una donna: 20 anni dopo del 1986 non è stato altrettanto fortunato.
Si potrebbe considerare una versione francese della saga romantica di Richard Linklater, Prima dell’Alba e Prima del Tramonto, ma Les plus belles années d’une vie è un esperimento curioso per raccontare la vita e l’amore nel corso degli anni. Un ex pilota di auto si ritira in una casa di cura per anziani e l’ex sceneggiatrice Anne, la sua anima gemella, va a trovarlo dopo essere stata contattata da suo figlio. Jean-Louis ha perso la memoria, ma quando comincia a parlare con la donna della sua vita, molti ricordi riaffiorano e riaccendono sentimenti ed emozioni ancora vivi. L’uomo è sempre più irritabile e confuso mentre si lascia andare alla demenza nella struttura di vita assistita, mentre Anne è ancora in forma e gestisce un piccolo negozio in una pittoresca cittadina della Normandia con i figli ormai cresciuti e i nipoti che le ronzano intorno.
Les plus belles années d’une vie: Claude Lelouch torna a parlare di emozioni e racconta la nostaglia e l’amore
Come abbiamo notato nel film Amour, Trintignant è capace di una straordinaria espressività anche in età avanzata. Mentre altri film contemporanei possono mettere in discussione la validità di relegare la protagonista femminile nella visione idealizzata della sua controparte maschile, Anne sembra ossessionata dai ricordi eterei del suo tempo con Jean-Louis, e accoglie l’opportunità di esplorarla ancora una volta. “Era troppo bello, troppo perfetto” dice, riconoscendo essenzialmente che si trattava di un film. Curiosa infatti l’idea di utilizzare un sequel in qualche modo reale perché continua la storia degli stessi personaggi a distanza di anni e i flashback non sono altro che scene riprese dai film precedenti. Infatti, quando riemergono ricordi condivisi, Lelouch unisce passaggi generosi del film originale a questo, inclusa un’immancabile ripresa della dolce melodia di Francis Lai che caratterizza la colonna sonora.
Anne e Jean-Louis rivisitano la spiaggia di Deauville e la stanza d’albergo dove è iniziata la loro relazione, mentre il pubblico rivede alcuni momenti del film del 1966. La macchina da corsa bianca Ford Mustang di Jean-Louis riappare anche se come un’eco fantasma nella sua mente confusa.
Les plus belles années d’une vie è intimo e ricco di un umorismo agrodolce, ma risulta a tratti fin troppo sdolcinato e molto francese. Il regista esplora i personaggi in età diverse catturando le tenere esibizioni di due stelle del cinema francese che ancora brillano sulla scena e trasmettono una chimica familiare e sincera. Trintigrant si lascia andare a sogni on the road regalando al film sequenze oniriche in cui entrambi i personaggi si immaginano impegnati in azioni criminali mentre attraversano la campagna.
Nostalgia è la parola chiave di questa avventura sul grande schermo che commuove ed emoziona, mancando però di carattere. Lelouch manda i suoi personaggi insieme in un tramonto meraviglioso, lasciandoci con la sensazione che, indipendentemente da quanto tempo sia rimasto, queste creature del cinema non muoiano mai veramente.