Black Mirror – stagione 5: recensione della serie Netflix
Recensione della stagione 5 di Black Mirror, serie distopica di Netflix che, nei suoi nuovi tre episodi, torna a raccontare i pericoli della tecnologia.
Ci risiamo: siamo di nuovo in quel periodo dell’anno nel quale Netflix si sente libero e giustificato nel pubblicare dei nuovi episodi di Black Mirror. Questa volta sono solo 3 (ma hanno alcuni dei minutaggi più lunghi della storia della serie, tanto da diventare senza troppo sforzo dei veri e propri film) e debuttano sulla piattaforma streaming il 5 giugno. E uno di questi è il migliore che lo show distopico di Charlie Brooker sia riuscito a sfornare da parecchio tempo.
Black Mirror – Stagione 5: ecco il trailer ufficiale dei nuovi episodi
Insieme a Black Mirror torna anche quell’eterna discussione lamentosa dei fan della prima ora (che diciamocelo, hanno ragione) i quali sostengono che la serie fosse meglio prima. Nel corso delle varie stagioni la qualità non si è persa: è aumentato il budget, le storie sono sempre interessanti, il cast si è arricchito di volti notissimi. Il problema, la grande colpa (quasi un delitto) è che lo show abbia perso il mordente, il coraggio, il fattore scioccante delle prime due stagioni (quelle dell’era pre-Netflix). E questa perdita è avvenuta, non c’è dubbio; e forse, proprio per questo motivo, non ha alcun senso continuare a discuterne. Black Mirror non è più quello che era: facciamocene una ragione e andiamo oltre giudicandolo per quello che è ora, non per ciò che è stato.
Black Mirror – stagione 5: l’episodio Striking Vipers con Anthony Mackie
Il primo dei tre nuovi episodi si intitola Striking Vipers, inspiegabilmente tradotto in italiano con Colpendo le vipere. Inspiegabilmente perché si tratta sì una traduzione letterale, ma essendo il protagonista un videogame alla Tekken, la traduzione non era davvero necessaria. La storia è quella di due amici di lunga data (Anthony Mackie e Yahya Abdul-Mateen II) appassionati di videogame. Tutto cambia quando uno dei due regala all’altro una versione in realtà virtuale del loro gioco preferito: il picchiaduro Striking Vipers. Attenzione: seguono SPOILER dell’episodio.
Il videogame si gioca con l’utilizzo di un visore molto particolare che ricorda altri episodi della serie, come Ricordi pericolosi (The Entire History of You), e permette di combattere in prima persona assumendo le sembianze del proprio personaggio. Dopo le botte iniziali, però, succede una cosa bizzarra: il corpo a corpo cambia natura e si trasforma in intensi rapporti sessuali. Dopo numerosi confronti e negazioni dei propri sentimenti, i due arrivano a un compromesso, complice anche la moglie di uno di loro: una volta all’anno, saranno liberi di vivere la loro bizzarra storia d’amore virtuale.
L’intero episodio usa la scusa della tecnologia (come ogni altro appuntamento con Black Mirror) per raccontare un problema sociale importante: la difficoltà della comunità afroamericana nell’accettare l’omosessualità. La comunità nera negli USA continua a manifestare grossi problemi di omofobia (problema che era stato affrontato splendidamente da Moonlight, film Premio Oscar nel 2017) e Striking Vipers analizza la fatica di due uomini afroamericani nel mettere in discussione il proprio orientamento sessuale.
L’episodio è in generale abbastanza noioso e ripetitivo. La tensione che vorrebbe trasmettere tra i due uomini protagonisti e la deriva necessariamente sessuale della realtà virtuale (cosa abbastanza prevedibile) faticano nel coinvolgere davvero lo spettatore, portando a un finale telefonato e – in qualche modo – alquanto inutile. Un’occasione non interamente sprecata (la problematica del coming out è gestita molto bene), ma sicuramente non centrata come avrebbe voluto.
Black Mirror – stagione 5: l’episodio Rachel, Jack and Ashley, Too con Miley Cyrus e Hannah Montana
Altrettanto noioso, seppur potenzialmente interessantissimo è il secondo episodio della terzina, intitolato Rachel, Jack and Ashley, Too. La protagonista è Rachel, una ragazzina che si trasferisce in una nuova città con la sorella e il padre, dopo che la madre è morta di malattia pochi mesi prima. Il suo idolo è la pop star Ashley O (interpretata da Miley Cyrus) che, contemporaneamente, vive un’esistenza soffocante e subordinata alle vendite dei dischi e del merchandise. Il nuovo gadget è un robottino che tutte le fan possono comprare e al cui interno è stata inserita una copia della personalità di Ashley (un po’ come in quello splendido speciale natalizio che era White Christmas (Bianco Natale). Attenzione: seguono SPOILER della puntata!
Black Mirror 5: Miley Cyrus parla dell’episodio di cui è protagonista
Ashley è stufa di vivere la vita che sua zia-manager ha pianificato per lei, vuole scrivere nuova musica e vuole essere libera di essere se stessa, togliersi la parrucca lilla e i vestiti in lattice. Ciò, però, metterebbe in pericolo l’enorme impero commerciale costruito attorno a lei e la soluzione è solo una, per il suo establishment: farla cadere in coma e sfruttare le sue onde cerebrali per continuare la sua carriera in maniera fittizia con ologrammi e auto-tune. La salvezza per Ashley arriva solo quando Rachel – grazie alla guida del suo robottino AI – sveglia la popstar dal coma, permettendole di eliminare la zia dall’equazione e diventare una punk rocker.
Rachel, Jack and Ashley, Too è molto prevedibile e poco innovativo, nell’ampio universo di Black Mirror, ma è come se l’episodio non fosse davvero per noi spettatori. Esso, infatti, ha tutta l’aria di essere uno sfogo dell’ex stellina Disney Miley Cyrus e non fa assolutamente nulla per nasconderlo. La puntata è straziante, se guardata dal suo punto di vista e ricordandoci la fatica immensa, e non ancora terminata, che le era stata chiesta per superare l’immagine che il mondo aveva di lei. La popstar si era ribellata cercando di diventare la cosa più diversa da Hannah Montana possibile e ci era riuscita. Il prezzo da pagare? L’umiliazione, la morte della vecchia se stessa, il bisogno di ragionare per eccessi per stupire e cancellare per sempre ogni vecchio ricordo di quella ragazzina esemplare e perfetta nella mente del pubblico.
La chiave di lettura – esplicita e palese – sta in una frase che la zia dice ad Ashley prima di spingerla a esibirsi: “Aspettano di vedere la te che amano”. Come se nessun altra versione della ragazza, più di tutto nemmeno quella reale, sia davvero accettabile.
Rachel, Jack and Ashley, Too non è un grande episodio, nel panorama totale della serie, ma è una buona rappresentazione di quello che, negli ultimi 10 anni, è passato per la testa di Miley Cyrus che oggi è un’artista interessante e matura. La versione allungata e patinata di quando – sul palco del Saturday Night Live – aveva detto: “In molti mi chiedono di Hannah Montana, di come stia, e ho un aggiornamento per voi: è stata assassinata“.
Black Mirror – stagione 5: l’episodio Smithereens, il migliore della serie da molto, molto tempo
Smithereens significa “in frantumi”, tant’è che l’episodio è stato tradotto in italiano con Pezzettini. Il protagonista è Andrew Scott nei panni di un taxista che, una mattina, rapisce un cliente. Lo libererà a una sola condizione: poter parlare con il capo della vittima, il CEO del social network più usato del mondo. Attenzione: seguono SPOILER.
Di quell’uomo non si sa nulla e tutto quello che scopriamo sul suo conto ci viene rivelato a poco a poco dalle autorità che cercano di liberare l’ostaggio. Dopo molti tentativi di patteggiamento, il CEO (interpretato da Topher Grace) accetta di parlare con lui. Scopriamo che l’uomo, anni prima, aveva causato la morte della propria fidanzata in un incidente d’auto perché era distratto dal cellulare. Non esiste una soluzione al suo dolore e il suo ultimo desiderio è parlare con l’uomo responsabile di quel social che crea tanta dipendenza. L’episodio finisce con la presunta morte del rapitore che, prima di essere giustiziato dal cecchino della polizia, ottiene la password che aiuterà una donna conosciuta giorni prima a scoprire le cause del suicidio della figlia.
Non ci sono dubbi che Smithereens sia davvero uno degli esemplari migliori che Black Mirror sia riuscito a presentarci nelle ultime 3 stagioni. Ha un parallelismo ovvissimo con Facebook e Istagram e una componente “tecnologica” meno spiccata di altri episodi, ma la carica drammatica e la costruzione magistrale della tensione e del dolore che proviamo da spettatori inermi davanti a un uomo ridotto in frantumi, tutto questo rende Smithereens un prodotto splendido.
Certo, forse lo specchio nero, quello nel quale fissiamo l’abisso terrificante riempito dai pericoli della tecnologia, è meno preponderante, ma la narrazione raggiunge i livelli d’intensità di The National Anthem (Messaggio al Primo Ministro) che, allo stesso modo, non presentava il rischio di un enorme avanzamento tecnologico, quanto l’attualissima e tristemente contemporanea perdita di umanità. Certo, l’episodio ragiona sulla dipendenza dai social network e su come essi siano prodotti creati a tavolino per sfruttare il potenziale delle endorfine, ma questo non è il punto. Il punto è la debolezza umana, la necessità di tenere gli occhi incollati a uno schermo e il bisogno, a volte, di chiuderli (e chiuderci).
Smithereens è un gioiellino che i fan della prima ora aspettavano da tempo, che non basta a farci dimenticare i tradimenti continui, ma che in qualche modo ci fa tornare ai bei vecchi tempi. Ma ora basta fantasticare, torniamo a guardare con meraviglia video di cagnolini. Tanto, ormai, nell’abisso abbiamo chiesto la residenza.