La mia vita con John F. Donovan: recensione del film di Xavier Dolan
La mia vita con John F. Donovan racconta la storia di Rupert Turner (Tremblay), un undicenne con una passione sfrenata per John F. Donovan (Harington), star del cinema e della televisione, con cui comincia ad intrattenere un'insolita corrispondenza.
Xavier Dolan torna finalmente nelle sale cinematografiche italiane La mia vita con John F. Donovan, presentato lo scorso anno al Toronto Film Festival, dopo un travagliato lavoro di rifinitura in post-produzione, che ha visto anche il clamoroso taglio delle scene che includevano Jessica Chastain.
Alla soglia dei trent’anni, superata ormai l’età per essere definito enfant prodige, il regista canadese decide di avventurarsi nel suo primo film in lingua inglese, affidandosi a un ingente budget di produzione e a un cast di grandi nomi fra cui spiccano Kit Harington, Natalie Portman, Jacob Tremblay, Susan Sarandon e Kathy Bates. Un progetto forse troppo ambizioso per l’idea di base, i cui problemi emergono fin dalle prime scene.
La mia vita con John F. Donovan racconta la storia di Rupert Turner (Tremblay), un undicenne con una passione sfrenata per John F. Donovan (Harington), star del cinema e della televisione, con cui comincia ad intrattenere un’insolita corrispondenza. Spinto da un’idealizzazione che lo porta a trovare molti aspetti in comune nelle rispettive vite, il piccolo Rupert sogna di diventare un attore della stessa caratura di John, nonostante le resistenze della madre (Portman), che da ragazza aveva provato a percorrere senza successo la sua stessa strada.
Ma il sogno è destinato ad infrangersi quando, dopo cinque anni di scambi epistolari, Rupert apprende della morte dell’artista per sospetta overdose – a soli 29 anni – giunta all’apice di una depressione dovuta alla resistenza a rivelare se stesso per quello che era.
Da grande, il ragazzino divenuto un attore e scrittore di successo, decide di raccontare il senso e valore del suo rapporto epistolare con John in un libro, parlandone nel corso di un’intervista con la cinica giornalista Audrey Newhouse.
La mia vita con John F. Donovan: un’opera penalizzata da una scrittura mediocre e confusionaria
Ne La mia vita con John F. Donovan, Xavier Dolan sembra partire dalla convinzione che il parallelismo fra le vicende personali di questo artista e quelle del suo più grande fan sia uno spunto sufficiente a coinvolgere lo spettatore, nonostante la tematica risulti ripetitiva rispetto alcune delle sue precedenti opere e venga presentata in modo a dir poco scarno e privo di approfondimento dei personaggi. Ciò che appare evidente è la difficoltà del protagonista ad accettare i compromessi che il successo gli richiede, in primis nascondere la propria omosessualità, ma anche le proprie fragilità, arrivando a negare sentimenti e azioni, compresa la corrispondenza col piccolo Rupert, fonte di sfogo catartico più che di desiderio di instaurare un reale dialogo.
Rupert, dal canto suo, vive quest’idealizzazione sfrenata (e a tratti inquietante) per il divo, attraverso il cui rapporto platonico compensa carenze d’affetto e ambizioni negate che la sceneggiatura del film non riesce però a rappresentare se non attraverso plateali scene da soap opera, svilendo la nota capacità del regista di far parlare i sentimenti attraverso le immagini e il non detto, che qui si rivela solo non approfondito.
Il risultato è una frustrante fatica ad empatizzare con i protagonisti e i loro travagli interiori, coronata da sbrigative riconciliazioni fra i personaggi in conflitto, che a un tratto si ritrovano folgorati da improvvise consapevolezze su cosa fare per recuperare terreno con se stessi e gli altri. Un pasticcio di sceneggiatura e di conseguenza di montaggio (viene da porsi serie domande sul taglio del personaggio di Jessica Chastain) che svilisce la regia di Dolan, obbligata a muoversi su un materiale troppo disorganico per brillare come al solito, e in cui viene a mancare anche la consueta risonanza emotiva delle musiche, che a tratti appaiono totalmente inappropriate.
La mia vita con John F. Donovan si rivela così un lavoro confuso, in cui Dolan ha riversato senza filtri le sue ansie e dolori personali, cercando di trasformarle in un messaggio universale (l’importanza di essere se stessi a tutti i costi) senza la dovuta attenzione alla messa in scena e alla scrittura, vittima anche di un citazionismo piuttosto raffazzonato (si veda l’esordio del racconto di Rupert adulto alla giornalista, che appare come una parodia del momento in cui la Rose anziana comincia a raccontare la sua storia in Titanic – che sappiamo essere uno dei film preferiti del giovane regista).
Uno scivolone in cui Xavier Dolan ha forse peccato di quella presunzione e acerba autoreferenzialità il cui germe si era già notato in È solo la fine del mondo ma che – chi ha avuto la fortuna di vederlo – gli ha già perdonato grazie al bellissimo e intimo Matthias & Maxime, presentato al Festival di Cannes 2019.
La mia vita con John F. Donovan arriverà nelle sale cinematografiche italiane il 27 giugno 2019, distribuito da Lucky Red.