Pachamama: recensione del film d’animazione Netflix
Il film d'animazione Netflix diretto da Juan Antin è molto più di una semplice fiaba.
Dopo la nomination ai premi Cesar 2019 come Miglior lungometraggio d’animazione, arriva a giugno su Netflix la pellicola Pachamama, distribuita da Netflix stessa, da Haut et Court e da Tarantula Distribution.
Il cartone, diretto da Juan Antin, narra la storia di Tepulpai, giovane inca sulla soglia dell’età adulta. Tutto è pronto nel suo villaggio sperduto tra le Ande: la cerimonia per ringraziare Pachamama, la Madre Terra, sta per iniziare, e con essa si celebrerà anche il rito dell’avvenuta maturità del ragazzo insieme a quella della sua amica Naïra, ormai giovane donna. Ma i due devono prima donare a Pachamama qualcosa che sia per loro molto prezioso: mentre Naïra mostra generosità, Tepulpai delude lo sciamano, che non lo ritiene quindi ancora adatto a passare dalla parte degli adulti. La cerimonia viene però interrotta dall’arrivo dell’esattore delle tasse del Grande Inca, che decide di portare via con sé la Wakana del villaggio, oggetto sacro per tutti i suoi abitanti. Un gesto di inaudita crudeltà. Deciso ad aiutare la sua comunità, Tepulpai si mette sulle tracce della delegazione imperiale prima che faccia ritorno a Cuzco, la capitale. A lui si aggiunge anche Naïra con l’intento di aiutarlo. I due giovani inca dovranno così affrontare un lungo viaggio per portare a termine questa missione, tentando di salvare le tradizioni del loro popolo e scontrandosi, inevitabilmente, con il futuro che avanza.
Pachamama: molto più di una semplice fiaba
Il lungometraggio d’animazione Pachamama è molto più che una fiaba per bambini. Juan Antin dirige un’opera delicata e profonda allo stesso tempo, dove le tematiche importanti in essa contenute sono narrate con freschezza e filtrate attraverso uno sguardo incantato.
Il viaggio di Tepulpai e Naïra reca con sé tutte le sfumature del tipico racconto di formazione: il percorso fisico presentato dalla pellicola, con una meta da raggiungere e una missione da compiere, si unisce all’evoluzione interna dei personaggi, che alla fine del cartone si troveranno cambiati e cresciuti.
Le vicende più direttamente legate ai due protagonisti si intrecciano inoltre con due elementi fondamentali nella storia dell’uomo: la tradizione e il futuro.
Tutto nella vita di Tepulpai e Naïra è strettamente connesso alla tradizione, al folklore, ai rituali tramandati nel loro villaggio di generazione in generazione. I giovani vengono cresciuti con lo sguardo rivolto al passato, educandoli al rispetto di ciò che fu e dei propri avi, a cui si deve tutto quello che si è. E la tradizione, per il popolo di questi giovani inca, affonda le sue radici direttamente nella Madre Terra, la Pachamama da pregare e da proteggere a ogni costo.
Pachamama: il rispetto della natura che si intreccia con la storia
Si inserisce nel film, dunque, anche la tematica ambientalista senza citarla esplicitamente: non c’è storia, e dunque non c’è passato né presente né futuro, se manca l’attenzione e il rispetto per la nostra Terra, prima fonte di vita per tutte le creature. Anche se le cerimonie e le credenze del villaggio appaiono vetuste allo stesso Grande Inca, esse rendono però l’essere umano un tutt’uno con la natura, rendendo questi due elementi fortemente interconnessi. Non per nulla, quando si trova sperduto nei cunicoli sotterranei di Cuzco, è affidandosi alla tradizione del suo popolo che Tepulpai riesce a uscire, mentre l’Osservatore delle Ombre, da anni lì imprigionato e reso cieco dall’oscurità (letterale e metaforica), non tenta neanche più la fuga.
Ma il futuro avanza, ed è un futuro che nel film di Antin ha la lucentezza delle armature dei conquistadores, latori di cambiamento e distruzione. In Pachamama assistiamo all’irruento arrivo dei soldati spagnoli presso la città di Cuzco: la dimensione occidentale di cui sono portatori non può integrarsi con quella del popolo Inca, ma solo annientarla e sostituirsi a essa. Sebbene non sia l’oggetto principale del film, la futura scomparsa di questa cultura precolombiana pesa come un macigno sulla seconda parte della pellicola, incidendo fortemente nella missione di Tepulpai e Naïra. Tutto è cambiato ormai, tornare realmente indietro è impossibile: il ritorno al villaggio dei due giovani protagonisti non ha il sapore di una vittoria completa, ma possiede il retrogusto amaro di una tragedia solo posticipata. Un happy ending che colpisce, quindi, perché se da una parte significa il trionfo del bene e il recupero della tradizione, dall’altra reca in nuce questo oscuro avvenire, sconosciuto ai personaggi del cartone ma noto agli spettatori.
Pachamama: un’opera preziosa dalle lucenti illustrazioni
Il lungometraggio di Juan Antin è un’opera preziosa che merita di essere vista da grandi e piccini: non solo per la lucente bellezza dei disegni che la compongono – illustrazioni oniriche che meriterebbero ognuna una propria cornice – ma per i messaggi di cui si fa portavoce, positivi senza essere illusori, di responsabilità e di rispetto per chi ci ha preceduto e per chi condivide con noi il nostro tempo. La sceneggiatura di Juan Antin, Patricia Valeix, Nathalie Hertzberg e Olivier de Bannes parla il linguaggio dei bambini senza essere infantile: mai banale né scontata, fa intuire quasi da subito la meta del proprio narrare riuscendo comunque a far apprezzare allo spettatore il suo svolgersi.
Un cartone molto diverso da quelli più mainstream presenti nelle nostre sale, ma che, anche per questo, vale la pena di essere visto.