TFF33 – I racconti dell’orso: recensione
In un panorama vasto come quello cinematografico attuale, capita di imbattersi in gioielli visivi ed emozionanti rari, ispirati all’epoca d’oro del cinema che portano in scena innovazione e allo stesso tempo semplicità per raccontare una storia.
Poi, ci sono quelle pellicole che tentano di utilizzare uno stile visivo particolare, una forma di cinema ormai abbandonata, pochi personaggi e tanta atmosfera.
Tentano, appunto, però non ci riescono e ciò che ne traspare è una enorme accozzaglia di situazioni senza senso che sembrano costruite per prendere in giro gli spettatori.
I racconti dell’orso, purtroppo, fa parte di questa seconda categoria, la categoria del volere e non potere, della sperimentazione mal riuscita e della noia.
I racconti dell’orso
In un mondo abbandonato dagli uomini, un monaco meccanico insegue uno strano omino rosso. Dopo aver attraversato boschi, città morte e lande desolate, i due buffi personaggi raggiungono la cima di una collina magica. Il ritrovamento di un vecchio peluche d’orso ormai malandato li farà riconciliare. Uniranno così le forze, nella speranza di poter dare vita al giocattolo inanimato e sfuggire al vuoto che li circonda.
Ciò che di apprezzabile esce fuori da I racconti dell’orso è la voglia di fare cinema dei due giovani registi Samuele Sestrieri e Olmo Amato, anche interpreti, autori del soggetto, della sceneggiatura, montatori e direttori della fotografia.
Realizzare un film oggigiorno non è cosa facile, ma seppur i due registi/interpreti/tuttofare siano stati determinati a portare in scena una storia tutta loro riuscendo a relizzarla, l’unica cosa che può essere premiata di tutta l’operazione è la loro tenacia, perchè il film, purtroppo, non trasmette molto.
Ciò che viene da chiedersi è dove stia l’errore, perchè visivamente I racconti dell’orso ha tutte le carte in regola per essere una fiaba fantastica al limite dello steampunk, ma all’uscita dalla sala, ciò che rimane, sono solo bellissime fotografie e paesaggi fantastici dati anche da una color correction ispirata che non stona assolutamente.
Purtroppo la fiaba narrata non è chiara e ben delineata, forse per l’utilizzo del muto o forse perchè si devono avere gli strumenti intellettuali necessari per apprezzare un lavoro simile, ciò che è certo è che il compito di fiaba della buonanotte lo compie in pieno, poichè attorno a noi mezza sala, quella rimasta fino all’ultimo, dormiva come non mai.
Ma quindi cosa funziona ne I racconti dell’orso? Se si prende la pellicola come video arte, fatta di suoni avvolgenti e, come già spiegato, immagini bellissime, la pellicola di Samuele Sestrieri e Olmo Amato ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo gioiello ma, come film, come lungometraggio, purtroppo non trasmette assolutamente nulla e anzi, ci fa chiedere se sia veramente una pellicola completa o una presa in giro della durata di 60 minuti.
Arrivare alla realizzazione di un lungo tramite crowdfunding non è assolutamente semplice e loro ci sono riusciti, con i pochi mezzi a disposizione e tanta tenacia: ciò che possiamo dire è che le idee ai due giovani registi non mancano assolutamente, bisogna solo saperle sviluppare in altro modo quindi, con la stessa tenacia, la stessa voglia di fare cinema, lo stesso impatto visivo ci aspettiamo un prodotto più completo tra qualche anno, che sappia dire qualcosa e che ci lasci qualcosa che non siano solo e semplicemente sbadigli, noia, sonno e punti interrogativi per tutta la durata del film.