Tesnota: recensione del film di Kantemir Balagov premiato a Cannes

Nelle sale dal primo agosto 2019 Tesnota, coraggiosa opera prima del giovanissimo Kantemir Balagov premiata a Cannes nel 2017 con il prestigioso premio FIREPRESCI.

In sala dal 1 agosto, Tesnota di Kantemir Bagalov è stato premiato a Cannes 2019 con il prestigioso premio FIREPRESCI.

1998. A Nalchik, nella Cabarda-Balcaria, repubblica della Federazione Russa nel Caucaso Settentrionale, la comunità ebraica convive faticosamente e in un clima di estrema circospezione con la più numerosa popolazione cabarda di credo musulmano. Nello squallore di giorni segnati dalla miseria e dalla brutalità, Ilana (Darya Zhovner) cerca di affermare la sua identità risoluta e lontana dal modello femminile di impronta materna: lavora come meccanico con il padre, non vuole separarsi dalla sua salopette di denim indossata come una dichiarazione d’intenti, ama appassionatamente un rude cabardo inviso alla sua famiglia. Una notte, a poche ore dalla celebrazione dei festeggiamenti per il fidanzamento di suo fratello minore David, questo ultimo e la promessa sposa Lea vengono rapiti. Per poterli riabbracciare, i genitori devono corrispondere ai rapitori una somma che non possono pagare. Decisi, nonostante l’evidente gravità della situazione, a non rivolgersi alla polizia, chiedono a Ilana di sacrificarsi per permettere a David e alla sua giovane fidanzata di avere salva la vita. 

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Tesnota, un film duro sui legami famigliari oppressivi in una regione segnata da conflitti interni ed esterni

Tesnota, il titolo originale di questa opera prima ispirata a un vero fatto di cronaca e diretta nel 2017, quando fu anche presentata a Cannes, dall’enfant prodige del cinema russo Kantemir Balagov (è nato nel 1991, è stato allievo di Sukorov), in inglese viene tradotto con ‘closeness‘, termine polisemico che rimanda tanto all’idea di vicinanza quanto, in una deformazione consequenziale, alla costrizione derivante da un rapporto di estrema prossimità affettiva e relazionale. In questa parola è racchiuso sia lo stile asfittico, al limite del claustrofobico, con cui il film è stato diretto sia il concetto fondante, l’intuizione che sta alla base dell’impalcatura filmica, l’interrogarsi, cioè, non tanto su quanto sia legittimo chiedere a qualcuno di sacrificarsi per chi ama ma su quanto sia legittimo farlo in prima persona, quanto, nelle nostre modalità di pensiero, sia fallacemente radicato l’assioma secondo cui l’amore dev’essere disponibilità al sacrificio, limitazione e amputazione di sé. A Ilana, il personaggio femminile di eloquente ruvidità su cui il racconto si incardina, viene chiesto un sacrificio di una parte di sé che non è disposta a rendere oggetto di negoziazione ed è questa richiesta a scoperchiare non solo tensioni malamente represse all’interno della famiglia, ma anche una costruzione culturale condivisa e divenuta per abitudine e acriticamente legge non scritta.

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Opera stilisticamente ‘soffocata’ per esprimere il senso di soffocamento di una giovane donna

Nel tentativo, però, di mediare fra due diverse spinte creative, l’investigazione d’intonazione intimistica e la vocazione civile, il film si irrigidisce in un vecchio manierismo da cinema dei sospiri in cui la riproduzione ossessiva di soluzioni estetiche e drammaturgiche disturbanti riesce sì a comunicare un senso di oppressione reale e l’angoscia di vivere a quelle condizioni sociali e in un contesto così miserando e tetro, ma nel contempo comprime sterilmente anziché distendere per poi assestare il colpo e consentirgli, così, di fare davvero male. Kantemir Balagov, senz’altro talentoso e meritoriamente audace nelle scelte espressive e nel timbro comunque imperativo della sua voce già autoriale, omeopaticamente soffoca il film per suscitare nel suo pubblico quello stesso senso di soffocamento che pervade la vita di Ilana e di chi con lei condivide quel lembo di terra gravato da mille oppressioni politiche e sociali.

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Non c’è calligrafismo nella violenza (più che altro psicologica) inscenata, ma solo necessità di mostrare che, in certi angoli del mondo, vi è ancora chi è sottoposto non solo alle vessazioni della Storia ma anche a codici di comportamento restii a sgretolarsi. Tesnota trova la sua misura nel rendere quella testimonianza, ma tentenna, invece, nell’affrontare il territorio dell’universale, il lato oscuro dei nostri sentimenti, l’opportunismo che si nasconde anche dietro l’amore che crediamo il più nobile, che inconfessatamente resistiamo a dare in pasto al nostro cinismo, l’amore che riceviamo dalla nostra famiglia e che siamo, prima o poi, scopertamente o subdolamente che sia, chiamati a ripagare con il sacrificio di una qualche intima libertà.

 

Regia - 2.5
Sceneggiatura  - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.3