Che fine ha fatto Baby Jane?: recensione del film con Bette Davis e Joan Crawford
Recensione di Che fine ha fatto Baby Jane?, il canto del cigno della carriera di due delle più grandi attrici di Hollywood, quelle Bette David e Joan Crawford la cui rivalità dentro e fuori dallo schermo ha reso la pellicola di Aldrich uno dei più grandi film di sempre
Ci sono pellicole capaci di entrare nell’immaginario collettivo già dal momento del loro annuncio, è il caso di Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) thriller psicologico diretto da Robert Aldrich, basato sull’omonimo romanzo di Henry Farrell del 1960, che grazie a un sotto testo volto a criticare il nichilismo alla base del mondo dello spettacolo, e del cinema in particolare, mette in scena un dramma familiare tra due sorelle – Jane e Blanche – entrambe ex-bambine prodigio in tempi diversi, vittima della gloria della fama, e dell’oblio del dimenticatoio a riflettori spenti.
Personaggi complicati e maledetti Jane e Blanche, caratterizzate al meglio da due attrici straordinarie, quelle Bette Davis e Joan Crawford al canto del cigno dopo due carriere straordinarie – scelte appositamente da Robert Aldrich – che hanno reso grande la pellicola proprio grazie alla cocente rivalità. Un fattore in più che oltre ad attirare e non poco l’attenzione dell’opinione pubblica, diede autenticità al conflitto scenico tra Jane e Blanche. Le storie dentro e fuori dal set de Che fine ha fatto Baby Jane? rasentano la leggenda e in tal senso la serie Feud: Bette and Joan (2017) ne sa qualcosa.
Pensate che nella scena in cui Jane picchia Blanche, la Crawford era così preoccupata che la Davis potesse farle male sul serio da chiedere una controfigura e la ottenne; ma in una scena molto ravvicinata la Davis la colpì così forte in testa che furono necessari dei punti per continuare a girare. Di contro, nella scena in cui Blanche viene trascinata da Jane, la Crawford fece attrito in modo che la schiena dolorante della Davis, la facesse impazzire.
E le chicche non son finite qui, ad esempio Jack Warner, capo della Warner Bros, sapendo che nel cast ci sarebbero stata la Davis e la Crawford disse che “non avrebbe scucito un soldo bucato per nessuna di quelle due vecchie“. La Davis si fece una risata, ma l’indomani la Crawford le inviò un telegramma con su scritto “in futuro non riferirti a me con la parola Vecchia!“. O ancora, Robert Aldrich dovette convincere un’intera mattinata Joan Crawford a togliere lo smalto sulle unghie nella scena in cui cerca di scendere dalle scale.
Concludiamo con una delle più esilaranti, a testimonianza dell’aria che si respirava sul set – quando Joan Crawford iniziò a mandare piccoli regalini e biglietti alla troupe per ottenere l’affetto della manovalanza, Bette Davis gliene mandò uno con su scritto: “GET OFF THE CR*P”, traducibile con “Smettila con queste ca***te“.
Che fine ha fatto Baby Jane? avrebbe dovuto avere un sequel, sempre diretto da Robert Aldrich con il ritorno di Bette Davis e Joan Crawford intitolato Piano… piano, dolce Carlotta (1964), la Crawford tuttavia si ammalò di polmonite durante la produzione e venne sostituita da Olivia de Havilland cambiando così la sceneggiatura e rendendolo un film stand-alone. Leggenda narra che il giorno in cui quest’ultima venne ingaggiata come sostituta della Crawford, lei e la Davis intonarono la canzone “Ding Dong, la strega è morta” brindando con della Coca Cola assieme ad Aldrich e Cotten – scelta dettata dal fatto che la Crawford, sposata dal 1949 al 1959 con Alfred Steele CEO della Pepsi, fu per anni testimonial della suddetta bevanda.
Gli aneddoti potrebbero continuare ancora e ancora, a dimostrazione che Che fine ha fatto Baby Jane? si tratti una pellicola entrata prepotentemente nell’immaginario collettivo sia per la qualità dei suoi interpreti davanti alla macchina da presa, che per gli esilaranti eventi che si sono celati durante la lavorazione del film.
Che fine ha fatto Baby Jane?: analisi psicologica del film di Robert Aldrich
Che fine ha fatto Baby Jane?: un crescendo continuo di soprusi per due archi narrativi perennemente intrecciati
La narrazione alla base dell’intreccio impiantato da Aldrich, in Che fine ha fatto Baby Jane? prevede delle ellissi temporali dal 1917 fino al 1935 – premesse necessarie per immergere lentamente lo spettatore in quello che poi sarà l’ambiente del 1962 – dove saranno due donne rancorose vittime degli eventi della vita, declinato in modi differenti, ma sempre spinte dalla propria indole.
La Blanche di Joan Crawford, “la sorella di talento”, ridotta paraplegica, appassionata di quel cinema che l’ha appena sfiorata tanto da commentarne le inquadrature a ogni pellicola visionata, vivendo di ricordi, da reclusa, ma sempre e comunque preoccupata sullo stato psicologico della sorella; e la Jane di Bette Davis, l’ex “Baby” – che per certi versi rievoca Shirley Temple – rancorosa e alcolizzata, intenta a prendersi cura di Blanche in un contrasto psicologico non da poco, visto l’odio e la gelosia nei confronti della sorella, quella di talento tra le due e che le ha “rubato” la scena.
Una struttura, quella di Che fine ha fatto Baby Jane? – che nel suo dipanarsi si sviluppa in due archi narrativi che si intrecciano continuamente, in un incedere diabolicamente continuo di angherie e soprusi di ogni genere in crescendo tra animali morti, telefoni staccati, e privazione del cibo, la cui posta in gioco viene aumentata pericolosamente a ogni turning point.
Baby Jane come Norma Desmond, sul Viale del tramonto
Un sontuoso bianco e nero accompagna la visione de Che fine ha fatto Baby Jane? – in un periodo – il 1962 – dove il colore era già ampiamente utilizzato nel mondo del cinema (basti pensare a Lawrence d’Arabia di David Lean). Una scelta più voluta da Bette Davis (che come regista avrebbe voluto Alfred Hitchcock) che non da Robert Aldrich al fine di valorizzare al massimo l’aspetto cupo – ma al contempo nostalgico – di un thriller psicologico alla cui base ci sono due ex-stelle del cinema sul “viale del tramonto” della vita; scelta di parole quest’ultima, non casuale, visto che il film di Aldrich, rievoca e non poco l’omonima pellicola di Billy Wilder del 1950, quanto meno nel mostrare il tracollo psicologico di un ex-stella in declino – seppur in modi radicalmente diversi.
La Desmond di Gloria Swanson e la Baby Jane Hudson di Bette Davis, entrambe condannate all’oblio di una vita vissuta di ricordi, ma se la Desmond non si arrende dall’essere dimenticata, trovando modi dei più assurdi per rivivere i giorni di gloria, alla Hudson viene ricordato ogni giorno che passa il suo essere ormai una stella spenta di Hollywood, convivendo e “prendendosi cura” di chi secondo lei le ha strappato tutto dalle mani.
Il tutto reso grande da una regia, quella di Robert Aldrich, che ci accompagna lentamente nella pellicola, ora valorizzando l’ambiente scenico delle esibizioni di Baby Jane, ora delineando i contorni degli uomini che giudicano il lavoro e il talento delle due donne, ora facendo saggiare la tensione allo spettatore nei momenti più cupi e drammatici sul volto disperato e arrabbiato di Jane e su quello speranzoso ma al contempo condannato di Blanche.
Che fine ha fatto Baby Jane?: Robert Aldrich confeziona uno dei più grandi film della storia del cinema
La delirante sequenza finale sulla spiaggia, in una spaventosa regressione a bambina che rievoca il già citato Viale del Tramonto (1950) nel delirio che si tramuta in cieca follia – sottolinea ulteriormente il profondo disagio interiore che sta alla base de Che fine ha fatto Baby Jane? – a conferma del valore intrinseco della pellicola di Robert Aldrich che, forte di una regia sontuosa e di due interpreti straordinarie come Bette Davis e Joan Crawford, è riuscito a segnare, nel 1962, un solco profondo e importante, nell’immaginario collettivo e nella storia del cinema.