Venezia 76 – Giants Being Lonely: recensione del film
Recensione di Giants Being Lonely, film che racconta come un evento accaduto in adolescenza possa segnare per sempre la vita di un gruppo di amici.
Nei sobborghi di Hillsborough, un piccolo centro della campagna della Carolina del Nord, si snodano le vicende dei protagonisti di Giants Being Lonely: Adam, Bobby e Caroline, tre amici che trascorrono il loro ultimo anno di scuola in attesa del ballo studentesco. Circondati da situazioni difficili, fatte di alti e bassi, ma anche sesso e solitudine, le loro esistenze si intrecciano con le vicende dei loro genitori in una spirale che sfocerà nella violenza. Non mancherà il filo conduttore della storia rappresentato dallo sport: il baseball come unica ancora di salvezza.
Giants Being Lonely: l’adolescenza secondo Grear Patterson
“La vita è infelicità e non so quando può arrivare la morte. Giochiamo a baseball!” Così inizia Giants Being Lonely, primo lungometraggio di Grear Patterson, che finora si era occupato di arte, esponendo diverse sue opere in varie gallerie internazionali. Il film racconta gli attimi che precedono la fine della scuola, un momento idilliaco, ma non sempre felice per tutti. Adam, Bobby e Caroline trascorrono le giornate insieme, stanno sempre vicini e lo fanno principalmente per evitare di tornare a casa. Nel luogo che dovrebbe rappresentare sicurezza e serenità, c’è in realtà l’Inferno: i tre hanno infatti a che fare con genitori violenti che non li capiscono e perciò li ignorano. Per fortuna c’è lo sport, il baseball in questo caso, una valvola di sfogo che li aiuta a dare un senso alla loro misera esistenza, a un passo dall’età adulta.
Patterson è un esordiente, ma nonostante ciò è in cerca di sperimentazione; lo si nota dalle inquadrature larghe e lunghe, volte a mostrare l’ambiente bucolico in cui vivono i tre ragazzi, una sorta di Paradiso terrestre senza problemi né preoccupazioni. La tecnica registica è molto buona, ma sembra limitata solo a questo. Allo stesso tempo, anche la sceneggiatura non sembra fornire molti dettagli sui tre ragazzi protagonisti della storia. Ci sono lunghi silenzi, la storia fa affidamento ai loro gesti ben intuibili da parte del pubblico. Adam, Bobby e Caroline sono il ritratto di una gioventù senza tempo, a cavallo tra gli adolescenti insicuri di Breakfast Club e i ragazzini di Stand By Me (i riferimenti a quest’ultimo sono immediati).
Giants Being Lonely: una storia fine a se stessa con un finale confuso
L’adolescenza è un periodo complicato in cui i giovani non sempre agiscono con una motivazione ben precisa. Patterson si adagia su questo presupposto per realizzare una sceneggiatura che pecca nell’approfondire le personalità dei tre protagonisti, per questo si giunge a un finale abbastanza confuso, ma anche scontato. Ciò impedisce di capire le ragioni che abbiano spinto Adam, Bobby e Caroline a trovarsi in quella determinata situazione e le varie dinamiche che li accomunano.
Eppure nell’intento del regista, Giants Being Lonely dovrebbe raccontare una fase particolare dell’adolescenza e cosa accade quando qualcosa altera inevitabilmente la vita di una persona. L’ambientazione in una campagna protetta dagli alberi, simbolo di un rifugio felice, lascia spazio a interpretazioni di vario tipo e solo un occhio più attento può dare il giusto senso a ciò che sta guardando. Nonostante la buona prova recitativa degli attori, Giants Being Lonely risulta essere un film fine a se stesso dove la fotografia fa da sfondo a delle figure in movimento, che danzano, parlano e si muovono in un campo di grano.