Jack Ryan – L’iniziazione: recensione del film di Kenneth Branagh
La recensione di Jack Ryan - L'iniziazione, film dove l'analista viene reinterpretato dal regista Kenneth Branagh, con dei risultati discutibili sul fronte narrativo e nell'impiego di un cast non all'altezza del reboot da rispolverare.
La saga spionistica di Jack Ryan, cominciata nel 1990 con Caccia a Ottobre Rosso, rinnova il suo linguaggio con un’idea di azione costante che deve dettare legge in un reboot non pienamente riuscito. L’intento di Kenneth Branagh, dopo aver diretto Thor (2011) e prima di dedicarsi alla trasposizione in live-action di Cenerentola (2015), è quello di svecchiare un personaggio capace di agire sia dietro le quinte, monitorando i movimenti bancari di pericolose organizzazioni terroristiche, che sul campo coinvolto in scene altamente spettacolari. In Jack Ryan – L’Iniziazione l’equilibrio fra le due parti viene ben distribuito, ma con qualche riserva da mettere in evidenza.
Jack Ryan – L’iniziazione: una nuova carriera alle porte
Jack Ryan (Chris Pine), un soldato arruolato nei marines dopo l’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle, rimane coinvolto in un grave incidente in Afghanistan: viene abbattuto l’elicottero su cui si trova e resta ferito con ustioni di terzo grado. Dopo una lunga riabilitazione, conosce la sua futura moglie Cathy Muller (Keira Knightley) e viene notato da un agente sotto copertura della CIA, Thomas Harper (Kevin Costner). Invitato a completare gli studi di economia a Londra, Jack si ritrova dieci anni dopo a lavorare come analista della CIA a Wall Street.
Una massa di denaro fuori controllo proveniente da non specificate organizzazioni russe è il campanello d’allarme che mette in moto la trama del film. Queste transizioni irregolari potrebbero ribaltare gli equilibri del mercato finanziario americano, un preludio a quella che viene definita dallo stesso Jack “la seconda Grande Depressione”. Spetta all’analista, con il sostegno del suo mentore Harper, porre fine a questa potenziale minaccia che rischia di compromettere una nazione sull’orlo del collasso, con tensioni politiche ed economiche sempre crescenti.
Jack Ryan – L’iniziazione: un ritmo forsennato conduce le fila della trama
Il rischio di un crollo finanziario è alle porte e la responsabilità che grava su Jack Ryan è l’elemento di spicco del reboot. Da questo soggetto, il reparto montaggio fa in modo di mantenere un ritmo elevato per tutta la sua durata, appoggiandosi al profilo ben definito del personaggio principale. Chris Pine si adatta a una sceneggiatura che mette sul piedistallo solo la sua figura di protagonista, tralasciando per lunghi tratti il background che riguarda il pericolo imminente e il villain Viktot Cherevin (Kenneth Branagh nelle vesti anche di attore). Cherevin è un veterano dell’Armata Rossa desideroso di vendetta contro gli Stati Uniti per la loro intromissione nella guerra in Afghanistan.
Una motivazione ridotta a qualche riga di dialogo per poi spostarsi sul dinamismo della storia guidata esclusivamente da Jack. Il tempo stringe e non si considera affatto l’opportunità di esplorare più a fondo i comprimari, che dovrebbero caratterizzare al meglio un’operazione di reboot portatore di novità sul fronte registico e sulle tematiche da attualizzare. La priorità si limita a essere quella di iniettare ingenti dosi di adrenalina in sezioni di trama alquanto superficiali, dove al centro dell’azione troviamo in definitiva un eroe che difende la sua patria e un’antagonista alle sue calcagna.
Jack Ryan – L’iniziazione: il cast di rilievo non convince quanto dovrebbe
Chris Pine, Keira Knightley, Kenneth Branagh e Kevin Costner. Quattro i nomi ben noti che hanno il preciso compito di rendere giustizia alla saga di Jack Ryan, travolgendo lo spettatore in un susseguirsi di doppi giochi e rivelazioni scottanti. Una schiera di attori guidati in maniera fin troppo schematica da un Branagh poco ispirato; il terreno dell’action a sfondo spionistico non era ancora stato battuto da lui e si trova in difficoltà a dirigere le star del film e ritagliare a ognuno di questi un arco evolutivo degno di essere sviscerato.
Ne esce sconfitta Knightley, ricoprendo il ruolo di compagna di Jack in cerca di un confronto verbale, per far luce sul lavoro da lui svolto, che tarda a raggiungere un risoluto compromesso. Una parentesi sentimentale tirata per le lunghe, priva di sinergia e chimica fra i due interpreti. In una vasta filmografia dove Branagh tende a sottostimare nessuna performance attoriale, il problema sorge proprio nell’introduzione del personaggio di Cathy Muller; la sua apparizione diviene un’ulteriore minaccia interna, oltre all’attentato da sventare e al crollo finanziario da prevedere, al fine di proporre degli inserti struggenti dotati di poca incisività.
Nel confezionare un prodotto dinamico, con svolte nell’ultimo atto necessarie per far riemergere una premessa invitante e molto attuale sul piano politico-sociale, Branagh non pone l’accento sulle location in cui sono ambientati i principali avvenimenti del film e presenta un cast d’insieme privo di spessore psicologico e di carisma, quest’ultimo un elemento decisivo per la piena riuscita del reboot. La scrittura è delineata alla perfezione quando ci si occupa esclusivamente del personaggio di Jack Ryan, soldato integerrimo e dedito al sacrificio per salvaguardare l’incolumità di una nazione intera, ma mai incisiva nel riportare un contesto storico da mettere in discussione per invitarci alla riflessione a fine visione.