1994 – La Serie: recensione in anteprima degli episodi 5 e 6
1994 sa raccontare la Storia e le piccole storie che in essa si intersecano servendosi di ottime interpretazioni, una buona regia e senza mai dimenticare il suo scopo principe: intrattenere.
Il 1994 è l’anno della Restaurazione, l’omonima serie TV targata Sky è la stagione della consacrazione dell’incredibilità: della bizzarra storia politica italiana, della serialità nostrana che non smette di stupire e degli italiani stessi che pullulano nel Bel Paese, tutti così diversi, tutti sempre così uguali alla loro vera natura.
Diretta da Giuseppe Gagliardi e Claudio Noce e prodotta da Wildside, 1994, in onda dal 4 ottobre ogni venerdì alle 21.15 su Sky Atlantic e in simulcast su Sky Cinema Uno, è la degna conclusione di una trilogia iniziata con 1992 che per la prima volta si pone l’obiettivo di narrare, seppur in forma romanzata, gli eventi a cavallo tra la prima e la seconda Repubblica. Lo fa bilanciando i fatti storici alla finzione, amalgamando personaggi realmente esistiti e ben definiti nell’immaginario comune ad altri inventati ma perfettamente equipaggiati per affrontare l’esistenza.
Gli attori dell’arte e della società si schierano allora in un gioco di potere sempre più cinico e complesso in cui ognuno di loro merita una bella fetta di entertainment. A differenza delle prime due stagioni, infatti, 1994 tende a inglobare in ogni episodio pesanti pezzi di quell’anno che ha rivoluzionato il modo di fare politica, che ha dato il via al primo duello televisivo e alla suddivisione dei vari partiti che in parte ci ritroviamo anche adesso. Per ovvie ragioni tralascia di addentrarsi nei dettagli, ricordando sempre a se stessa e al pubblico il suo scopo principe: intrattenere.
1994 – La stagione più sorprendente dell’intera serie TV Sky?
Dopo i fatti avvenuti in 1993, che ci avevano lasciati col fiato sospeso in merito al destino di Leonardo Notte (Stefano Accorsi), i nuovi episodi ci lasciano intendere che non solo Notte è riuscito a sopravvivere, ma ha anche trovato un bel posto tra quelli che contano. Non abbiamo ancora visto i primi episodi né gli ultimissimi, poiché ci è stata concessa la visione solo degli episodi 5 e 6: i più cruciali ed esteticamente ineccepibili? Sta di fatto che l’apertura del quinto episodio è pura poesia: una strizzata d’occhio alla cinematografia di Billy Wilder completata dalla voce di Maurizio Lombardi (che interpreta Paolo Pellegrini) e dalla bellezza disarmante della Costa Smeralda. Un episodio che, come una matrioska, racconta la macro farsa della vita all’interno della quale si districano i fili della politica, dei rapporti personali, delle convenzioni e delle convenienze. Un episodio in cui l’incontro tra Silvio Berlusconi (Paolo Pierobon) e Umberto Bossi (Paolo Mazzarelli) è centrale, così come i loro differenti modus operandi e vivendi. Nel sesto a monopolizzare l’attenzione non sarà solo il gioco tra Forza Italia e Lega Nord ma sempre lui, Silvio Berlusconi, con i vari satelliti fatti di carne e ossa che gli ruotano attorno e che rappresentano piccoli tasselli della stratificazione sociale di quegli anni. E poi ovviamente il G7 di Napoli, l’invito a comparire avanzato a Berlusconi, l’inarrestabile lotta di Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi) in cui avrà risalto anche un membro minore del pool di Mani Pulite, Giovanni Ludeno (interpretato da Dario Scaglia).
A detta anche dei registi e dei creatori della serie, 1994 ci lascia attraversare quell’anno spaziando dall’incontro tra Berlusconi e Occhetto tenuto da Enrico Mentana fino al faccia a faccia tra Berlusconi e Di Pietro. Sarà interessante a quel punto notare la bravura di due attori italiani che hanno mirabilmente dato vita ai personaggi reali. Se Gerardi ha saputo incarnare meticolosamente l’ex magistrato, a compiere la grande sfida in questa stagione è Paolo Pierobon, a cui sono servite ben 3 ore di trucco per adeguare il suo volto a quello del leader di Forza Italia. L’attore ne rimarca i modi, la postura, le espressioni, si sovrappone all’immagine del Cavaliere con eleganza e discrezione, regalando al pubblico un ritratto impeccabile. Un’impresa non da poco, se si pensa all’interpretazione data da Toni Servillo in Loro di Paolo Sorrentino.
1994 si reinventa a ogni episodio
Certamente quello dell’ex premier non è l’unico ritratto bello della stagione, ma è certamente il più affascinante e prorompente, vista la sua centralità nella serie. A corredarlo provvedono anche il Massimo D’Alema interpretato da Vinicio Marchioni e i volti già noti della serie Sky. Ritroviamo così l’ex pubblicitario Leonardo Notte (Stefano Accorsi), sempre in bilico tra legge e criminalità, sempre con la smania di puntare in alto calpestando chiunque incontri sul suo cammino. Viene poi nuovamente a galla la tenerezza tra Veronica Castello (Miriam Leone) e Pietro Bosco (Guido Caprino) e la loro inadeguatezza a quel mondo.
A conti fatti, tuttavia, nessuno di loro è cambiato, tutti sono immersi nella sete di potere o nella voglia di giustizia, a mutare è il principio su cui si basa questa stagione, che da corale diviene monografica, che in ogni episodio sembra reinventarsi e cambiare registro, soundtrack, colori, stile.
E oltre alla precisione della regia – che alterna ampie riprese aeree con claustrofobiche rincorse tra i vicoli di Napoli, che ci fa degustare teneri sguardi e statuari nudi, rappresentazioni che rasentano la teatralità ad altre che sembrano bonariamente strizzare l’occhio a eleganti spot pubblicitari – non si può non sottolineare la bellezza e l’incantevole tempistica della colonna sonora firmata Ratchev e Carratello, impreziosita da brani contemporanei e non che si intersecano con lo stato d’animo dei protagonisti, conferendogli maggior risalto.
Questa stagione in generale, ed evidentemente gli episodi 5 e 6 in particolare, rappresentano uno spartiacque all’interno della trilogia, una “rivoluzione” pari a quella avvenuta in quegli anni nel modo di fare e intendere politica. Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo offrono ai registi una sceneggiatura in grado di darci un’affresco delizioso degli anni ’90, rimodulando la Storia sotto la lente d’ingrandimento delle piccole storie dei personaggi e delle loro ambizioni. Che siano giornaliste in cerca della notizia giusta, soubrette che si sono accaparrate un posto in Parlamento o ex militari che cercano di ripulirsi con la politica poco importa, la macchina da presa e la silenziosa voce narrante stanno sempre dalla loro parte, sempre pronta a difendere le loro ragioni e a disarmare perfino lo spettatore della tagliente arma in suo possesso: il giudizio morale.
1994 si dimostra superiore alle precedenti, accessoriata di maggiore appeal e libera dai piccoli difetti delle precedenti. Una stagione che parla della grande Storia senza giudicarla né mostrarla troppo, che ha la capacità di seminare il dubbio talvolta anche quando sappiamo bene la realtà dei fatti.