L’eliminatore – Eraser: recensione del film con Arnold Schwarzenegger

A metà strada fra James Bond e Terminator, L'eliminatore – Eraser è l'ennesimo capitolo della carriera “muscolare” di Arnold Schwarzenegger, qui agente segreto incaricato della difesa di un prezioso testimone.

Azione, adrenalina, sparatorie e fughe impossibili. E ancora esplosioni, salvataggi all’ultimo secondo e improbabili inseguimenti. Il cinema “muscolare” degli anni ’80 e ’90 ha dei connotati ben precisi, e conosce una manciata di interpreti che hanno costruito una parte cospicua – se non tutta – della carriera sulla loro mitologica indistruttibilità: Bruce Willis (la saga Die Hard), Sylvester Stallone (Rambo, Cobra, Dredd) e Arnold Schwarzenegger sono interpreti di film che sembrano uno il seguito dell’altro, in cui di norma lo spettatore sa quasi a memoria cosa aspettarsi dai loro paladini. L’eliminatore – Eraser non fa eccezione ovviamente, anche se si inserisce in una fase delicata del percorso di Schwarzy, quella dell’alternanza fra ruoli tutti d’un pezzo e personaggi da alleggerimento comico al sapore di auto-sabotaggio.

Così, in una manciata di anni, si alternano I gemelli (1988) e Atto di forza (1990), Un poliziotto alle elementari (1990) e Terminator 2 (1991), Last Action Hero (1993) e True Lies (1994). L’eliminatore, in qualche modo, cerca proprio di dare una continuità a quest’ultimo, replicando quindi la ricetta della spy comedy: pochi fronzoli e molta azione, con un tocco di satira intelligente – perlomeno nelle intenzioni – e ludica esagerazione.

L’eliminatore – Eraser: sei stato cancellato

L'eliminatore – Eraser cinematographe.itAnche la scelta di regia, da questo punto di vista, suona come una palese dichiarazione di intenti: dietro la cinepresa c’è Chuck Russell, autore da un lato di Nightmare 3 – I guerrieri del sogno (1987) e dall’altro di The Mask – Da zero a mito (1994). La vicenda dell’agente segreto specializzato in programmi di protezione testimoni che deve proteggere la senior executive di una grossa azienda produttrice di armi che ha deciso di collaborare con l’FBI andrebbe letta quindi con un buon grado di consapevolezza: l’obiettivo è sì quello del blockbuster fanta-thriller per “uomini che non devono chiedere mai”, ma velato e venato di sottile ironia e soprattutto da un respiro cartoonesco che rende impossibile qualunque tipo di verosimiglianza e credibilità.

Questo non rende Eraser esente da colpe, naturalmente, né giustificabile in ogni sua svolta narrativa. “Il miglior professionista su piazza”, come i colleghi amano definire il protagonista John Kruger, si muove in un immaginario eccessivamente prevedibile (già per l’epoca), in cui è possibile intuire buona parte delle intenzioni dei vari caratteri – la testimone ingenua, i finti buoni che si rivelano cattivi corrotti, l’eroe che riappare nel momento decisivo – con ampio anticipo. L’eliminatore va sul sicuro, rinunciando a ogni possibile originalità che non sia il curioso armamentario di attrezzatura hi-tech per stare al passo coi tempi della nuova industria tecnologica.

L’eliminatore – Eraser: senza macchia, senza paura (e un po’ senza cervello)

L'eliminatore – Eraser cinematographe.itMa se c’è un motivo per cui Eraser, a oltre vent’anni di distanza, non supera la prova del tempo, è il suo carico “sporgente” di leggerezze socio-culturali-politiche, assolutamente imperdonabili per il cinema contemporaneo. Siamo di fronte, essenzialmente, a un’opera che fa sfoggio di un greve maschilismo e machismo, in cui si teme che l’infiltrata (incidentalmente di bell’aspetto) non sia in grado di portare a termine la propria missione in quanto donna e sesso debole. Ma la discriminazione passa anche attraverso la scena del locale gay, in cui il barista ex criminale ora protetto ringrazia Schwarzy pur ammettendo di essere finito in una “gabbia di matti, un farabutto che si rispetti non si farebbe vedere neanche morto qui”.

E infine, tra un colpo di scena e l’altro, la salvezza dei nostri paladini passa attraverso una spessa coltre di revanscismo, nel momento in cui giustizia diventa sinonimo di vendetta. Ci si diverte guardando L’eliminatore, è vero, l’impianto spettacolare è di tutto rispetto e l’alternanza di tensione e comicità è dosata con grande e divertita attenzione; ma l’etica e il messaggio della sceneggiatura dei carneadi Tony Puryear e Walon Green (che censura ipocritamente le armi come strumento di morte, e per farlo le esalta accatastando una carneficina dopo l’altra) verrebbero giustamente e fortunatamente, oggi come oggi, condannate senza appello.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 1.5

2.5