Doom Patrol: recensione della serie TV
La nostra recensione della prima stagione di Doom Patrol, la nuova serie TV con gli eroi DC che arriva su Amazon Prime Video il 7 ottobre.
Amazon Prime Video sembra averci preso gusto: dopo The Boys, infatti, punta su un altro gruppo di supereroi per arricchire l’offerta del suo catalogo. Questa volta si tratta di Doom Patrol, serie spin-off di Titans (che si trova invece su Netflix) appartenente all’universo della DC Comics.
Dal 7 ottobre arrivano in Italia i 15 episodi della prima stagione (si è già confermata una seconda), che negli Usa hanno riscosso un buon successo di pubblico e di critica. I personaggi creati da Arnold Drake, Bob Haney e Bruno Premiani costituiscono un gruppo di supereroi reietti, che vivono al di fuori della società perché in possesso di capacità soprannaturali non ancora in grado di dominare perfettamente (nonché di un aspetto esteriore non proprio nella norma).
Doom Patrol: i “non-supereroi” della serie tv
Tra i protagonisti abbiamo: Clifford “Cliff” Steele, un ex pilota di auto il cui cervello, dopo un brutto incidente, è trapiantato in un corpo robotico, diventando Robotman (interpretato da Riley Shanahan e Brendan Fraser); vi è poi Elasti-Woman, ossia Rita Farr (che ha il volto di April Bowlby), un’ex attrice di Hollywood che acquisisce il potere di allungarsi e rimpicciolirsi, ma che, avendo scarso controllo di questa capacità, finisce semplicemente con il diventare una sorta di “blob” quando è in condizione di forte stress; altro personaggio è Kay Challis – Crazy Jane (Diane Guerrero), una ragazza con 64 personalità distinte, ognuna con un super potere diverso; Larry Trainor è invece Negative Man (interpretato da Matthew Zuk e Matt Bomer), un ex pilota d’aereo schiantatosi a causa di un’energia negativa che ora lo tiene avvolto nelle bende dalla testa ai piedi; a questi si aggiunge Victor “Vic” Stone, per tutti Cyborg (Joivan Wade), mezzo umano e mezzo-macchina, in lotta con la sua dualità.
A unire questi “scarti” della società sotto lo stesso tetto ci ha pensato Niles Caulder, il Capo della Doom Patrol (con il volto di Timothy Dalton), un importante dottore che cerca di tenerli al sicuro dalle grinfie di Eric Morden, ossia Mr. Nobody (Alan Tudyk), una malvagia ombra vivente in grado di svuotare la sanità mentale degli altri e con progetti tutt’altro che rassicuranti per il mondo intero.
Doom Patrol: poca originalità, ma piena di brio e cinica ironia
Insomma: nulla di nuovo sotto al sole. Stando ai primi due episodi di Doom Patrol, non abbiamo a che fare con una storia originale dalle linee narrative mai affrontate prima, ma i fan di supereroi e dei loro universi non sono tipi che si fanno abbattere per così poco. La serie scritta da Jeremy Carver racconta le vicende di Robotman e soci con un taglio diverso rispetto a quello usato da molti colleghi: sicuramente c’è una forte dose di cinica consapevolezza nei personaggi, e i dialoghi sono un susseguirsi di battute sardoniche da una parte e di disperata rassegnazione dall’altra.
Questo (non insolito ma sempre vincente) mix di ironia nonostante le sventure subite dona alla serie un’atmosfera dai toni tutt’altro che cupi, nonostante il dramma vissuto dai personaggi sia enorme: ognuno di loro è in fin dei conti un perdente e in lotta con sé stesso, una guerra interiore che, chi per un motivo e chi per un altro, è scoppiata ben prima che i protagonisti assumessero quei poteri che li hanno trasformati nei supereroi di oggi.
E a ben vedere, tra l’altro, di eroico in loro c’è davvero poco: tranne per quanto riguarda Cyborg (il cui eroismo è però causato da un incessabile senso di colpa), nessuno di loro si comporta come un supereroe “classico”, nessuno sfrutta il proprio “dono” rivolgendosi al prossimo, anzi, dal prossimo tenta di fuggire.
Di certo Doom Patrol può assestarsi come un buon prodotto nella serie delle opere del genere perché può far leva sulla profondità dei suoi personaggi, sulla psicologia che lega il loro essere speciali alla normalità di chiunque… sempre all’insegna dell’ironia. Un materiale narrativo che, se bene già visto, può in ogni caso dar luogo ad approfondimenti capaci di catturare fan di vecchia data e appassionati dell’ultima ora.