Guardians – Il risveglio dei guardiani: recensione del film russo
Anche la Russia ha i suoi supereroi: Guardians - Il risveglio dei guardiani mette a confronto un manipolo di uomini dagli straordinari poteri e uno scienziato pazzo modificato geneticamente. Riusciranno i nostri paladini a salvare il mondo?
Guardians – Il risveglio dei guardiani dimostra un concetto fondamentale: ogni nazione ha i supereroi che si merita. Contro il dominio americano della Marvel e della DC è difficile (in verità, impossibile) combattere, ma ci si può sempre provare: non è detto che la salvezza del mondo passi sempre attraverso Washington, Los Angeles, San Francisco, né che tutti (ma proprio tutti!) i migliori esseri umani del mondo abbiano sangue e formazione yankee. Per quanto coi suoi evidenti – e, peraltro, comprensibilissimi – errori, Lo chiamavano Jeeg Robot nel 2015 aveva essenzialmente dimostrato che le grandi ed epiche battaglie per la salvaguardia dell’umanità si possono svolgere, ad esempio, anche a Roma.
Si può non essere ridicoli e totalmente fuori luogo, giocando coi propri gap e innervando tutta la struttura della storia di una buona dose di autoironia. Non serve il confronto diretto coi campioni statunitensi, anche perché ci si troverebbe per forza di cose di fronte a una sconfitta. Una logica evidentemente non compresa dalla Russia e dalla sua eterna “guerra fredda” con gli USA: bisogna mostrare comunque i muscoli, guardare, emulare e superare i campioni perché in ogni ambito – politico, sociale, umano – c’è sempre una gara in cui primeggiare.
Guardians – Il risveglio dei guardiani: supereroi contro le forze del male
Tra i mille difetti di Guardians – Il risveglio dei guardiani il principale è forse proprio quello di aver imparato fin troppo bene la lezione americana: i Vendicatori diventano Patrioti, le decisioni importanti e irrevocabili vengono prese da una sala comandi stipata di militari in uniforme e il villain Kuratov è un uomo solo contro tutti che tiene in scacco la città (ovviamente Mosca). Tutto in Guardians strizza l’occhio a una formula e a un formato preesistenti, purtroppo a completo rischio parodia. Come a dimostrare che anche la Russia può essere al passo coi tempi e in sintonia con le nuove generazioni di spettatori.
Perché se guardassimo all’opera di Sarik Andreasyan come a un aperto e dichiarato mock (una presa in giro, una canzonatura) saremmo di fronte a uno dei dignitosissimi film di serie Z della Asylum, che ha fatto della presa per i fondelli il suo marchio di fabbrica; ma Guardians – lo si capisce dall’incedere epico, dalla solennità dei dialoghi e dalla pressoché totale mancanza di humour – si prende maledettamente sul serio. E non potrebbe, davvero, farlo: i guardiani chiamati al “risveglio” (tutti provenienti da zone limitrofe come Mongolia e Kazakistan) possiedono poteri imbarazzanti, gli effetti speciali sono talmente dozzinali da sfociare quasi nell’estetica da (brutto) videogame e i rimandi alla cultura sovietica se possibile peggiorano ancora la situazione.
Guardians – Il risveglio dei guardiani: la via alternativa al cinecomic?
Considerando il tonfo al box office russo, difficile immaginare una platea adatta alla visione di Guardians, che stiracchia le sue scene action e i suoi momenti di riflessione – perché tra l’uomo-orso Arsus e la donna invisibile Kseniya c’è stata in un lontano passato una storia d’amore, perché il barbuto telecinetico Ler ha perso tutta la sua famiglia – per quasi un’ora e mezza (comprensiva di sequenza post-credits). Ed è altrettanto arduo immaginare come si possa abbozzare un sequel della pellicola, già messo in cantiere ancor prima dell’uscita di questo primo capitolo grazie a fondi cinesi.
Il ritmo narrativo rapidissimo non limita i danni, così come l’idea che alla base di tutto ci siano degli scriteriati esperimenti di genetica che hanno reso “mostruosi” e anormali sia i supercattivi che i buoni stuzzica, ma non trova alcun degno sviluppo. È un compitino mal(issimo) riuscito, Guardians – Il risveglio dei guardiani, sviluppato con il terrore di deludere le aspettative e di conseguenza incapace di possedere una qualsiasi scintilla di creatività e fantasia. Ammesso che una via alternativa al cinecomic che tutto fagocita e tutto monopolizza sia possibile, non è certo quella di chi il cinecomic lo imita pedissequamente, senza peraltro avere gli stessi mezzi e la stessa solida industria alle spalle.