RomaFF14 – Roam Rome Mein: recensione del film di Tanninshtha Chatterjee
Recensione de Roam Rome Mein, di Tannishtha Chatterjee, un viaggio d'emancipazione femminile tra India e Italia, con protagonista Nawazuddin Siddiqui, Valentina Corti e Francesco Apolloni.
La cinematografia contemporanea è parecchio legata alla tematica del ruolo della donna nella società – come nel caso de La vita invisibile di Euridice Gusmao (2019) di Karim Ainouz e Le ragazze di Wall Street (2019) di Lorena Scafadia – ma Roam Rome Mein (2019) diretto da Tanninshtha Chatterjee con protagonisti Nawazuddin Siddiqui, Valentina Corti e Francesco Apolloni, riesce nell’intento di trattarne con originalità, come mai prima d’ora.
La pellicola della Chatterjee infatti, si contraddistingue per una semplicità di racconto, specie nella messinscena, che però non corrisponde all’intreccio che ne deriva – fatto perlopiù di digressioni temporali ed elementi onirici, complesso, con cui far riflettere lo spettatore sulle differenze etniche e di carattere sociale, a cavallo tra Italia e India.
Roam Rome Mein, che sta stupendo critica e pubblico di tutto il mondo per la sua complessità narrativa, è l’opera prima della regista Chatterjee. Tanto è bastato alla trentottenne indiana per veder selezionata Roam Rome Mein tra le pellicole della pre-apertura della Festa del Cinema di Roma 2019 – il che ne testimonia un evidente valore artistico.
Roam Rome Mein: l’emancipazione femminile tra India e Italia
La Chatterjee, per portare in scena questo racconto d’emancipazione femminile, si affida alla cifra stilistica da cinema giallo, impostando il racconto sul punto di vista del protagonista maschile, con cui incedere in una narrazione il cui dipanarsi permette alla Chatterjee di far riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea a cavallo tra Oriente e Occidente.
L’espediente dell’indagine diventa così, per Roam Rome Mein strumentale per accedere nella vita della Reena della stessa Chatterjee e della sua dimensione narrativa sospesa tra due mondi così profondamente differenti – ben incarnati dal protagonista maschile, il Raj di Siddiqui.
Un viaggio in cui l’evoluzione del personaggio di Raj – cadenzato da un susseguirsi di incontri a caccia di indizi, permetterà di far luce sul mistero della sparizione di Reena in modo progressivo e graduale, nel quale il sottotesto alla base della narrazione è volto a emergere prepotentemente.
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Il Raj di Siddiqui infatti, tipico uomo indiano dalle convinzioni radicate da una forte tradizione verso la società patriarcale della sua terra, nel corso del suo viaggio nella ricerca della sorella in Roam Rome Mein muterà lentamente la sua concezione del mondo e del ruolo della donna – accettando l’amarezza di una sparizione della sorella perché incapace d’accettare un mondo così profondamente maschilista.
La sparizione di Reena che, al contempo, diventa un abile strumento narrativo nelle mani della Chatterjee, che la utilizza ora come MacGuffin volto a sorreggere l’intera struttura delineata dal soggetto, ora inserendo il personaggio mediante visioni surreali a metà tra Lynch e Refn – facendo aleggiare la sua presenza lungo tutta la narrazione di Roam Rome Mein.
Roam Rome Mein: un autentico gioiello
L’opera prima di Tannishtha Chatterjee, recitata tutta in lingua inglese e hindi pur essendo ambientata in Italia con attori italiani, è un piccolo e curioso gioiello cinematografico. Roam Rome Mein riesce infatti a trattare una tematica ampiamente inflazionata nel cinema di genere, in modo intelligente e accattivante. Un film femminista in cui il protagonista assoluto è un uomo alla ricerca del “fantasma” di una donna.