RomaFF14 – Tantas Almas: recensione del film di Nicolas Rincòn Gille
Recensione de Tantas Almas (2019) racconto di denuncia intimo e spirituale, con cui Rincòn Gille ci mostra le atrocità della Guerra Civile Colombiana.
Il cinema riesce a volte a porsi in una netta linea di demarcazione tra finzione e realtà, è il caso ad esempio di Tantas Almas (2019) diretto da Nicolas Rincòn Gille – racconto interamente basato su fatti reali accaduti in Colombia durante la Guerra Civile tenutasi tra il 1998 e il 2002 in America Latina.
La pellicola presentata alla Festa del Cinema di Roma 2019 con protagonista assoluto Josè Arley de Jesùs Carvallido Lobo – è un delicato racconto su un rapporto padre-figlio bruscamente interrotto e nella relativa elaborazione del dolore.
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Tantas Almas racconta infatti del protagonista omonimo che in Colombia, sulle rive del fiume Magdalena nel 2002, rientra nella sua casa in mezzo alla giungla dopo una lunga pesca notturna per scoprire che le forze paramilitari hanno ucciso Dioniso e Rafael – i suoi due figli – e gettato i loro corpi nel fiume.
José inizia un viaggio solitario per recuperare i corpi e dare loro una degna sepoltura, evitando così che le loro anime rimangano intrappolate in questo mondo.
Tantas Almas: Morte e Pulizia
Tantas Almas si caratterizza da subito per una cifra stilistica d’altissimo livello, a partire da una messa in scena poetica sul cui sfondo echeggiano le atrocità perpetuate al popolo da parte della sopracitata Guerra Civile. Per una narrazione esaltata da una visione ben definita, quella di Rincòn Gille data da un uso sapiente di luci naturali volte ad attenuare le atrocità dell’ambiente, e da una regia che tra panoramiche, piani totali e medi sa ben gestire la delicatezza di un racconto narrativo di tale portata.
La narrazione di Rincòn Gille pone infatti il proprio focus sul vecchio pescatore Josè, il cui evento traumatico in apertura di racconto, lo porterà a realizzare un’esteriorizzazione del viaggio dell’eroe volto non tanto alla costruzione del personaggio, quanto piuttosto gestito sulla base degli stadi dell’elaborazione del lutto. Un viaggio volto a riportare l’ordine nella sua vita e nelle anime dei propri figli prematuramente scomparsi. Un espediente suggestivo e brutale, volto a mostrarci lo stato di assoluta povertà in cui versano i protagonisti, vittime di pulizie etniche di un’organizzazione paramilitare populista che si firma con il manifesto Morte e Pulizia.
Con Tantas Almas emerge un doveroso racconto di denuncia delle atrocità commesse nei confronti del popolo colombiano, ma anche intimo e spirituale, in cui si accetta con rassegnazione il dolore e di tutto ciò che accada perché frutto della Volontà di Dio trovando però delle soluzioni di petto a come affrontare il dolore.
La preghiera – per Rincòn Gille – diventa così, nel silenzio del dolore del protagonista, come un atto doveroso di salvezza, in una pellicola in cui il silenzio gioca un ruolo decisivo, in quanto silenzio dell’ambiente scenico ma anche di Dio – risultando quasi Bergmaniano nella sua declinazione.
In termini di scrittura però, la ricerca dei corpi dei propri figli, da parte di Josè, viene scandita da incontri volti a dare dinamismo e nuove (potenziali) prospettive narrative – necessarie per rischiare di non rendere il racconto totalmente statico. Espediente con cui Rincòn Gille riesce a far evolvere il proprio protagonista lungo il dipanarsi della narrazione – rendendolo non soltanto un uomo distrutto dal dolore, ma un uomo che lentamente accetta la sua penosa missione, per il bene di sé e della sua famiglia.
Tantas Almas: andata e ritorno dall’inferno
Tantas Almas è un racconto di dolore a camera fissa da parte di un padre a cui sono stati strappati via i suoi figli, e sulla sua lenta elaborazione – una narrazione certamente di difficile fruizione per il grande pubblico, specie per le tematiche trattate e le emozioni in gioco, ma al contempo capace di toccare corde dell’animo umano altrimenti inavvicinabili – in un viaggio andata e ritorno negli abissi dell’inferno colombiano.