RomaFF14 – Nessun nome nei titoli di coda: recensione
Presentato alla Festa del Cinema di Roma, il documentario diretto da Simone Amendola ci porta negli studios di Cinecittà per mostrarci il lavoro e la vita personale di Antonio Spoletini, leggenda per gli addetti ai lavori ma ombra nascosta per il pubblico generalista.
Presentato alla Festa del Cinema di Roma, il documentario diretto da Simone Amendola, Nessun nome nei titoli di coda, ci porta negli studios di Cinecittà per mostrarci il lavoro e la vita personale di Antonio Spoletini, leggenda per gli addetti ai lavori ma ombra nascosta per il pubblico generalista.
Nel 2019 continua a esistere l’opinione, ancora diffusa presso larga parte del pubblico, che un film sia semplicemente un’opera combinata di regista e attori, lasciando in disparte e dimenticando il vasto mondo di persone che lavorano nel dietro le quinte di una pellicola. Negli ultimi anni, si è iniziato a prestare più attenzione al ruolo imprescindibile degli sceneggiatori, senza i quali un film non potrebbe mai prendere vita, e a notare l’importanza dei direttori della fotografia che decidono di conferire determinate forme e colori alle immagini. È poi da sottolineare il rinnovato interesse che sta prendendo piede nei confronti dei compositori delle colonne sonore, i quali stanno godendo, con il passare degli anni, di un nutrito gruppo di seguaci che supportano il loro lavoro a prescindere dai film in cui sono coinvolti.
Nonostante queste nuove consapevolezze, ci sono ancora tantissime figure del cinema che vedono il proprio operato dimenticato dai più, quali, per citarne solo alcuni, montatori video, truccatori, scenografi e tecnici del suono e degli effetti speciali, dei quali ci si ricorda solo una volta all’anno in occasione delle consuete premiazioni agli Academy Awards. La stessa mancanza delle categorie sopra citate in altre cerimonie, come i Golden Globes che tutt’oggi si focalizzano solo sui premi più rinomati, è una prova del disinteresse ancora radicato per alcune figure chiave della cinematografia e che ancora mancano di riconoscimento per il duro lavoro svolto. Tra tutte queste figure dimenticate troviamo anche il soggetto del documentario diretto da Simone Amendola, ossia colui che si occupa del casting, che offre il giusto volto agli attori protagonisti o che si impegna a trovare le comparse più idonee affinché la scena risplenda di autenticità.
Nessun nome nei titoli di coda: l’omaggio ad Antonio Spoletini e a Federico Fellini
Antonio Spoletini. Un nome che non ha bisogno di presentazioni all’interno dell’industria cinematografia e tra coloro che lavorano nel dietro le quinte delle produzioni filmiche, dalle più piccole alle più imponenti e prestigiose, ma che, con buona probabilità, non riscuote la stessa rinomanza da parte del pubblico. Un fantasma sul lato nascosto dello schermo con un’illustre carriera alle spalle ottenuta nel corso di più di sessant’anni di lavoro, ma che passa in sordina se si esce fuori dal set. Un’ombra senza la quale molti film che conosciamo e amiamo non sarebbero stati gli stessi.
Tante sono le storie che potrebbe raccontarci dai suoi inizi negli anni ’50, gli anni d’oro del cinema italiano che rappresentava un orgoglio internazionale: sin dalla prima scena spiccano titoli celebri, come Il gattopardo di Luchino Visconti, il western Giù la testa di Sergio Leone e Amarcord di Federico Fellini, fra le centinaia di vecchie e care pellicole che riempiono gli scaffali delle cineteche. Allo stesso modo, ci vengono presentati frammenti di set opposti tra di loro: si passa dal casting per il prossimo film diretto da Fernando Meirelles intitolato The Pope, con protagonista il grande premio Oscar Anthony Hopkins, che vediamo brevemente stringere la mano a Spoletini nel documentario, a una pellicola dallo sfondo ospedaliero fino a un lavoro dedicato al tema dei migranti che si stabiliscono in Italia per poi finire sulle orme dei centurioni romani.
Nessun nome nei titoli di coda e l’importanza degli attori di sfondo
Nessun nome nei titoli di coda non si pone però come mera rappresentazione di ciò che accade negli studios di Cinecittà e del lavoro quotidiano di Spoletini ma entra anche nella sua sfera personale, di cui vediamo granelli sparsi tra un set e l’altro. Scene della vita privata di Spoletini, come visite mediche di controllo o esercizi di stretching nella calma della sua abitazione, vengono intervallati ai suoi racconti del periodo d’oro della cinematografia italiana, i cui nomi ancora oggi provocano un boato di stupore presso il pubblico in visita agli studios romani. Il documentario si erge su un delicato equilibrio tra la raffigurazione della vita e della professione di Spoletini e il ricordo di grandi del passato, come Pierpaolo Pasolini, Orson Welles e, soprattutto, Federico Fellini, per il quale Antonio è stato storico collaboratore. Tra le tante pellicole del maestro, però, una in particolare è rimasta nel cuore di Spoletini, ossia Roma, unico caso in cui l’uomo è riuscito a condividere il set con tutti e quattro i suoi fratelli.
“Io e i miei fratelli abbiamo fatto il cinema vero.”
– Antonio Spoletini
Attraverso un racconto dallo stile semplice e asciutto, privo di fronzoli e ornamenti per arrivare dritti al nocciolo della narrazione, ci si sente come spettatori inconsapevoli della vita e della carriera di un uomo che ha tanti aneddoti da rivelare sul cinema italiano e internazionale, recente e del passato, e che finalmente può essere il protagonista assoluto di un film a lui dedicato, che ha la sensazione di una sorta di rivincita per gli anni trascorsi nell’ombra. Le problematiche a cui egli va incontro, set dopo set, dal più grande al più piccolo, sono vivide e reali, ma lo sono altrettanto le difficoltà più personali, come la ricerca di una copia della pellicola di Roma da tramandare ai propri nipoti. Proprio il ricordo del passato, e di Fellini, di cui riviviamo i funerali in pompa magna grazie a scene di repertorio, sono il cardine fondamentale su cui si dispiega l’intera storia, alla ricerca di un cinema vero, come lo definisce Spoletini, che forse non esisterà più. Nonostante egli abbia lavorato per importanti produzioni hollywoodiane, basti citare Gangs of New York di Martin Scorsese, nessuno riesce ad accendere i suoi occhi e risvegliare il suo fervore come il ricordo di Fellini, ma soprattutto le memorie di quell’unica opera in cui la sua famiglia era unita come non mai e il cui lavoro collettivo è rimasto impresso indelebilmente su pellicola, così da non essere mai dimenticato, perfino da coloro che non li conoscevano.
Nessun nome nei titoli di coda è un viaggio nel ricordo di un cinema del passato che non potremo mai dimenticare e nel dietro le quinte della vita di un uomo che ha dedicato la sua intera esistenza al cinema, ottenendo infine un’opera tutta sua in cui essere il protagonista assoluto e il primo nome tra i titoli di coda.