Life on the Line: recensione del film con John Travolta e Sharon Stone
Life on the Line è un thriller drammatico che presenta una sceneggiatura zoppicante e un cast di super attori.
Life on the Line (2015) il thriller drammatico firmato dalla regia di David Hackl vanta un cast eccezionale. Primo fra tutti citiamo John Travolta, passando per Kate Bosworth, Devon Sawa, Gil Bellows fino ad arrivare a Sharon Stone.
Il regista David Hackl, aveva esordito dietro la macchina da presa con il sequel della saga horror Saw 5 (2008) e firmato, in seguito, l’action-adventure Il labirinto del Grizzly (2015), non dimostrandosi sempre a suo agio con una messa in scena più statica, cerca così di adattarsi agli stereotipi del filone con dei risultati più o meno riusciti.
Il film narra le vicende di un squadra di uomini che lavora alla rete elettrica, tra il pericolo costante dell’alta tensione e la lotta quotidiana per mantenere le donne amate. Un lavoro affrontato con la dedizione e il coraggio che caratterizzano i veri eroi, fino a quando le loro vite vengono messe in serio rischio a causa di una tempesta inaspettata e incontrollabile.
Life on the Line: ispirato a un storia vera
Il film, ispirato a una storia vera, ruota intorno alle figure professionali dei guardafili, fondamentali soprattutto in molte aree non solo d’Oltreoceano, anche se ancora rimangono pressoché sconosciute alla maggior parte della popolazione. E proprio qui si pone il vero azzardo del film che decide di fare di queste figure il suo intero climax; per novanta minuti assistiamo quindi a quello che è il lavoro di queste persone che, tuttavia, al contrario dei colleghi vigili del fuoco o degli agenti di polizia, rischiano di essere personaggi meno spettacolari da un punto di vista puramente cinematografico.
Life on the line in questa scelta scivola e si ritrova, quindi costretto, a intavolare un “gioco” narrativo esclusivamente, dei numerosi attanti coinvolti, dal punto di vista psicologico e fortemente introspettivo. Una scelta che, tirate le somme, si rivelerà convincente solo in parte e in molte occasione rischia di essere un elemento che, invece di alleggerire, appesantisce la sceneggiatura e il ritmo filmico; determinando quello che potremo definire come dei risvolti incoerenti e non omogenei. Questo andamento perdurerà fino al finale che permetterà di ridestarsi da un avvolgente abbraccio di Morfeo, infondendo quel pathos a un’evoluzione narrativa a dir poco piatta e disomogenea.
La love-story che vede protagonisti Bailey (Kate Bosworth) e Duncan (Devon Sawa) si avvale di colpi di scena con il fine di aumentare il crescendo tensivo del finale, così come anche l’astio dello zio nei confronti del fidanzato della nipote, ovviamente destinato verso una rapida risoluzione nel momento clou del film. Il prologo e l’epilogo, che si chiudono con una toccante intervista al personaggio di Duncan, tolgono quindi quell’effetto sorpresa e il racconto finisce così per procedere su una strada ben prestabilita che non svicola mai da quella principale. I meriti vanno quindi alle interpretazioni, con Kate Bosworth bellissima e con una grande intensità espressiva si trova a dover fare i conti con un ruolo a facile rischio di cliché, John Travolta alle prese con eccentrico parrucchino fa del suo meglio e, infine, una Sharon Stone in una perfetta ed eccellente veste da co-protagonista, volutamente trasandata ma affascinante anche dietro il trucco sfatto.