RomaFF14 – Mickey and the Bear: recensione del film di Annabelle Attanasio
La recensione di Mickey and the Bear del 2019, il film diretto da Annabelle Attasio e con protagonisti Camilla Morrone e James Badge Dale.
Mickey and the Bear del 2019 è il primo lungometraggio da sceneggiatrice e regista di Annabelle Attanasio, figlia del noto sceneggiatore e produttore Paul Attanasio, fino ad allora nel mondo del cinema solo come attrice. Il cast è composto da Camila Morrone, James Badge Dale, Calvin Demba, Ben Rosenfield e Rebecca Henderson.
Il film è stato presentato in anteprima il 9 marzo 2019 al South by Southwest, poco dopo Utopia ne ha acquisito i diritti per la distribuzione, che dovrebbe avvenire a partire dal 13 novembre di quest’anno in America, mentre non si conosce ancora la data d’uscita italiana.
Mickey and the Bear è stato scelto per la sezione “Panorama Internazionale” di Alice nella Città, l’evento autonomo e parallelo la 14esima Festa del Cinema di Roma.
Mickey and the Bear: il rapporto tra padre e figlia domina la trama del film
Anaconda, Montana. Mickey Peck (Morrone) è un adolescente dura, forte e tenace, costretta a destreggiarsi tra liceo, casa, lavoro e Hank (Badge Dale), un padre problematico, afflitto da un disturbo post-traumatico dovuto alla guerra in Afghanistan e abbattuto definitivamente dalla perdita della moglie.
Tra i due si è ormai sviluppato un rapporto malato di dipendenza emotiva, alimentato dall’incapacità di Mickey di abbandonare una figura paterna che ha solo lei al mondo, che sta portando la ragazza sempre più a fare le veci della sua defunta madre e Hank a divenire sempre più geloso e possessivo nei confronti della figlia.
Un terribile circolo vizioso in cui Mickey riesce a sopravvivere solo grazie a quei ritagli di tempo che riesce a regalarsi, nei quali si concede di fantasticare su un futuro lontano da casa, magari in un college dal quale si può facilmente raggiungere l’oceano.
Mickey and the Bear: un piccola storia del Montana
Mickey and the Bear è un racconto classico ed equilibrato, che pecca magari di una conclusione un po’ troppo precipitosa, visti i tempi narrativi decisi per la storia, ma in generale ben pensato e funzionante.
La pellicola non è di quelle che si interessando di tavolo rotonde, approfondimenti o denunce dei temi che tratta, ma si preoccupa di raccontare una storia, anche piccola, ma che racchiude comunque al suo interno significati profondi e tocca delicatamente diverse tematiche, ma senza scavare. Anzi, quasi appoggiandosi, quasi sfiorandole, avendo cura di scegliere i punti giusti.
La storia sussurra all’orecchio dello spettatore un’eco misurato di fatti tragici che hanno avuto un risvolto determinante sulla condizione dei protagonisti, così come si muovono all’interno della storia. A questo, ovviamente, si presta molto la figura di Hank, il veterano di guerra infantile, imprevedibilmente bipolare, sempre sull’orlo di esplodere e pieno di un amore malato per la sua ragazza, più che figlia, Mickey.
Questa operazione però non sempre riesce molto bene, per esempio sulla figura della psichiatra e, in parte, anche su quella del ragazzo di cui Mickey si infatua, e forse da questo deriva la scelta di uno scioglimento così repentino. Nel raccontare questo rapporto così complesso, la Attanasio sembra scivolare anch’essa in un circolo vizioso, dal quale decide di scrollarsi con una scelta importante, funzionante nelle intenzioni, ma forse un po’ meno nei modi.
La Morrone e Badge Dale recitano molto bene, impegnati in questo duetto in cui sembra di assistere, appunto, ad un ammaestratore alle prese con un animale selvaggio. La regia li accompagna in questo esercizio, riuscendo a diventare improvvisamente molto intima nelle scene in cui vengono mostrati i movimenti della vita interiore della ragazza. Un film che si dimostra sempre vivo e attento e capace di regalare, in qualche momento, delle trovate veramente carine.
In definitiva l’opera prima della Attanasio è più che sufficiente: un racconto autoriale, perfettamente riconoscibile, con un’anima propria e qualcosa dentro da dire. che non guasta mai.