RomaFF14 – Take Me Somewhere Nice: recensione del film di Ena Sendijarevic
La recensione di Take Somewhere Nice, il primo lungometraggio di Ena Sendijarevic, con protagonisti Sara Luna Zoric, Lazar Dragojevic e Ernad Prnjavorac.
Take Me Somewhere Nice del 2019 è il primo lungometraggio di Ena Sendijarevic, regista e sceneggiatrice di origine bosniaca residente ad Amsterdam, il cui nome ha ottenuto una certa notorietà per Import, presentato alla Quinzaine di Cannes e candidato all’Oscar per il miglior cortometraggio 2017. La Sendijiarevic è sta affiancata da Emo Weemhoff, direttore della fotografia e Lot Rossmarck al montaggio. Il cast è invece composto da Sara Luna Zoric, Lazar Dragojevic ed Ernad Prnjavorac.
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La pellicola è una coproduzione olandese-bosniaca supportata da Pupkin Film, VPRO Television, SCCA/PRO.BA – Sarajevo Center for Contemporary Art. Take Somewhere Nice è stato premiato con il Premio speciale della giuria al Concorso Tiger del Festival del Cinema di Rotterdam ed è rientrato tra i film in concorso al Festival del Cinema di Sarajevo.
Nel nostro Paese è stato presentato nella sezione Panorama Internazionale ad Alice nella Città, evento autonomo e parallelo la 14esima Festa del Cinema di Roma.
Take Me Somewhere Nice: la trama del film
Alma è una ragazza divisa a metà: vive nei Paesi Bassi con la madre, ma le sue origini si trovano in Bosnia-Erzegovina, Paese verso il quale ormai è del tutto estranea. Quando però il padre si ammala gravemente, Alma decide di recarsi in Bosnia per andare a trovarlo. Secondo il piano del suo soggiorno, la ragazza potrà appoggiarsi all’appartamento del cugino Emir, lo stesso che poi la dovrà accompagnare all’ospedale. Il ragazzo però la accoglie in maniera fredda e distante e non sembra avere la minima intenzione di dedicarle del tempo.
Tempo che invece le dedica Denis, il migliore amico di Emir, con il quale Alma scoprirà una travolgente chimica sessuale. Nonostante ciò la ragazza decide comunque di partire per conto suo e perseguire lo scopo con il quale è tornata nel Paese… non farà molta strada. I due ragazzi rintracceranno Alma e tutti e tre insieme cominceranno un viaggio on the road da Sarajevo a Mostar, attraverso il territorio bosniaco, abbracciando un’esperienza che li cambierà per sempre.
Take Me Somewhere Nice: l’immigrata bipolare della Sendijarevic
Take Me Somewhere Nice della Sendijarevic è una pellicola semi-autobiografica che, pur ponendosi importanti interrogativi esistenziali, come l’eterna lotta tra il bisogno di appartenere a qualcosa e la voglia di essere slegati da tutto, decide di rimanere nell’orbita di una narrazione delicata, romantica e dai toni quasi fiabeschi. Finendo con l’ottenere un film “bipolare” come la sua protagonista.
Alma si trova infatti a vivere in una situazione paradossale, generata dalla coesistenza di due realtà parallele: quella di immigrata in Occidente senza avere una reale casa in Oriente. Uno status che si riflette fortemente sul comportamento del personaggio, rendendolo imprevedibile e in continua evoluzione, giustificando date peculiarità con il momento di crescita delicato di una ragazza ancora vergine di esperienze, ma famelica di intraprendere nuovi percorsi. Con il passare del tempo la ragazza dovrà decidere cosa diventare, se una “normale” ragazza olandese o una nuova adolescente jugoslava del dopoguerra, in gioco c’è l’equilibrio della sua vita.
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Il merito della Sendijarevic è quello di aver elevato un film piccolo, crudo e abbastanza “grezzo” in alcuni passaggi in una storia dall’eco universale. La regista è stata molto aiutata dai suoi tre protagonisti, tutti quanti esordienti, capaci di dar vita a un connubio di carisma e ironia, con un tocco di romanticismo malinconico e ingenuo. L’estetica ottenuta da Weemhoff è votata ai colori pastello, in grande sintonia/contrasto con la desolante realtà bosniaca, ottenendo una stilizzazione quasi irreale della messa in scena.
Take Me Somewhere Nice è un film ibrido, che per tutto il minutaggio cerca di fare un passo in avanti verso l’equilibrio, ma che ci riesce solo quando accetta di lasciarsi qualcosa dietro. Di conseguenza la pellicola diventa affannata, dal respiro corto e in continua rincorsa. Un’opera che segna una crescita, ma che ancora deve arrivare a un piano stabile e concreto.