RomaFF14 – The Vast of Night: recensione

La nostra recensione di The Vast of Night, film di Andrew Patterson che si ispira ai toni e ai contenuri di The Twilight Zone di Rod Sterling.

The Vast of Night è un film di Andrew Patterson e interpretato da Sierra McCormick, Jake Horowitz, Gail Cronauer, Bruce Davis, Cheyenne Barton e Gregory Peyton. Il film è stato presentato in concorso alla quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

The Vast of Night, un film ispirato al mondo di Rod Serling

Anni ’50, Nuovo Messico. Gli abitanti di Cayuga, una piccola città dello Stato, si radunano per assistere a una partita di pallacanestro, unico evento che sembra animare il luogo in una desolata sera estiva. Fay (Sierra McCormick) ed Everett (Jake Horowitz), rispettivamente una centralinista e uno speaker, sono impegnati invece nella loro attività radiofonica, seguita da tutti i (pochissimi) abitanti della cittadina. La serata, per i due ragazzi, si rivela ben presto anomala. Strane interferenze cominciano ad apparire fra le frequenze radio; Everett e Fay, con l’aiuto del suo nuovo registratore, decidono d’indagare su cosa si celi dietro lo strano avvenimento, venendo a capo di qualcosa di più grande di loro.

The Vast of Night cinematographe.it

Il segmento musicale che apre The Vast of Night ricorda da vicino la sigla che, a ogni episodio, apriva le inquietanti avventure di The Twilight Zone, punto di riferimento del film di Patterson. A richiamare quell’universo è anche la cornice di un vecchio televisore in bianco e nero che annuncia il titolo del prossimo episodio di Paradox Theatre, lasciando intendere che quel che vedremo è soltanto uno fra i tanti episodi legati a questa serie fittizia ideata dall’autore. Di seguito, subentra gradualmente l’atmosfera minacciosa di una notte senza luna, che ci accompagna lungo le strade della piccolissima città di Cayuga e introduce i personaggi di Fay ed Everett, tramite dialoghi fluviali e incalzanti con i loro coetanei, che abbozzano il loro microcosmo.

The Vast of Night: una brillante metafora sulle insidie della tecnologia e della rete

La scoperta dei due protagonisti è qualcosa cui ci si avvicina per gradi, senza urgenza, lasciando al racconto il giusto respiro per la formazione di una tensione che possa accompagnare l’evento centrale.

Il film di Patterson segue fedelmente lo schema strutturale che costituiva il marchio di fabbrica della creatura di Rod Serling che ha cambiato per sempre il panorama cinematografico (non solo televisivo): il fulcro della storia è, anche in The Vast of Night, qualcosa che viene annunciato man mano che il racconto prosegue verso la sua conclusione, facendo sì che il secondo atto sia solo il primo dei due punti di svolta, di cui il secondo, posto nell’epilogo, è radicale.

The Vast of Night cinematographe.it

Concentrandosi sul mistero che aleggia attorno a un’annunciata invasione del pianeta Terra, come da manuale confusa con una potenziale invasione da parte dei Russi cattivi, The Vast of Night si focalizza sulla tematica preminente del genere sci-fi che caratterizza gli anni Cinquanta, tra le fobie e le ansie collettive del tempo. In un flusso costante di comunicazione fra passato e presente, in cui le interferenze paiono giungere dalla nostra realtà quotidiana a quella dei personaggi – significativa la sequenza in cui la protagonista parla dei “tubi sotterranei” e dei “piccoli schermi portatili”, probabili invenzioni future di cui ha letto su una rivista e schernite dall’amico – il film di Patterson edifica una metafora brillante che fa corrispondere all’alieno l’incubo della tecnologia e del social network, che comincia ad affacciarsi prepotente su un mondo che presto, con le insidie della rete che tutto connette e di braccia tecnologiche che si sostituiscono a quelle umane, conoscerà l’inizio della sua fine.

The Vast of Night

La potenza dell’idea basilare attorno cui si compone The Vast of Night, tuttavia, viene in parte annullata da una soluzione finale piuttosto prevedibile, che sacrifica ogni intuizione precedente e banalizza gli intenti dell’opera, finendo così per allontanarsi di netto dalla genialità e dalla chiarezza spiazzante di ogni episodio ideato da Sterling. Si sfocia, dunque, su un finale che guarda più allo Spielberg di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, senza però il supporto di un apparato visivo ugualmente sorprendente – il budget, d’altronde, non lo avrebbe permesso – che possa giustificarne l’estrema semplicità narrativa e accompagnando il racconto con una regia disomogenea e spesso confusionaria.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.7