RomaFF14 – Aga’s House: recensione del film di Lendita Zeqiraj
Il lungometraggio di Lendita Zeqiraj è un'opera prima difficilmente dimenticabile, un'affascinante lettura della femminilità kosovara ai confini del mondo.
La sezione Alice nella città della Festa del Cinema di Roma 2019 ha dato enorme spazio alle storie di grandi donne – e in particolare di coming of age bizzarri e a modo loro suggestivi e innovativi. Non fa eccezione Aga’s House (2019) l’opera prima della regista kosovara Lendita Zeqiraj con protagonisti Arti Lokaj, Shengyl Ismaili, Bashri Lushtaku e Adriana Matoshi, un racconto di formazione dal forte peso drammatico sulla ricerca di sé e del proprio genitore scomparso.
Aga’s house racconta infatti di Aga (interpretato da Arti Lokaj), un bambino di 9 anni kosovaro che vive in una remota montagna della regione di appartenenza assieme a sua madre (Kumria, interpretata da Shengyl Ismaili) e altre donne della comunità. Aga cerca di guadagnare del denaro vendendo sigarette, ma il suo obiettivo è quello di fare il possibile per cercare il padre scomparso.
L’unica figura paterna nella sua vita è Cera (Bashri Lushtaku), un uomo arrogante e brutale che tiene d’occhio Aga, troppo piccolo per capire perché vive in un posto sperduto assieme a tutte le donne. Il realizzarsi di un evento inaspettato, spingerà Aga a prendere parte a una sequenza di eventi volti a scoprire la verità sulla sua vita.
Aga’s house: personaggi unici e dialoghi vivaci
Sin dalle sequenze iniziali è chiaro che ci troviamo dinanzi a un prodotto originale e ricco di sfumature in cui risulta lampante la bontà del lavoro della Zeqiraj – specie in fase di scrittura – a partire proprio dalla presentazione dei personaggi. Le cinque donne protagoniste di Aga’s house (2019) sono infatti personaggi ricchi di sfumature e contraddizioni, guide del protagonista in un angolo remoto di mondo, dove vive una comunità viva e variopinta che ci viene fatta scoprire gradualmente attraverso dialoghi vivaci e brillanti – momenti ilari che sembrano quasi occultare il contesto narrativo di una comunità isolata dal mondo che le protagoniste stesse chiamano “casa rifugio“.
Attraverso una regia vivace e frenetica che predilige i primi piani, Aga’s House si caratterizza proprio per una forte componente intimista in un contesto però drammatico e al contempo ilare e vivo. Per una narrazione che dà libero sfogo al suo ensemble di personaggi tutt’altro che perfetti, immediati, danneggiati, da cui emerge la fervente vitalità dell’Aga di Lokaj – quella di un bambino curioso, intelligente, irrequieto e il suo bisogno ontologico di una figura paterna che gli permetta di crescere e guidarlo nella scoperta di sé e delle sue prime volte.
Tale bisogno scaturisce almeno in parte vista la tipologia di racconto – il rapporto tra Aga e il Cera di Lushtaku, in un surrogato di rapporto paterno con l’unico membro della comunità provvisto d’auto, in un’ambiguità relazionale che oscilla ora nella tenerezza, o nella violenza e fermezza – in una narrazione dallo stile asciutto, di forte intensità visiva, ma che nel suo sviluppo sembra soffrire troppo di un’impostazione da cortometraggio, terreno fertile della regista kosovara.
Aga’s house: Un’opera prima originale e suggestiva
Una narrazione chiaramente fragile e intimista che inserisce un importante elemento “di formazione” del giovane Aga, volto però a essere offuscato nei meandri di cambi di ritmo sostanziali e personaggi dall’animo forte e curioso. Tanto basta però ad Aga’s house per delineare un’affascinante lettura della femminilità kosovara ai confini del mondo – per un’opera prima difficilmente dimenticabile volta a lanciare il talento della Zeqiraj.