Il ritorno del 70mm: i registi che preferiscono la pellicola
Siamo nell’era del digitale, è innegabile, ma la pellicola è davvero morta? I supporti informatici sono davvero in grado di sostituire completamente quelli fisici? La risposta non è così univoca e sembra proprio che il caro vecchio 70 mm abbia ancora qualcosa da dire. Sebbene la maggior parte delle sale cinematografiche in tutto il mondo si sia ormai dotata di sistemi di proiezione digitali, a discapito delle vecchie “pizze”, sempre più registi, controtendenza, stanno mostrando di preferire le atmosfere che solo la pellicola sa regalare, scegliendo di girare direttamente su quel supporto. A riaprire la questione è stato sicuramente Quentin Tarantino, con la decisione non solo di filmare, ma anche di proiettare, il suo ultimo capolavoro The Hateful Eight in 70 mm (clicca qui per vedere il video in cui Tarantino spiega i motivi della sua scelta). Ma quali sono gli altri registi che stanno riscoprendo la pellicola?
La pellicola continua ad affascinare i registi di tutto il mondo
Le prime avvisaglie si notavano già nel 2014 quando, per il suo Interstellar, Christoper Nolan scelse la pellicola. Da sempre restio agli effetti digitali, il regista ha spesso preferito realizzare “alla vecchia maniera” le scene più visionarie dei suoi film. Appartenente allo schieramento dei cineasti propellicola, Nolan ha quindi girato Interstellar in 35 mm, fermamente convinto della migliore qualità visiva rispetto al digitale.
A seguirne l’esempio, nel 2015, sono stati in tanti: il blockbuster Jurassic World, ad esempio, è stato parimenti filmato su pellicola.
Nemmeno Steven Spielberg si è dimostrato immune al fascino del 35 mm, scegliendolo per girare il suo ultimo film, Il ponte delle spie. Il privilegiare la pellicola è stato il frutto di una precisa scelta anche per quanto riguarda Carol, diretto da Todd Haynes in 16 mm, nel quale la pellicola era concepita come “una seconda pelle per le attrici Cate Blanchett e Rooney Mara“, stando alle parole del diretto della fotografia Ed Lachman.
I casi più eclatanti ed emblematici per comprendere la posizione dei registi all’interno della diatriba digitale-pellicola, sono però i “film evento”, i lungometraggi più attesi dell’anno. Forse non lo avreste immaginato, ma Spectre, ultimo film in ordine di tempo della saga di 007 ed interpretato da Daniel Craig, è stato girato su pellicola. Ancora più importante il caso di Star Wars: Episodio VII – il Risveglio della Forza, per il quale il regista JJ Abrams ha imposto l’utilizzo della pellicola per la maggior parte del film.
Come abbiamo visto, pur trattandosi sempre di pellicola, ci sono diversi formati disponibili: perché, quindi, Tarantino ha voluto proprio il 70 mm? Semplice, perché si tratta del formato “meno claustrofobico”. Permette infatti di generare immagini più definite, comprendendo un campo visivo pari quasi al doppio di un 35 mm. Non per niente, il 70 mm è stato scelto, nel tempo, per realizzare diversi film. È il caso del film inglese del 1966 Karthoum, per esempio, ma anche di uno dei capisaldi della cinematografia mondiale: 2001: Odissea nello spazio del maestro Stanley Kubrick. Non mancano, tuttavia, anche esempi più recenti: Paul Thomas Anderson, infatti, nel 2012 scelse proprio il 70 mm per alcune scene del suo The Master.
Emerge, dunque, piuttosto chiara la posizione dei registi: la pellicola è ancora largamente preferita al mezzo digitale. Per molti di essi, infatti, solo il supporto fisico riesce a restituire pienamente allo spettatore il concetto di cinematografia, staccandosi dalla televisione.