Un sogno, una vittoria: la spiegazione del finale del film con Dennis Quaid
Le ultime scene di Un sogno, una vittoria sono una variazione del tema principale; il film vuole dirci che sognare si può e si si deve e, se si sogna in grande, il proprio desiderio può avverarsi.
Una volta James “Jimmy” Morris (Dennis Quaid) era un lanciatore nelle leghe di baseball minori, costretto al ritiro per problemi al braccio, ora, marito (la moglie Lorri è interpretata da Rachel Griffiths) e padre, è un insegnante di chimica nella scuola di Big Lake, in Texas. Ama ancora lo sport, infatti allena una squadra di ragazzi del luogo, i Reagan County Owls; per spingerli a dare il meglio di sé, l’allenatore fa una scommessa: se vinceranno il campionato lui parteciperà a una selezione per tentare di coronare il suo sogno di ragazzo, giocare in una squadra della Major League. Racconta questo Un sogno, una vittoria, il film di John Lee Hancock.
Un sogno, una vittoria: la storia vera di Jim Morris alla base di una parabola sportiva
Il regista parte dalla storia del vero Jim Morris e porta al cinema un film americano per famiglie (nasce sotto l’egida di Walt Disney), quella di Morris è una classica parabola sportiva: parte dal niente, o comunque da una situazione di “inferiorità”, per poi diventare un campione. Il film mostra la morale dell’uomo americano: Jim si fa da solo, riesce a raggiungere il suo scopo con dedizione e determinazione, rappresenta alla perfezione il mito dell’America dove ogni sogno diventa realtà. Un sogno, una vittoria porta già nel titolo il suo significato, si parla di un sogno e della sua realizzazione non solo quella di Jim ma anche quella dei suoi ragazzi. La pellicola è divisa in due parti: nella prima si racconta di come Morris riesca a far vincere il campionato locale alla squadra degli Owls e proprio a questo punto si aggancia la seconda parte del film in cui il regista si concentra sull’uomo e sull’ascesa alla Major League. Il nucleo è sempre uno: il sogno muove l’individuo, sogno che spinge oltre i nostri limiti. Jim, in una scena tipica dei film sportivi, spinge i suoi ragazzi a credere in se stessi, a lottare fino alla fine; proprio dopo le partite perse, i punti presi l’allenatore riesce a spronare la sua squadra e negli spogliatoi dice:
Se non avete dei sogni non avete niente
Intorno a questa frase si costruisce l’intero film o forse proprio questa frase è l’intero film; questo perché Un sogno, una vittoria lavora sempre sugli stessi stilemi, non curandosi troppo delle banalità che mette in scena – la rappresentazione del maschio, macho e machista, duro, puro e spaccone – ma Jim è diverso dagli altri, è speciale: l’uomo porta con sé i figli mentre va alle selezioni mostrando quanto sia legato alla famiglia, sia padre presente.
Dopo aver messo da parte la sua carriera da giocatore a causa del dolore alla spalla, aver deciso di intraprendere la carriera di insegnante, aver insegnato tutto ciò che sapeva sul baseball ai suoi ragazzi, ora Morris decide che è il suo momento e viene inondato da tutta quella felicità (il raggiungimento del sogno). Sembra dirsi, “finalmente è arrivato il mio tempo”, quando iniziano a notarlo, quando il suo lancio diventa qualcosa di cui parlare. Morris così, non più giovanissimo – atleticamente parlando -, si mette in gioco. Nulla è facile – durante le prime partite viene preso in giro perché vecchio, i compagni di squadra mal sopportano il fatto che i giornalisti siano interessati più alla storia di Morris che alla loro – ma ce la fa, non molla nonostante i dubbi, la mancanza della moglie e dei figli. La rivincita avviene quando l’uomo viene chiamato a giocare in una squadra della Major League; è un momento fondamentale nel sua vita. Chiama a casa e chiede alla moglie di tirargli fuori la divisa perché non vuole fare brutta figura tra quelli che contano, parla con il figlio e Jim finalmente può dimostrare al bambino che i sogni ad un certo punto diventano una realtà.
Le ultime scene di Un sogno, una vittoria sono una variazione sul tema, una declinazione del tema principale; il film vuole dirci che sognare si può, si deve e se sogni in grande, ti impegni con tutto te stesso, lavori al tuo sogno puoi realizzarlo. Jim scende in campo, in uno stadio gremito di persone – la moglie, i figli, gli allievi, il padre, coloro che gli vogliono bene – che assistono ad una partita, per lui LA Partita.
Sembra passato un secolo da quando nei piccolo campi lo prendevano in giro per la sua età, lo prendevano poco sul serio, sembra passato un secolo da quando la moglie lo invitava a vivere la realtà – le urgenze quotidiane sono più importanti dei sogni -, sembra passata una vita da quando lui stesso non ci credeva. Lui, sicuro, in campo, gli altri che per un breve o lungo istante hanno fatto parte della sua vita partecipano a quel mistero del sogno che si avvera. Jim è un “eroe”, un personaggio tipico che agli americani tanto piace; la celebrazione avviene quando dopo aver fatto la partita trova non solo la sua famiglia ma tutta la città a festeggiarlo.
L’ultima scena, quella in cui entriamo nella scuola dove l’uomo ha lavorato, in cui nelle teche troneggiano la maglia di Morris e le coppe da lui vinte, è simbolo della stima e dell’orgoglio che gli altri provano per lui e il fatto che Jim ha fatto bene a rimettersi in gioco anche se tutto sembrava essere contro di lui.