La vita possibile: il significato del finale del film con Margherita Buy
La spiegazione dei finale de La vita possibile, il film per la regia di Ivano De Matteo con protagoniste Margherita Buy e Valeria Golino.
Gli eventi, gli ostacoli e gli imprevisti della vita, spesso ci costringono a doverci lasciare alle spalle quello che siamo stati e abbracciare La vita possibile, titolo emblematico del film di Ivano De Matteo, pellicola del 2016 ambientata a Torino con protagoniste Margherita Buy e Valeria Golino. L’importanza di avere alle spalle una famiglia, quanto anche saper scegliere le persone giuste che ci possano supportare e aiutare nei momenti più difficile dei nostri percorsi di crescita, la responsabilità di saper essere madre e donna, sono alcuni degli elementi di riflessione che fornisce la pellicola.
La vita possibile: una madre e il suo bambino in fuga
Anna (Margherita Buy) dopo l’ennesima violenza subita dal marito, dinanzi agli occhi di suo figlio Valerio (Andrea Pittorino), decide di prendere il treno per Torino e trasferirsi momentaneamente dalla sua amica di sempre Carla (Valeria Golino). Carla è un’attrice non affermata che vive da sola, godendo delle piccole gioie e cercando, con l’aiuto della famiglia, di far quadrare i conti a fine mese. L’arrivo di Anna e Valerio porterà un calore di casa e famiglia nella sua accogliente abitazione, al punto da desiderare che restino a vivere con lei. Per Anna e Valerio invece Torino rappresenta una sfida: ricominciare lontano da Roma una vita a loro misura, fatta di sacrifici ma senza ingiustizie, e soprattutto saper scegliere con cura le persone di cui potersi fidare.
Ricominciare cercando e scegliendo i migliori compagni di viaggio
La vita possibile è la storia di una donna che si accorge di aver fallito, e forse di essere stata anche troppo accondiscendente verso un marito che non ha saputo offrirle una vita confortevole in cui preoccuparsi unicamente del suo ruolo di madre e donna. Anna trascorre la vita a difendersi, ma si accorge in tempo che non basta: spesso bisogna agire, a costo di correre anche grandi rischi come quello di fuggire con il proprio figlio, costringendolo da un giorno all’altro a ricostruirsi una vita, oltre che renderlo cosciente troppo presto di amare e scomode verità. Questo coraggio però viene premiato: Anna nella sua fragilità ci insegna che avere rispetto della propria persona, della propria dignità e quindi di se stessi vuol dire mettersi anche nelle condizioni di potersi donare agli altri, ed essere un esempio per i propri figli.
Valerio, suo figlio, sarà proprio lasciando il falso guscio protettivo della famiglia che invece scoprirà la verità sul mondo: un luogo fatto di persone rassicuranti come sua madre, di altre (dis)perse come Larissa e suo padre, ma anche di persone affidabili come Mathieu, l’esempio di un uomo che può aver commesso degli errori, ma capace di riscattarsi.
Non è un caso in fondo che verso la fine de La vita possibile, la mongolfiera sia il simbolo ricorrente scelto dal regista: ognuno di noi sceglie e trova un suo piccolo spazio nel mondo da cui partire e spiccare il volo, alla ricerca in fondo dello stesso attimo di felicità. Pur essendo tanti, su una mongolfiera si può salire in pochi: per questo bisogna scegliere i compagni di viaggio giusti con cui abbiamo deciso di condividere il nostro viaggio, volare via e salvarci dal caos. D’altronde come canta qualcuno “Serve pane e fortuna/ Serve vino e coraggio/ Soprattutto ci vogliono buoni compagni di viaggio”. Per le luci d’America e non solo.