S.O.S Fantasmi: recensione
A Natale puoi, fare quello che non puoi fare mai, canta il famoso spot natalizio.
Puoi addirittura cambiare totalmente personalità e magicamente diventare un benefattore ispirato dai più grandi valori etici e morali.
Sì, è palesemente ciò che definiremmo un’americanata, ma sono le trame semplici e d’effetto, che riempono i nostri palinsesti per circa un mese, e che volenti o nolenti, ci toccano.
In un qualche modo speriamo sia così facile diventare buoni, che anche la più meschina carogna di questa terra scopra – con meraviglia sua e nostra – di avere un cuore; ed è qui, su questo presupposto, che si basa l’intenzione di sfruttare in tutte le salse la storia natalizia più famosa: Canto di Natale di Charles Dickens.
In questo caso, abbiamo una salsa amarognola e grottesca, addolcita dall’interpretazione salvatutto di Bill Murray. Parliamo di S.O.S Fantasmi (Scrooged), ennesima trasposizione di Scrooge (dal nome di Ebenezer Scrooge, il burbero personaggio della storia di Dickens), diretto da Richard Donner, datato 1988.
Il film, ricalca pedissequamente il paradigma di Canto di Natale, eliminando, quasi del tutto, dei fuori tema (se non veicolati da Bill Murray, di cui non ci meraviglieremmo se gli avessero dato carta bianca).
Abbiamo un ricco imprenditore, Francis Cross (Bill Murray), una segretaria ingiustamente bistrattata e un vecchio mentore pentito, direttamente dall’oltretomba.
Francis Cross, che si distingue da Scrooge solo per l’immancabile figura femminile di Claire Philips (Karen Allen), dirige un’emittente televisiva, e la sera della vigilia propone al suo pubblico, un Canto di Natale, metateatrale.
Il cinico e avaro Francis, che odia il Natale, come neanche Il Grinch (film del 2000, di Ron Howard, con Jim Carrey), subirà la stessa sorte di Scrooge, e durante la trasmissione in diretta, attraverserà i tre stadi dell’epifania natalizia; un’epifania, che scruta l’origine di tanta malvagità e che trasformerà il nostro protagonista in un bonaccione, in piena sintonia con il fatato mondo natalizio.
Sono trame spicciole, non ci aspettiamo soluzioni narrative stupefacenti, ma non riusciamo neanche a cambiare canale, quando veniamo catturati dalla loro rete.
È Natale, abbassiamo qualsiasi difesa ideologica e resistenza agli improbabili happy ending, e ci lasciamo trasportare al calduccio, concedendoci qualche risatina, e dosi di speranza infusa da cavallo. Ciò che questo film ci regala in più, è la nota grottesca, che lo distingue da tanti altri casi cinematografici del filone.
Forse una scelta stilistica, che mira a compensare la carenza innovativa, che in ogni caso sortisce il suo effetto premendo l’acceleratore sul suo lato oscuro.
D’altronde, un personaggio come Francis Cross, che sembra forgiato nel cinismo e nell’avarizia, dall’ineguagliabile impronta caratteriale di Murray (l’equivalente di un treno in corsa), non può che essere scarrozzato da un tassista spericolato, picchiato da una fatina e terrorizzato dalla Morte in persona, per poter considerare di tornare sui propri passi ed avere questa benedetta epifania.
Insomma, una pellicola, che non lascerà un segno indelebile – a meno chè non lo abbiate visto da bambini e vi abbia lasciato ricordi che mescolano risate e immagini a dir poco grottesche – ma che perlomeno si distaccherà leggermente dalla massa uniforme dei film natalizi, a cui assisteremo per le prossime settimane.