Danilo Monte: intervista al regista di Nel mondo, un film “cosi corporeo e viscerale”
Intervista a Danilo Monte, il regista di Nel mondo, presentato in anteprima nel concorso del Filmmaker Festival 2019
È stata tra le visioni più emozionanti e intense della 39esima edizione del Filmmaker Festival ed è stata Danilo Monte a regalarcela con il suo nuovo documentario dal titolo Nel mondo. Motivo in più per rivolgergli qualche domanda sulla genesi del progetto, sui temi affrontati e sull’approccio registico.
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Come, dove e quando nasce il progetto di Nel mondo?
“Nel mondo nasce come capitolo conclusivo di una trilogia sui rapporti familiari a cui lavoro da qualche anno. Ho iniziato questo percorso umano e cinematografico con Memorie, in viaggio verso Auschwitz in cui ho affrontato il rapporto difficile con mio fratello Roberto e con la mia famiglia d’origine, ho proseguito con Vita nova, in cui insieme a mia moglie Laura D’Amore, ho raccontato il nostro percorso di fecondazione assistita, e infine Nel mondo, dove parlo della vita e della morte perché nello stesso anno in cui è nato mio figlio Alessandro è venuto a mancare prematuramente mio fratello Tullio. Ancora una volta ho deciso di vivere questa esperienza così importante per me, facendola diventare un film da condividere con altre persone”.
Danile Monte su Nel mondo: “nasce come capitolo conclusivo di una trilogia sui rapporti familiari”
L’autobiografia e i legami affettivi sono parte integrante del tuo modo di fare e concepire la Settima Arte, come dei fili rossi che percorrono la tua filmografia da un punto di vista narrativo e drammaturgico. Cosa ti spinge a mettere in gioco te stesso, raccontando la tua vita e non quella degli altri?
“Parlo di me e non di altri prima di tutto perché penso che il cinema sia un’ occasione per mettersi in gioco, per intraprendere percorsi di trasformazione personale e in questo senso la prospettiva autobiografica è imprescindibile. Inoltre in questi anni ho dovuto fare di necessità virtù per portare a termine film radicali come i miei e soprattutto sperimentando un linguaggio cinematografico che mi consentisse di creare un racconto di alta qualità a budget quasi zero. In questo senso la mia vita, la mia casa, la mia famiglia proprio perché così vicini mi hanno consentito da un lato di avere “location e attori” a portata di mano e dall’altro di fare un viaggio profondo e autentico dentro me stesso”.
Danilo Monte su Nel mondo: “Parlo di me perché penso che il cinema sia un’ occasione per mettersi in gioco, per intraprendere percorsi di trasformazione personale”
In Nel mondo entri a gamba tesa e senza filtri, mostrandole dall’interno, le dinamiche di una coppia alle prese con una genitorialità inseguita e raggiunta a fatica; il raccontarle in maniera così onesta e sincera ti ha messo più in difficoltà come regista o come uomo/padre/marito?
“Fare questo film, cosi come i due precedenti, mi ha messo molto in difficoltà in ogni fase del percorso, sia dal punto di vista umano che registico. Mentre facevo le riprese mi sono reso conto di quanto avere un figlio sia una vera e propria rivoluzione e se ti complichi la vita volendo raccontare questa rivoluzione in un film, la frittata è fatta. Durante la fase di montaggio ho avuto poi l’occasione di rivedermi e di metabolizzare il percorso trasformandolo da esperienza di vita in prodotto artistico. Quando poi il film è arrivato sullo schermo e ha incontrato il pubblico non è stato facile mostrare la propria intimità e le proprie fragilità ma devo dire che ho percepito grande immedesimazione ed empatia in sala ed è stata un esperienza che non dimenticherò”.
Mostrando le due facce della stessa medaglia hai creato un giusto equilibrio tra le situazioni più gioiose e quelle più complesse, ma c’è stato qualcosa che non ti sei sentito di filmare e che hai volutamente lasciato fuori campo?
“Alcune cose non sono riuscito a filmarle oppure ho deciso a priori che non le avrei riprese. Per esempio tutto il momento del parto non sono riuscito a filmarlo perché è stato così complicato che la paura e l’apprensione per ciò che stava accadendo mi hanno impedito di pensare al film e, anche se la videocamera era pronta, non ho mai pensato di toccarla. Il funerale di mio fratello non ho mai pensato neanche lontanamente di filmarlo e in tutto il periodo attorno alla sua scomparsa non ho fatto riprese nemmeno ad Alessandro.
Danilo Monte su Nel mondo: “Alcune cose non sono riuscito a filmarle oppure ho deciso a priori che non le avrei riprese”
Il resto è tutto più o meno nel film, una scena avrei voluto non mettere e mi infastidisce tutte le volte che la vedo, ed è quella in cui dico a Laura che ho nostalgia della libertà che avevo prima di avere un figlio e che non capisco il senso di tutte queste privazioni vissute nel suo primo anno. Ma poi, anche grazie a un lungo dialogo con il montatore, mi sono convinto che quella scena rappresenti perfettamente il gesto di un cinema autentico che mette in campo anche i lati più controversi e che quella scena avrebbe potuto raccontare molto bene il momento difficile che stavo vivendo da neo-padre. Oggi non riesco a riguardare quella sequenza perché sono follemente innamorato di mio figlio e della libertà che avevo prima non me ne frega più nulla”.
L’imprevisto nel documentario è all’ordine del giorno. C’è qualcosa in particolare che ti ha colto di sorpresa e che non ti aspettavi durante la lavorazione di Nel mondo?
“Sinceramente non mi sarei mai aspettato che mio fratello venisse a mancare proprio nello stesso anno in cui diventavo padre. Questo avvenimento mi ha sconvolto ma è stato anche in grado di farmi comprendere il valore della vita attraverso la morte. Questo film è anche questo: qualcuno arriva nel mondo e qualcun altro improvvisamente ci lascia e noi facciamo i conti con la sofferenza e la gioia, capendo forse un po’ di più cosa vuol dire essere vivi”.
Con Nel mondo chiudi una trilogia; senti di avere messo in qualche modo un punto, e se sì quale, o pensi di tornare a scrivere nuovi capitoli di questo tuo diario personale?
“No, credo che sia un percorso chiuso in qualche modo e vorrei occuparmi di un tema che non mi coinvolga così tanto dal punto di vista emotivo. Ma penso che il percorso che ho fatto, questo cinema cosi corporeo e viscerale, rappresenti un bagaglio di consapevolezza che mi porterò sempre dietro anche quando racconterò storie di altri”.
Danilo Monte sul suo cinema: “il percorso che ho fatto, questo cinema cosi corporeo e viscerale, rappresenta un bagaglio di consapevolezza che mi porterò sempre dietro anche quando racconterò storie di altri”
Il point of view soggettivo è il linguaggio chiave del racconto, quanto questa scelta ha influito e se ha influito sul montaggio e sulla scrittura?
“Nella fase di scrittura ho lavorato con Alessandro Aniballi, sceneggiatore e amico che mi ha seguito fin dall’inizio del progetto. Con lui abbiamo lavorato cercando di immaginare cosa sarebbe accaduto e, in questo percorso, ci sono state alcune idee che sono rimaste, come la suddivisione in stagioni, e altre cose che, strada facendo, abbiamo capito che non calzavano con il film, come l’utilizzo di una mia voice over. In questo senso, arrivati alla fase di montaggio con Johannes Nakajima, un montatore bravissimo nonché amico e padre a sua volta, abbiamo lavorato per trovare la giusta distanza con il materiale girato, per trasformare le persone in personaggi e la nostra vita privata in una storia in cui tutti si potessero immedesimare. La colonna sonora è stata curata dai Giulia’s Mother e il sound design da Simonluca Laitempergher, artisti eccellenti che hanno contribuito a rendere Nel mondo un’esperienza cinematografica e umana in cui tutti si possono riconoscere. Infine, è forse scontato dire che senza Laura D’Amore questo film non ci sarebbe stato. Lei è stata moglie, madre, protagonista e produttrice del film, nonché punto di riferimento per me e per la mia poetica”.
Registicamente e produttivamente parlando come ti collochi nel panorama documentaristico nostrano e dove collochi il tuo modo di fare cinema?
“Mi colloco sicuramente ai margini del sistema produttivo cinematografico italiano, in senso sia positivo che negativo. I miei film sono difficili da fare e difficili da guardare, ma non lasciano indifferenti: e questo, penso, sia un valore da salvaguardare. Ho una libertà espressiva pressoché illimitata che deve fare i conti con una condizione produttiva desolante: questa apparente contraddizione crea qualcosa di interessante che non può pretendere di “riempire i palazzetti” ma che, se hai l’occasione di scoprirla, può farti vivere un’esperienza unica”.
Danilo Monte sul suo cinema: “I miei film sono difficili da fare e difficili da guardare, ma non lasciano indifferenti“
Ci puoi anticipare qualcosa sui nuovi progetti?
“In questo momento, sempre insieme ad Alessandro Aniballi, sto scrivendo quello che dovrebbe essere il mio esordio nel cinema di finzione. Ho alle spalle un percorso autoriale solido e originale e sono alla ricerca di un produttore disposto a farmi esordire. Una strada in salita che abbiamo appena intrapreso, vediamo dove ci porterà”.