Star Wars: l’Ascesa di Skywalker – recensione del film di J.J. Abrams
Con il nono capitolo si conclude la saga di Guerre Stellari. Ecco la recensione senza spoiler de L'ascesa di Skywalker
Dopo 42 anni la saga degli Skywalker giunge a conclusione. Arriva nei cinema a partire dal 18 dicembre Star Wars: l’Ascesa di Skywalker, ultimo capitolo della “nuova” triologia di Guerre Stellari, nata grazie alla sconfinata fantasia di George Lucas. Per portare a termine la sua missione, J.J. Abrams torna dietro la macchina da presa più impegnativa di tutto il cinema mainstream. Abrams aveva già diretto l’episodio VII, Il risveglio della Forza, per poi passare il testimone a Rian Johnson per Gli Ultimi Jedi.
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Nel cast, tornano gli eroi di questa triologia: Daisy Ridley nel ruolo di Rey, John Boyega in quello di Finn, Adam Driver in quello di Kylo Ren e Oscar Isaac in quello di Poe Dameron. Insieme alle nuove leve, anche Carrie Fisher che torna a indossare i panni del generale Leia Organa, pur avendoci lasciati il 27 dicembre 2016. Il personaggio, il cui ruolo era già stato scritto prima della scomparsa dell’attrice, è stato ricreato digitalmente per poter portare a termine il proprio ciclo narrativo e, dopo aver visto il nono capitolo, risulta chiaro che la sua presenza è preziosa più che mai. Oltre a queste conferme, che si potevano già dare per scontate, anche alcuni inaspettati ritorni.
Star Wars: l’Ascesa di Skywalker, una degna conclusione di saga
Le voci sul futuro della saga di Star Wars lasciano pensare che L’ascesa di Skywalker sia davvero l’ultimo capitolo di una saga lasciata in sospeso per quattro decadi, almeno per quanto riguarda questa linea temporale. Per quanto la Disney co. sia specializzata in sorprendenti rimaneggiamenti di storie date per esaurite (tra reboot e sequel), il film di J.J. Abrams ha tutti gli elementi per poter mettere la parola “fine” alla storia degli Skywalker. Se torneremo in quella “galassia lontana lontana” sarà, dunque, per seguire le storie di altri personaggi e altri tempi.
L’ascesa di Skywalker (tradotto ambiguamente in italiano, dove “The rise of Skywalker” si sarebbe potuto benissimo rendere con “l’ascesa degli Skywalker”) tira le fila della triologia iniziata nel 2015. Tutte le domande disseminate nel corso dei primi due film trovano una risposta, così come un degno finale che risolve una volta per tutte (?) il conflitto interiore ed esteriore che tormentava i personaggi e l’Universo intero.
Guardando ai nuovi spettatori, ma omaggiando i vecchi
Molte delle polemiche nate intorno alla nuova triologia di Star Wars hanno fatto rivoltare gli spiriti nostalgici degli spettatori della vecchia guardia, quelli che seguono la saga sin dalla triologia originale degli anni Settanta. Tra le accuse, quella di replicare pedissequamente gli schemi narrativi dei primi film aggiornando il modello con nuovi personaggi, più “Disneyani” e adatti a un pubblico giovanissimo. Forse proprio per non lasciare neanche uno spettatore scontento (che utopia!) questo ultimo film è una sintesi di tutte e tre le triologie, ma con un occhio di riguardo per l’originale. Lo spettatore ritroverà paesaggi, personaggi, dinamiche già note per chi ha sempre seguito la saga.
Analogamente, anche chi è troppo giovane o meno appassionato e si è approcciato a Star Wars solo con questi ultimi film, potrà apprezzare il racconto di Abrams e il suo gusto per la messa in scena spettacolare. Inoltre, come ogni buon film Disney si trova lo spazio di introdurre un’altra mascotte nel piccolo droide D-O.
Star Wars: l’ascesa di Skywalker parla al cuore dello spettatore
Per andare sul sicuro, Abrams non manca di rispettare alcuni “appuntamenti” che Star Wars ci ha insegnato ad attendere. Corse in astronave in paesaggi desertici, lunghi e spettacolari duelli con le spade laser, missioni apparentemente impossibili che si risolvono grazie al coraggio dei singoli personaggi, stacchetti comici dei droidi: ne L’ascesa di Skywalker si ritrova tutto questo e anche qualcosa in più.
Non mancano dei momenti di sviluppo della trama in cui questa si aggroviglia per poi districarsi con argomentazioni piuttosto deboli. L’uso costante del “presentimento” per giustificare azioni altrimenti inspiegabili, tra le altre cose, è piuttosto abusato. Si può pensare a una tale diffusione della Forza da rendere tutti, anche i “non-jedi”, un po’ sensitivi? Molte soluzioni, piuttosto, sembrano essere accelerate per lasciare spazio all’azione e alle scene madri. Queste funzionano, eccome, ma a discapito di uno svolgimento organico di tutta la storia.
Una serie di scene, però, sono ad altissimo tasso di commozione. Strategicamente, Abrams utilizza i colpi di scena per dare vita ad alcuni momenti-chiave che lasceranno poco spazio alle critiche sulla sceneggiatura, lavorando su tutt’altro livello: quello dell’emotività pura. Insomma, Abrams gioca facile e vince.
In conclusione
Non era facile risollevare una triologia che partiva con alcune debolezze strutturali molto importanti. Su tutte, la scarsa empatia che si crea con la protagonista Rey che non ha il carisma dei personaggi principali delle altre triologie. Per quanto la giovane Jedi compia certamente un suo percorso nel corso dei tre film, il suo non è quel conflitto lacerante tra bene e male con cui Lucas ha abituato il suo pubblico. Questo compito lo assolve Kylo Ren, che si conferma essere il personaggio più riuscito della nuova triologia. Grazie anche all’interpretazione di Adam Driver, acclamato come uno dei migliori attori della sua generazione anche grazie alla performance del recente Storia di un matrimonio, Kylo Ren è il nuovo Darth Vader o – almeno – quanto più si avvicina all’irripetibile personaggio di Lucas. L’ossessione di Kylo nei confronti del nonno – Vader, appunto – si realizza in questo film, arrivando a compimento. L’evoluzione di Kylo Ren – Ben Solo è la più interessante, completa, appassionante e mette in ombra tutte le altre.
La grande lezione de L’ascesa di Skywalker e di tutta la saga di Star Wars è proprio la Forza. Questa energia mistica che pervade l’universo, permettendo di distinguere ciò che è bene e ciò che è male, dà coraggio e consapevolezza di sé non solo ai Jedi, ma a tutti gli esseri viventi. D’altra parte, se si trattasse solo di una guerra tra Jedi e Sith probabilmente Star Wars non avrebbe avuto l’impatto e la persistenza che ha avuto. La vera vittoria è una presa di coscienza collettiva, un rimboccarsi le maniche senza delegare la propria sopravvivenza al valore di questo o quell’eroe. Jedi e Sith altro non sono che la polarizzazione della coscienza umana, che emerge – però – in tutta la sua Forza quando si tratta di difendersi e di abbattere l’oppressore. E questa è la migliore di tutte le storie.