Titans – Stagione 2: recensione della serie TV
Un solido proseguimento degli eventi accaduti nella prima stagione. La squadra dei Titans è combattuta e debole di fronte ad un villain carismatico. La posta in gioco è molto alta in questa seconda stagione disponibile su Netflix.
La prima stagione di Titans, la serie TV prodotta dalla Warner Bros. Television e distribuita in Italia grazie a Netflix, aveva colpito nel segno l’anno scorso. Un materiale che poteva risultare povero di contenuti e privo di personalità, si è rivelato essere uno show vincente con un cast d’insieme ben affiatato. Emerge la patina dark che tanto l’universo cinematografico targato DC voleva evitare, recuperando terreno e guadagnandosi un posto in prima fila tra le serie tv più seguite a Gennaio 2019. Gli ideatori Akiva Goldsman, Geoff Johns e Greg Berlanti ritornano ancora più determinati, proponendo un degno seguito degli eventi accaduti nella prima stagione.
Titans: una seconda stagione molto più riflessiva
Il gruppo di supereroi, capitanati da Dick Grayson/Robin (Brenton Thwaites), si ritrova in seria difficoltà con l’arrivo di Trigon (Seamus Patrick Dever); una minaccia che cerca di assorbire il potere di sua figlia Rachel Roth/Raven (Teagan Croft), un membro importante della squadra dei Titans. La seconda stagione contiene un prologo valido, un trampolino di lancio denso di avvenimenti; prima di presentare un gruppo compatto e ben coordinato, la serie lascia che i singoli eroi lottino con la morale che li spinge a combattere e con la loro indole dettata dal destino.
Questa componente emotiva funge da cassa di risonanza per accumulare una tensione crescente, che verrà distribuita nel corso della stagione. I ragazzi protagonisti cercano di contenere la rabbia e il terrore per nemici imponenti, senza riuscirci a fondo. Il carattere è flebile e lo scotto da pagare per assumere responsabilità più grandi di loro li costringe a riflettere su ciò che sono e rappresentano per la società. Il confine è labile fra buone intenzioni e azione sconsiderate: Titans riesce a presentare una scala di grigi che corrompe l’animo dei suoi eroi. L’aggiunta di due nuovi villain d’eccezione, Arthur Light (Michael Mosley) e Deathstroke (Esai Morales), sono un buon innesto per scaricare la moderata tensione e tramutarla in pericolo costante.
Titans 2 e l’arrivo di Deathstroke
Menzione a parte da riservare a Slade Wilson/Deathstroke; egli è un nemico silenzioso, letale ed estremamente metodico. Stabilisce un piano costruito con dovizia di particolari, che non prevede un attacco frontale verso i Titans. Le intenzioni sono molto più articolate di quanto appaiono, preferendo assistere al crollo emotivo dell’intera squadra. Il Robin adulto deve lasciare il posto a Jason Todd (Curran Walters), un ragazzo pronto all’azione che non ragiona mai lucidamente quando bisogna agire con discrezione. Per Dick la situazione è fuori controllo: mettendosi alla prova nei panni di mentore e insegnante, seguendo le orme di Bruce Wayne (Iain Glen), non riuscirà a mantenere stabile gli equilibri interni che smuovono le fondamenta del gruppo.
La seconda stagione si appoggia a queste delicate dinamiche, alimentate da un cast ben selezionato che sa come adattarsi in un prodotto televisivo più maturo e viscerale. Il ritmo, anche se rallentato in episodi che si dedicano all’analisi di uno o più personaggi secondari, rimane fluido e controllato. Un elemento scenico che spicca all’interno di questa produzione è la Torre dei Titans: esso è sia punto di ritrovo per gran parte del cast, sia un covo di segreti, vicissitudini discutibili e ansie che non possono essere domate. Il pubblico tende ad adottare il punto di vista di Dick Grayson, spaesato e non consapevole dei rischi che corre a riunire una schiera di personalità molto fragili sotto la superficie. Titans prosegue con un arco evolutivo mai abbozzato e degno di essere seguito.
Titans – Stagione 2: la regia è ancora una volta il fiore all’occhiello dello show
Le produzioni targate Dc Universe sono fondate su una direzione efficace, che segue pedissequamente il cammino di protagonisti tormentati alla radice. Con Titans è avvenuta una vera e propria svolta, basata su un gruppo di giovani protagonisti segnati dalle violenze e che esercitano una violenza ancora maggiore. Il limite da porre è da stabilire in corso d’opera, dal momento in cui compaiono in scena avversari potenti e in grado di dominare sulla loro psiche. I registi dietro la lavorazione della serie agiscono in modo tale da valorizzare le imperfezioni e le criticità di eroi che preferiscono l’anonimato e lasciarsi cullare dall’oscurità.
Uno spunto essenziale per infondere carattere allo show, specialmente in sequenze di combattimento brutali e mai incomprensibili a livello formale. La cinepresa cerca in tutti i modi di mantenere la debita distanza dai membri dei Titans, svolgendo il ruolo sia di spettatore attivo ma anche consigliere improvvisato. Si aspetta il momento in cui i personaggi riflettano su ciò che hanno compiuto e sugli sbagli commessi, alternando fasi di lotta esplicita con quella intestina senza soluzione di continuità. Un metodo di lavoro che giova all’economia del racconto, proponendo eroi sconfitti nello spirito e pronti a riemergere se si affidano al sostegno dei propri compagni.