Money Monster – L’altra faccia del denaro: il finale del film
La visione di Money Monster si presta a prospettive diverse, da quella sociale che contrappone ricchi economisti a disoccupati dal futuro incerto, a quella di un racconto d’onore.
Lee Gates e il suo show, Money Monster, devono affrontare un evento mai visto prima quando il giovane Kyle fa irruzione nello studio prendendo il presentatore in ostaggio e facendogli indossare un giacchetto esplosivo: dietro il plateale gesto c’è il crack dell’azienda Ibis, su cui Kyle aveva investito una somma ingente e che adesso vede distrutto tutto il suo patrimonio.
Nella sua stessa situazione ci sono molte altre persone che avevano seguito i consigli di investimento di Gates. Mentre la società addossa le colpe del tracollo finanziario a un problema dell’algoritmo di trading e con il CEO della società irrintracciabile, diventa sempre più evidente che la natura di quanto accaduto sia invece fraudolenta. Quando il capo di Ibis finalmente si palesa nello studio e pubblicamente messo alla gogna, Kyle lo costringe ad ammettere le sue colpe prima di essere ucciso dalle forze dell’ordine. Gates, da iniziale oppositore del gesto del giovane ragazzo, finisce per colpire il CEO con tutta la sua rabbia e frustrazione.
Money Monster costruisce tutto il suo racconto intorno al confronto tra i due personaggi di Lee e Kyle che ha luogo nell’arena mediatica dello studio televisivo su cui si concentrano gli sguardi degli spettatori di tutto il mondo. L’opposizione tra i due è evidente: da un lato un giovane ragazzo che è fidato dei consigli di un affermato e brillante showman per investire soldi che non avrà mai più occasione di vedere: da qui, l’idea di Kyle della gogna mediatica, di sottoporre cioè il conduttore a una pubblica vergogna.
Il finale del film ci mostra in realtà come il loro rapporto si evolva e cambi radicalmente, fino alla conclusione in cui Lee si schiera con la linea difensiva nei confronti di Kyle, accusando il ricco CEO di viltà d’animo oltre che della morte stessa del suo rapitore. A far da catalizzatore per l’evoluzione del rapporto tra Lee e Kyle ci sono l’ufficio stampa dell’azienda (con ha il volto di Julia Roberts) e le telecamere, che contribuiscono a concentrare tutta l’attenzione del pubblico (intra ed extra diegetico) verso i due personaggi, istrioni involontari di uno spettacolo dalla molteplice lettura.
La visione di Money Monster infatti si presta a prospettive diverse, da quella sociale che contrappone ricchi economisti a disoccupati dal futuro incerto, a quella di un racconto d’onore in cui ad avere la meglio a livello intellettuale è l’idea di giustizia (smentita invece dal tragico epilogo della vicenda).
Corruzione e avarizia collaborano con la prepotenza per avere la meglio sull’ingenuità della speranza che si ripone nella fortuna, nella possibilità cioè che per una volta gli eroi possano essere i giusti. Il finale del film mette in luce
proprio questa controversia, questa volatilità dei punti di vista e della cognizione di chi è nel giusto e chi è nel torto, sottolineando inoltre come gli eventi possano succedersi senza rispettare questo principio di giustizia.
L’impotenza e la complicità che Lee Gates prova negli ultimi minuti del film nei confronti di Kyle sono la prova che esiste un mezzo per comunicare tra diversi livelli e diversi ruoli nella società, ma che spesso i filtri che si impongono a una lineare conversazione diventano troppo spessi, talmente tanto da impedire le comunicazioni.
Se è vero che l’istinto e l’impulsività devono sempre essere guidati dalla razionalità, sarebbe anche fondamentale che quest’ultima non fosse orientata a perseguire obiettivi gretti e personali, bensì dovrebbe rifarsi alla stessa volontà di considerare gli altri come se stessi.