Profumo – Storia di un assassino: il significato del film con Ben Whishaw
Profumo - Storia di un assassino, affrancandoci dalla vicenda narrativa e i suoi risvolti, si sofferma su quanto il mondo possa essere raccontato ed espresso attraverso il senso dell'olfatto.
Tratto dal libro di Patrick Suskind, pubblicato nel 1985, il film Profumo – Storia di un Assassino diretto da Tom Tykwer, porta sul grande schermo la storia di Jean-Baptiste Grenouille – interpretato da Ben Whishaw – parigino orfano che scopre possedere un olfatto eccezionale e fuori dal comune. Unico suo modo per entrare in contatto con il mondo, inebriandosi di odori e profumo, decide di dedicare tutta la sua esistenza ad un unico scopo: realizzare il profumo perfetto, l’essenza che riesca a contenere al suo interno tutte le sfumature olfattive del mondo. Comincia così una serie di efferati omicidi per raccogliere le 12 essenze di cui ha bisogno: dodici donne affascinanti, la cui bellezza sarà l’accordo di ogni essenza.
Una sfida letteraria e cinematografica: evocare essenze dalla pagina scritta
Il libro scritto da Patrick Suskind è senz’altro una sfida per qualsivoglia scrittore: raccontare come un uomo possa stare al mondo lasciandosi guidare unicamente dalla percezione del proprio olfatto, che diventa l’unico canale per entrare in relazione con il mondo. Jean- Baptiste infatti non comunica genuinamente con il prossimo se non quando alla fine della sua affascinante quanto triste vicenda, presenta al mondo il suo profumo, l’essenza perfetta macchiata di sangue e morte. Un chiaro messaggio di come spesso la bellezza nasca dalla sofferenza, dal dolore, dalla guerra e dalla bruttezza: lo stesso protagonista, sporco, rozzo e privo d’odore è un uomo deformato e malato che sa vedere e cogliere la bellezza con gli occhi, e sentirne il profumo.
Tutto questo Suskind ce lo racconta attraverso le parole, riuscendo nell’arduo compito di raccontarci non solo una storia, ma di farci sentire l’odore delle sue brutture e bellezze. Occhio e olfatto sono i due canali che guidano lo scrittore e il regista Tykwer che in Profumo – Storia di un assassino punta più che mai, attraverso un’accurata fotografia, sui colori affinché oltre che vedere, ci facciano sentire i profumi, gli odori gradevoli e sgradevoli della Parigi del diciottesimo secolo. La trasposizione quindi dal libro al film, ci conferma ancora una volta lo stretto legame che intercorre tra letteratura e cinema, due codici diversi ma complementari.
Profumo – storia di un assassino: il significato del film
Oltre a soffermarsi su come la bellezza abbia una natura e delle origini a noi sconosciute, e sia capace di nascere anche dal marcio e dal dolore, Profumo – Storia di un assassino, affrancandoci dalla vicenda narrativa e i suoi risvolti, si sofferma su quanto il mondo possa essere raccontato ed espresso attraverso il senso dell’olfatto. E’ quindi la (ri)scoperta e un viaggio verso la conoscenza di un senso che può darci uno sguardo nuovo e diverso sul mondo.
Colto nella sua umanità, Jean-Baptiste è un uomo che nasce senza amore e non lo ricerca nella sua accezione sentimentale di coppia, ma nel senso primordiale del termine: l’accettazione, il riconoscimento da parte dell’altro come essere umano. Nascere quindi senza affetto, per gioco o sfortuna del caso, genera in un essere umano derive imprevedibili: Jean- Baptiste ricerca il potere a spese di chi gli capita sotto mano solo per realizzare quell’essenza perfetta, che potrà diventare l’unico feticcio che renderà nota al mondo la sua esistenza, come essere speciale. La sua può quasi considerarsi un’infanzia prolungata nel tempo, spezzata e mai vissuta.
Il pericoloso e seducente potere della perdizione
Per quanto amara, la fine del protagonista di Profumo – Storia di un assassino, diventa per il personaggio l’unica via percorribile, essendo incapace di gestire il potere seducente che si trova tra le mani: quando infatti sta per essere giustiziato e la sua fragranza nell’aria distrae e fa perdere il controllo agli uomini guidandoli verso l’oblio, Jean Baptiste riesce con lucidità a comprendere l’essenza pericolosa della perdizione.
Sceglie così di lasciarsi morire, inebriandosi e ricoprendosi della sua creazione, diventando tutt’uno con essa, lasciarsi desiderare e divorare per godere del suo ultimo istante possibile di attenzione. E’ nella morte che Jean Baptiste riesce ad esserci e sentirsi presente, tornando alla terra, sua unica madre: alle origini infatti dell’esistenza tormentata del personaggio c’è l’assenza della madre, figura chiave mancata nel suo percorso di vita. Una mancanza che gli impedisce, privo anche di una figura paterna, di rintracciare le chiave per entrare in relazione con il sesso femminile, che per lui resta solo un’accordo inebriante, ma dall’essenza sconosciuta.