Berlinale 2020 – Berlin Alexanderplatz: recensione del film
La recensione di Berlin Alexanderplatz, il sorprendete film di Burhan Qurbani tratto dal libro di Alfred Döblin che rivela un cinema profondo e una narrazione empatica.
“È una cosa triste e stupida dover proclamarsi un rivoluzionario solo per essere un uomo decente“. Intorno a questa riflessione ruota Berlin Alexanderplatz, il film di Burhan Qurbani in concorso alla 70ma edizione del Festival di Berlino. Si tratta di un film che colpisce, un’opera sorprendente che rivela un cinema profondo e una narrazione empatica che coinvolge lo spettatore. Analizza la Berlino moderna e il modo in cui la città tratta gli immigrati, un tema attuale che tocca anche altri paesi del mondo. Il razzismo, l’intolleranza e la paura dell’altro che sono il male della società moderna.
Berlin Alexanderplatz è una versione moderna della storia della lotta originariamente scritta nel classico romanzo di Alfred Döblin, pubblicato per la prima volta nel 1929. È stato adattato una volta prima per la mini-serie di Rainer Werner Fassbinder negli anni ’80. Simile al film Les Misérables di Ladj Ly dello scorso anno, questo film aggiorna un romanzo classico trasformandolo in una storia sugli immigrati neri nella capitale della Germania.
Berlin Alexanderplatz: l’adattamento di Burhan Qurbani del romanzo di Alfred Döblin
Qurbani è nato in Germania, ma la sua famiglia proviene dall’Afghanistan e fa parte del moderno trucco multiculturale della Germania. Porta questa conoscenza ereditaria e la comprensione della vita degli immigrati direttamente nel suo lavoro, e lo esprime attraverso la produzione cinematografica creativa. Tutti i personaggi e ogni aspetto di questo film lo sottolineano.
Il protagonista è un immigrato africano di nome Francis, interpretato da Welket Bungué che viene da Bissau proprio come il suo personaggio nel film. Dopo essere sopravvissuto a malapena al viaggio, tenta di farsi una vita a Berlino, ma finisce negli inferi criminali, vendendo droga per boss criminali senza scrupoli.
Ricorda City Of Gods e raggiunge profondità notevoli, in termini di empatia e narrazione, e il suo commento sulla vita moderna è originale ed efficace. Mostra come certi momenti definiscono quest’uomo e lo cambiano per sempre, anche se lui continua a combattere per sopravvivere.
È anche un film vibrante su come può essere brutale Berlino, specialmente per immigrati e criminali. Qurbani ha uno stile unico e personale per mostrarci la città dal punto di vista di un immigrato e come ogni persona viene trattata diversamente in base alla sua provenienza e al suo stato sociale.
Ogni scena ha uno scopo e non indugia mai troppo a lungo, senza perdere tempo con pause inutili. Berlin Alexanderplatz ha un filo diretto con la realtà, anche grazie alla scelta del cast convincente e naturale. C’è molto da dire, una storia interessante da raccontare che può insegnare molto. Il tema centrale è il tentativo di essere brave persone in un mondo che rifiuta e distrugge le brave persone. Per sopravvivere puoi trovarti a cedere ai modi spensierati e precari della città. In City of God, è Rio de Janeiro; a Berlino Alexanderplatz, è Berlino. E forse, attraverso la compassione, possiamo imparare a costruire una società migliore, che rispetti e apprezzi tutti. Non importa da dove proveniamo o di che colore abbiamo la pelle o cosa dobbiamo fare per cercare di vivere decentemente.