Sergio: recensione del film Netflix con Wagner Moura
Recensione di Sergio, il film Netflix che racconta gli ultimi anni di vita dell’alto funzionario delle Nazioni Unite Sergio Vieira De Mello
Greg Barker aveva già portato Sergio Vieira De Mello sullo schermo nel 2009 con un documentario che ne raccontava la sorprendente e coraggiosa vita all’interno della diplomazia internazionale. A distanza di undici anni il regista torna a dedicare un lavoro cinematografico alla sua figura – nuovamente per Netflix – facendone questa volta un racconto maggiormente drammatizzato, dove la carriera dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite si intreccia alla sua vita privata e alla sua relazione sentimentale con Carolina Larriera, giovane economista divenuta sua collega all’Onu e poi compagna di vita. Ad interpretare De Mello in Sergio è un intenso Wagner Moura, che passa con disinvoltura e convinzione dal Pablo Escobar della serie Narcos ad un grande diplomatico dai sani principi, con al suo fianco l’ormai lanciatissima Ana De Armas, qui ispirata partner del protagonista e prossimamente bond girl in No Time To Die.
Sergio racconta gli ultimi tre anni di vita di Sergio De Mello, intrecciando la sua carriera diplomatica alla storia d’amore vissuta con Carolina Larriera
È il 2003 e Sergio Vieira De Mello arriva in Iraq con un compito che ha accettato con una certa riluttanza, conscio d’essere il più indicato, e forse l’unico disponibile, per svolgerlo al meglio. È stato nominato rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, inviato a Baghdad per monitorare sulla situazione in vista delle possibili elezioni nel Paese, dopo la missione internazionale che ha destituito il regime di Saddam Hussein. È convinto che si tratti di un incarico che lo occuperà per non più di quattro mesi, per poi ritirarsi dalla vita diplomatica e far ritorno a Rio De Janeiro, assieme alla nuova compagna Carolina. Sergio spera di colmare il divario creato dalle forze statunitensi in Iraq, non appoggiando l’occupazione statunitense ma rassicurando il popolo sul fatto che la democrazia fosse in arrivo, però presto il quartier generale delle Nazioni Unite subisce un attacco terroristico che lo lascia intrappolato sotto le macerie. La sceneggiatura, scritta da Craig Barton, già autore di quella di Dallas Buyer Club, ci riporta quindi attraverso flashback e salti temporali al racconto del lavoro che ha condotto De Mello in Iraq e alla nascita della storia d’amore con la donna che era lì al suo fianco, ripercorrendo così gli ultimi tre anni della sua vita. Mentre lotta contro la morte, Sergio ripensa alle decisioni che lo hanno portato a quel punto, così come al suo corteggiamento con Carolina mentre lavorava a Timor Est, dove era impegnato a guidare il processo d’indipendenza di quel territorio dall’Indonesia, in una delicata trattativa tra i ribelli e il governo imperialista indonesiano.
Il film di Greg Barker crea un ritratto sincero del diplomatico brasiliano con un attenzione particolare al lato personale e umano
Il regista costruisce un’opera che delinea la figura di Sergio Vieira De Mello tratteggiandone in primis il lato umano e portandoci nella sua interiorità. Probabilmente anche per differenziare il tipo di contenuto qui presentato rispetto al suo precedente documentario, Barker decide di concentrarsi sugli ultimi anni della carriera del funzionario delle Nazioni Unite brasiliano unendo i tratti salienti della sua azione diplomatica ad un racconto maggiormente introspettivo dei suoi rapporti umani, addentrandosi nella sua vita privata ed in particolare nella relazione con Carolina Larriera. Il film infatti tratteggia si la straordinaria azione, sempre in bilico tra idealismo e pragmatismo, che De Mello ha condotto a Timor Est prima e in Iraq poi, ma lo fa tenendo sempre come fulcro centrale della narrazione la storia d’amore che lo ha legato alla giovane economista. C’è nella pellicola l’evidente desiderio di raccontare la grande umanità di Sergio, dentro e fuori dal lavoro, senza negarne alcuni limiti e problemi, come il matrimonio sfaldato con l’ex moglie e la difficoltà ad avere un buon rapporto coi figli, trascurati in parte per la sua professione. Sta qui il lato più limpido del lavoro di Barker e Barton: mostrare come una persona così retta e mossa da nobiltà d’animo non riesca a gestire certi legami familiari con altrettanta empatia e dimestichezza. Un ritratto sincero che permette di entrare in sintonia col protagonista, di capirne principi ma anche lacerazioni interiori e soprattutto che ne dà la giusta memoria attraverso una forma fruibile ad un pubblico vasto.
Sergio lascia uno spazio eccessivo al lato sentimentale, ma non manca nel fornire elementi di riflessione sulla recente politica internazionale
Il film non è privo di difetti, i salti avanti e indietro nel tempo non permettono fino in fondo una adeguata immersione nella vita del protagonista e talvolta possono penalizzare la chiarezza del racconto, così come i continui stop and go tra i vari episodi rappresentanti frenano in alcuni passaggi il pieno coinvolgimento. Inoltre il lato romantico e sentimentale ha in parte una eccessiva prevalenza nel complesso della storia, tuttavia – come detto precedentemente – la focalizzazione sulla relazione amorosa del rappresentante Onu permette di darne una luce differente rispetto al racconto documentarista e di delinearne il lato umano. In ogni caso non mancano i passaggi in cui viene mostrata in tutta la sua complessità la vita diplomatica, fatta di negoziazioni e compromessi condotti sempre sul filo di lana e in mezzo a tensioni pronte ad esplodere. Lo script poi non si sottrae a uno sguardo critico verso le motivazioni che hanno portato gli Usa in Iraq e il modo in cui hanno condotto le operazioni in Medio Oriente. Sergio sfrutta le peculiarità di un classico biopic per raccontarci una figura che ha avuto un ruolo fondamentale nello scenario internazionale, unendo romanticismo e biografia politica, dandone così un quadro sicuramente non completo ma efficace nel portare l’attenzione e la curiosità sul suo protagonista e le sue azioni.
Sergio è complessivamente un buon biopic che omaggia una figura importante dello scenario internazionale dell’epoca recente e permette ad un pubblico più ampio di poterla riscoprire
È uno di quei film cui si perdonano le imperfezioni, in virtù dell’importanza del contenuto e del messaggio. La chimica tra Wagner Moura e Ana De Armas è palpabile – entrambi carismatici e di gran fascino – convincono e trasportano la relazione dei protagonisti, trascinandola anche oltre i momenti cinematograficamente meno riusciti e superflui del lato sentimentale dell’opera, grazie a due interpretazioni intense e sincere. Quel che conta è il fatto che attraverso Sergio si riesca a dare un’immagine onesta – pur nella sua parzialità – di un personaggio che merita d’essere fatto conoscere, e al contempo si possa fornire uno sguardo sulla nostra attualità e sul recente passato, permettendo di ragionare e aprire gli occhi su un mondo complesso e talvolta crudele. Si lascia il passo all’emozione di un racconto intimo, dove però questa diviene veicolo della realtà e strumento per la celebrazione dei significativi valori di Sergio De Mello. Col suo linguaggio universale, accessibile e stimolante, è possibile che il film porti una parte del pubblico ad approfondire ulteriormente la figura del diplomatico brasiliano, andando oltre quanto evidenziato in quest’opera e avvicinandosi alla narrazione completa operata dal documentario di Barker. Sergio è in definitiva una visione appagante, nonostante i limiti intrinsechi della scelta narrativa operata, sulla vita di un uomo che ha dedicato la sua esistenza alla risoluzione di alcuni tra i più significativi conflitti della nostra epoca.