Squatter: recensione del film di Olivier Abbou
Thriller interessante di produzione francese, ispirato a una storia vera.
Diretto da Olivier Abbou e distribuito in Italia direttamente su Netflix, Squatter è un thriller ricco di spunti interessanti ispirato – purtroppo – a fatti realmente accaduti. Nel cast, molti volti poco noti al pubblico italiano ma non per questo meno efficaci. Convincente il protagonista del film, Adama Niane (qui nel ruolo del professor Paul Diallo) che nella sua carriera vanta per lo più partecipazione a serie tv che non hanno varcato i confini nazionali. Insieme a lui, nel ruolo di sua moglie Chloé, Stéphane Caillard – vista nel ruolo di Charlotte d’Albret nella serie I Borgia.
Squatter, dal paradosso alla violenza
Il film si apre con il rientro a casa della famiglia Diallo, composta – appunto – da Paul, Chloé e dal figlio Louis. Sin dai primi minuti, però, è chiaro che qualcosa è andato storto. Gli inquilini a cui la famiglia aveva subaffittato la propria casa durante i due mesi di vacanza, non hanno nessuna intenzione di andarsene e si sono barricati dentro. Davanti a un muro di gomma, la famiglia fa retro front e parcheggia il camper in un camping vicino, guarda caso gestito da un ex fiamma di Chloé, Mickey (Paul Hamy).
Gli equilibri familiari sono messi a dura prova da questo improvviso e ingiusto sfratto, così come va in crisi la virilità di Paul. L’occupazione abusiva da parte di Eric (Hubert Delattre) e Sabrina (Marie Bourin) si riflette sulla coppia come una mancanza da parte di quello che dovrebbe essere “l’uomo di casa”. Quando, infatti, i Diallo decidono di agire – come avrebbe fatto chiunque altro – per vie legali, i tempi della giustizia si fanno così lunghi ed estenuanti da danneggiarli ancora di più.
Da questa situazione quasi kafkiana, in cui l’ingiustizia è evidente ma resa irrisolvibile dalla pesante macchina dello Stato, si allarga sempre di più la forbice della distanza tra Chloé e Paul, che si confida, per caso, una sera con Mickey. Il balordo trascina Paul in un ambiente che gli è del tutto estraneo, fatto di droga, sesso occasionale, abusi e – cosa più importante – un senso della giustizia sommario e vendicativo.
Un’escalation verso il finale
Su circa un’ora e mezza di film, buoni tre quarti sono una sequenza progressiva di frustrazioni e torti che il protagonista Paul subisce, incassando e imparando piano piano a ribellarsi. La nuova compagnia che si è trovato, poi, lo istiga con i suoi rozzi modi a tirar fuori quello spirito virile che qui si traduce con un “farsi rispettare” della peggiore specie. In altre parole, se lo Stato non ti permette di rientrare nella casa di cui sei legittimo proprietario, allora va’ e prenditela con la forza.
Paul resta affascinato da questo spirito, del tutto alieno alla sua storia di professore liceale cortese e ben educato. Come in molta filmografia de l’homme blessé, che sopporta e sopporta finché non esplode, anche in questo caso il destino (e la gente) si accanisce particolarmente sul personaggio andando a giustificare il finale.
Sopratutto nella prima ora, però si avverte la precisa intenzione di caricare quanto più possibile i nervi del protagonista, per far prefigurare quanto avverrà nell’ultima mezz’ora. Le aspettative, per quanto costruite con uno stile non sempre ineccepibile, sfociano effettivamente in una sequenza molto disturbante, che è esattamente quello che ci si aspetta da un film del genere. Nel complesso, dunque, lo spettatore non sarà affatto deluso.
Squatter: convincente, con qualche nota stonata
Una storia come quella di Squatter (che, ricordiamo, è tratto dalla cronaca) in mano a un autore più maturo di Abbou probabilmente sarebbe diventata un piccolo capolavoro. Il regista, però, si lascia scappare qualche citazione di troppo e, sopratutto, si muove con poca eleganza nella psicologia dei personaggi, che in film come questo è particolarmente importante.
Sopratutto i personaggi maschili del film seguono dinamiche bestiali, secondo la legge di un branco di animali feroci. I maschi alfa restano fino alla fine una sorta di modello per Paul e, anche quando si rende conto della brutalità delle loro intenzioni e prova a distaccarsene, restano comunque sullo sfondo dei suoi comportamenti. Lascia molto perplessi la sequenza che chiude il film, che non sarà rivelata per non fare spoiler.
Al di là degli strafalcioni psicologici, però, Squatter fa quello che un film thriller deve fare: crea tensione e, addirittura, riesce a sconvolgere e a creare immagini che rimangono impresse. Anche in questo caso, non particolarmente originali, ma di forte impatto: le maschere da maiali con cui i balordi irrompono nella casa nella sequenza finale, rendono manifesta la metafora bestiale che aleggia per tutto il film.