Squatter: la storia vera dietro al film Netflix
Il film di Olivier Abbou è tratto da un fatto di cronaca che ha agitato la tranquilla cittadina di Port Leucate nel 2013.
Distribuito in Francia nell’autunno 2019 e arrivato in Italia direttamente su Netflix all’inizio di maggio 2020, Squatter è un thriller francese, diretto da Olivier Abbou e interpretato da Adama Niane, Stéphane Caillard e Paul Hamy.
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Come dichiarato all’inizio del film, Squatter è ispirato a una storia vera. Anzi, il regista tiene a specificare, i nomi sono stati cambiati per rispettare le persone coinvolte. In effetti, guardando il film, si ha l’impressione che una premessa tanto assurda non poteva che essere reale, proprio perché – a volte – la realtà supera la fantasia.
Squatter: analogie tra film e cronaca
In un’intervista del 5 novembre 2019, Abbou chiarisce a quale fatto di cronaca si è rifatto nella scrittura di Squatter. Premettendo che i casi di occupazione abusiva degli appartamenti sono sempre più numerosi, il regista era rimasto particolarmente impressionato da una notizia riguardante due pensionati di Port Leucate, a Sud della Francia, vicino al confine con la Spagna. Esattamente come i protagonisti del film, Paul e Chloé, i due anziani signori, al rientro dalle vacanze, sono stati espropriati della loro abitazione dagli “amici” a cui avevano subaffittato la villetta. Da quel momento, anche questo come nel film, è iniziato un lento braccio di ferro giudiziario contro gli occupanti. I due squatters, in questo caso, erano dei vicini che si trovavano in difficoltà economiche, a cui i pensionati avevano generosamente offerto alloggio durante le vacanze.
Solo dopo tre mesi, e un Natale tristemente passato in camper, la coppia è riuscita ad entrare nella sua villetta. Questo fatto di cronaca, che ha tanto colpito l’immaginazione di Abbou, è avvenuto tra settembre e gennaio 2013. La signora Nadine, la protagonista del caso, ha dichiarato di essere stata psicologicamente provata dall’esperienza, un po’ per la pressione del processo, un po’ per il tradimento degli amici a cui non aveva mai negato sostegno affettivo ed economico.
Le differenze con il film
Per fortuna per la signora Nadine e per suo marito Joël le analogie con il film di Abbou finiscono qui. Per adattare lo spunto tratto dalla cronaca alle dinamiche di un thriller in grado di coinvolgere (e sconvolgere) il pubblico, il regista e sceneggiatore di Squatter ha virato presto verso un’escalation di violenza che nella realtà non c’è mai stata.
Anche l’età dei personaggi è diversa, poiché Paul e Chloé sono una giovane coppia nel pieno delle loro forze e non un paio di stanchi e placidi pensionati. Certo, anche Paul come Joël prova a farsi valere secondo vie lecite e legali. Nel caso di Joël, però, dopo tre mesi di lotte, l’uomo è riuscito ad ottenere giustizia per sé e per sua moglie. Paul, al contrario, perde la testa e decide di farsi giustizia da solo, deluso dal sistema e lusingato dalla compagnia dei balordi del camping.
Abbou fa un buon lavoro di trasformazione della materia prima – la cronaca della coppia di pensionati di Port Leucate – per portare la storia dove gli serve. Va specificato che il regista prende spunto da un evento che ha origine in un grande problema, molto attuale, che riguarda soprattutto le grandi capitali europee: l’emergenza abitativa. Là dove gli affitti sono sempre più alti, gli appartamenti sempre più insufficienti e la povertà in continua crescita, trovare un posto dove stare è un dramma concreto e diffuso. In Italia, per esempio, gli occupanti abusivi di abitazioni private sono approssimativamente 50mila. Si tratta di un fenomeno che, piuttosto che condannare a priori, va capito, contestualizzato, analizzato nelle sue sfumature e differenze.
Squatter di Olivier Abbou trae ispirazione da questo fenomeno per parlare della voracità dell’uomo, quando esce dal tracciato della società, quando diventa vigilante mascherato, quando agisce per rispondere a bisogni immediati e in preda alla rabbia. Non è chiaro quale sia la posizione del regista in merito all’emergenza abitativa, ma – in fondo – il film non si vende per quello che non è, non è un’opera di indagine sociale, ma un thriller discreto che nasce dall’assurdo per arrivare alla banale malvagità dell’essere umano, scimmia nuda che ancora non può permettersi di uscire dal recinto della legalità.