One Child Nation: recensione del documentario di Nanfu Wang

Disponibile sulla piattaforma streaming di Amazon Prime Video, One Child Nation ha conquistato la giuria del Sundance Film Festival.

Il passato della Cina è abitato da fantasmi mai nati. Nanfu Wang desidera ricordarlo al proprio pubblico per tutta la durata di One Child Nation, il documentario da lei co-diretto con Jialing Zhang. Per farlo, decide di ricorrere a parole di un crudo realismo, parole che descrivono in modo terribilmente veritiero la tragedia che ha dato i natali alle generazioni che si sono susseguite in mezzo secolo, tra gli anni Sessanta e gli anni Dieci.

“Diventare madre è stato come dar vita alle mie personali memorie”. Nanfu pronuncia tali parole durante le prime scene del documentario da lei diretto con la collaborazione del collega Jialing Zhang, con il quale la donna aveva condiviso l’esperienza universitaria alla New York University. Once Child Nation comincia così: con il racconto del ricordo che la regista ha della sua patria, della sua Cina. Once Child Nation comincia non come una sprezzante condanna politica, ma come un’intima narrazione della propria esperienza personale.

One Child Nation è un documentario vero, troppo vero

One Child Nation di Nanfu Wang e Jialing Zhang Cinematographe.it

Nanfu Wang e Jialing Zhang sono nati durante l’applicazione della cosiddetta politica del figlio unico, una successione di politiche di controllo delle nascite a cui il governo cinese aveva sottoposto i propri cittadini in un intervallo temporale che va dal 1979 al 2013. Tuttavia, nonostante avessero avuto i propri natali durante tale tragico periodo, i due artisti conoscevano gran poco del dolore che si celava dietro al silenzio di milioni di madri dell’epoca: loro due facevano parte delle famiglie rurali più privilegiate e, proprio per questo, non avevano mai sperimentato quella sofferenza in prima persona.

Ha lasciato la Cina, luogo in cui era nata, per frequentare un college statunitense e non sembrava mai essersi resa conto di quella che era stata la sua fortuna, Nanfu Wang. Primogenita di una delle poche famiglie contadine cinesi ad aver avuto il privilegio di ottenere il permesso per un secondo figlio, Nanfu ha aperto gli occhi e ha realizzato l’eccezionalità del suo status solamente pochi anni fa (precisamente, nel 2016), dopo essere diventata lei stessa madre.

Documentario di produzione americana diretto a quattro mani dai sopracitati registi, One Child Nation riconosce il proprio pretesto, la propria origine in una ricerca personale, in un’esplorazione intima delle proprie memorie. Sin dalle prime scene, appare chiaro che, prima di essere un lungometraggio politico, il film di Wang e Zhang è un racconto familiare che si è successivamente trasformato in una narrazione corale di stampo sociale, il quale è costituito quasi interamente da interviste ritraenti una grande quantità di individui che avevano vissuto in prima persona la tragedia di cui Wang desidera farsi testimone attraverso la distribuzione della sua opera cinematografica.

“Abbiamo solamente potuto intervistare coloro che eseguivano gli ordini”, ha dichiarato la regista. “Gli individui che delineavano le politiche dell’epoca fanno parte del governo centrale – loro sono troppo in alto”. È una frase impregnata di disillusione, quella di Nanfu, che riesce a trasmettere il maggior pregio della pellicola da lei diretta: l’essere trasparente come un diamante.

Verità, non buonsenso

one child nation cinematographe.it

In One Child Nation, non esiste spazio per alcuna censura. Sullo schermo si susseguono volti scavati, incorniciati dalle rughe, individui che narrano i crimini a cui avevano assistito o dei quali erano stati loro stessi i fautori – per esempio, un’ex-ostetrica ammette di aver costretto madri ad abortire e chiede perdono o un’ex “pianificatrice” familiare sostiene di non avere alcun rimorso e di essere fermamente convinta della positività delle sue azioni. Perché, dopotutto, non è forse grazie alla politica del figlio unico che la Cina è migliorata fino a diventare la potenza mondiale che conosciamo oggi? Ma è eticamente corretto sacrificare le vite di milioni di bambini per un bene più alto ed elevato? Il benessere della cittadinanza è aumentato, ma ne è valsa veramente la pena? La Wang non ha paura di porre domande scomode, a tratti contraddittorie: la sua indagine vuole essere una ricerca della verità, non un’indagine del buonsenso. Le banalità, quindi, non fanno per lei.

One Child Nation emerge, quindi, come un documentario in cui le luci e le ombre si mescolano fino a risultare indistinguibili, in cui il concetto di legalità sembra vacillare. One Child Nation evidenzia le torture, gli aborti forzati e le sterilizzazioni, il traffico e l’abbandono di minori, ma non solo: il lungometraggio continua a soffermarsi sulle presunte bontà di cui la pianificazione familiare si era fatta fautrice. Nanfu Wang non ha paura di mettersi a nudo, raccontando una verità –la sua verità– che potrebbe essere disprezzata ugualmente sia dal governo centrale che dall’americano più patriota. Nanfu Wang non ha paura di essere controversa, insicura, complessa, umana.

Grazie al loro immenso coraggio, i registi che hanno realizzato il documentario che ha conquistato il Sundance Film Festival sono riusciti ad offrire al proprio pubblico un affresco complicato e completo della loro nazione, soffermandosi ad analizzare in modo mai banale, mai scontato un capitolo di storia che era stato a lungo rifiutato.

Disponibile sulla piattaforma streaming di Amazon Prime Video, One Child Nation ha conquistato la giuria del Sundance Film Festival, dove è stato presentato in anteprima nel gennaio 2019 e in cui è stato premiato con il Gran Premio della Giuria Statunitense nella categoria ‘Documentari’.

Regia - 4
Sceneggiatura  - 4
Fotografia - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4