In Search of Greatness, recensione del documentario su Amazon Prime
In Search of Greatness, diretto dall’esperto del genere Gabe Polsky, è un’indagine sulla genesi del talento
È lecito chiedersi da dove nasca il talento, in qualunque campo artistico. Lo si fa meno in campo sportivo, dando per scontata che sia una naturale predisposizione fisica a permettere la pratica di una disciplina. Ma per poter eccellere, non basta avere uno strumento, in questo caso il corpo, perfettamente funzionante. Serve altro. Questa è la tesi di In Search of Greatness, il documentario diretto da Gabe Polsky.
Polsky ha un rapporto cinematograficamente stretto con la cultura del sacrificio che è propria della pratica sportiva. Red Army, suo precedente lavoro, è un piccolo gioiello, documentario che racconta l’epopea della più grande nazionale di hockey di tutti i tempi, quella sovietica che dalla fine degli anni Settanta fino alla dissoluzione dell’Unione ha vinto quasi tutto quello che poteva.
Ma dove Red Army raccontava la Storia grazie alle avventure di un team, e più in particolare di sei giocatori diventati leggenda, qui invece si indaga per svelare un mistero.
In Search of Greatness, un thriller sportivo
Cosa fa di un atleta un campione assoluto, una domanda che ha molte risposte, che Polsky cerca interrogando tre straordinarie figure dello sport recente. Wayne Gretzky, uno dei più grandi giocatori di hockey su ghiaccio di tutti i tempi. Jerry Rice, fenomenale wide receiver dei San Francisco 49rs dei record, quelli di Joe Montana, Steve Young e Deion Sanders. E infine Pelè, il grande calciatore brasiliano, uno dei migliori di sempre.
Vere e proprie leggende, diventate tali per una combinazione di fattori determinanti. L’ambiente in cui sono cresciuti, gli stimoli che hanno ricevuto, sin da piccoli, sia all’interno del nucleo famigliare che da parte di chi per primo aveva intuito il loro destino. La naturale predisposizione a uno sport, alimentata anche da una innata passione per il gioco in sé. E una volta cresciuti, la dedizione e la disciplina personale hanno fatto il resto, facendo di loro degli esempi non solo sul campo, ma in seguito anche nella vita.
Polsky analizza tutti questi fattori con l’ausilio di specialisti dei campi più diversi, per arrivare di fatto alla conclusione che, pur applicando ogni singolo ingrediente di questa ricetta apparentemente vincente, non necessariamente il risultato sarebbe quello desiderato. Ogni campione ha una molla diversa che lo spinge ad eccellere. Da Serena Williams a Michael Jordan, passando per Tom Brady, il desiderio di essere il migliore è un fattore che esula anche dalle caratteristiche atletiche. È un atteggiamento innato, quello non può essere fermato.
Lo sport, il grande film della vita
In Search of Greatness è un film appassionante, come lo sono quasi sempre le storie di sport. Non si smetterebbe mai di ascoltarle, si spera sempre di infrangere un record. In questo caso, quello di scoprire il punto più bello, il gesto più atletico, la storia più intima, anche la miseria più triste, visto il sadico voyerismo dei tempi che corrono, di chi, anche solo per un giorno, ha guardato il mondo dall’alto in basso. Polsky conosce bene il meccanismo del “rise and fall”, e lo applica brillantemente, riuscendo in pochi ma significativi momenti a mettere a nudo anche le debolezze degli dei.
Un processo catartico, soprattutto per lo spettatore, non a caso la fabbrica dello streaming punta moltissimo sul prodotto unscripted di carattere sportivo. La mancanza di spettacolo agonistico imposta dal Covid-19 ha fatto il resto. Al posto della Formula 1 ci si può consolare con F1 Drive to Survive. La NBA è surrogata meravigliosamente da The Last Dance, e sono solo due esempi tra molti.
In Search of Greatness è un approccio scientifico a qualcosa di inspiegabile
Non si può fare un calcolo matematico della punizione nell’area piccola di Maradona contro la Juventus nel 1985 al San Paolo. Né possiamo misurare i millimetri che Alberto Tomba limava rispetto agli avversari attorno ai paletti da slalom. Così come è impossibile dare un valore alla gioia, l’emozione e l’adrenalina che questi gesti hanno dato agli appassionati del mondo intero.
È difficile essere un Dio, è il titolo di un bellissimo romanzo di fantascienza scritto dai fratelli russi Boris e Arkadi Strugackij.
Ed è vero.