Clownery: recensione del film horror di Eros D’Antona

Clownery è disponibile dal 26 maggio 2020 su CG Digital, Chili, Rakuten TV, Google Play e Itunes.

Guardando Clownery si ha la sensazione che la locuzione latina Nomen omen, letteralmente Il nome è un presagio, nasconda un fondo di verità. Ben prima dell’elaborazione di teorie del linguaggio e del segno, i Romani avevano intuito l’importanza della parola e in particolar modo credevano che gli appellativi utilizzati per designare una persona indicassero il destino di quest’ultima.

Sembra proprio che Eros D’Antona, regista della pellicola sopracitata, abbia profondamente interiorizzato l’antico concetto scegliendo come titolo del film Clownery, tradotto pagliacciata, termine che sintetizza perfettamente il valore artistico dell’opera. Ma procediamo con ordine, qual è la sinossi del lungometraggio? Cosa lo rende un esperimento fallito?

Clownery: la trama 

Clownery, cinematographe.it

Clownery, disponibile dal 26 maggio 2020 su CG Digital, Chili, Rakuten TV, Google Play e Itunes. Racconta la storia di Emma, ventunenne con un passato traumatico alle spalle che ha radicalmente cambiato il suo carattere, rendendola una persona schiva ed enigmatica. La protagonista ha vissuto un’esistenza tranquilla fino a quando, suo malgrado, è diventata testimone di un atroce crimine commesso dal padre. Quest’ultimo infatti in occasione del compleanno della figlia chiama due pagliacci che intrattengono la piccola con giochi e scherzi. Terminata la performance, gli attori si congedano ma, mentre uno dei due clown è insieme alla ragazza, l’altro subisce un abuso sessuale da parte del padre della giovane. 

L’uomo però viene colto in flagrante e uccide entrambi i pagliacci, sotto lo sguardo incredulo di Emma. Da quel fatidico giorno la protagonista si è allontanata dal padre e non ha più voluto festeggiare il genetliaco. Chiusa nel suo piccolo mondo fatto di ricordi, incubi e paure, la giovane donna ha solo un’amica su cui poter contare. Il già precario equilibrio psichico della ragazza viene definitivamente compromesso dal sopraggiungere di spaventose allucinazioni.

La recensione del film: un horror che non funziona

Clownery Cinematographe

L’accuratezza nell’evitare spunti interessanti è la cifra stilistica di Clownery. Se il trailer del film non lascia presagire nulla di buono, la visione elimina ogni dubbio e lo spettatore ha l’assoluta certezza di essere al cospetto di un lungometraggio deludente. Di pellicole mediocri e senza nulla da dire ce ne sono tante ma quello che stupisce davvero dell’opera diretta da Eros D’Antona è il materiale non sfruttato, i potenziali momenti di suspense abbandonati a loro stessi, nascosti sotto una fitta coltre di scene superflue e spesso insensate. Fallisce sotto tutti i punti di vista: è un horror ma non spaventa, l’intreccio non intriga, il plot-twist è scontato e il ritmo sembra ispirarsi ai lentissimi zombi del grande George A. Romero.

Il film si trascina stancamente tra flash senza alcuna rilevanza narrativa e personaggi che si muovono come stereotipi viventi, elemento che influisce inesorabilmente sulla recitazione. Fin dei primi minuti della pellicola lo spettatore viene pervaso da un senso di straniamento generato dal sospetto di stare guardando una storia assolutamente irrealistica in cui, paradossalmente, i clown malvagi risultano l’aspetto più credibile dell’opera.

Clownery: autopsia di un fallimento

Clownery Cinematographe

Clownery è girato interamente in lingua inglese, scelta assolutamente legittima. Il problema però è che il film è palesemente ambientato in Italia e la patina internazionale stride con il paesaggio urbano circostante. Persino la scuola-università frequentata dalla protagonista ha la classica struttura delle istituti superiori nostrani ma incredibilmente gli studenti scimmiottano il comportamento degli allevi americani. L’età dei personaggi principali non è specificata ma certamente hanno salutato l’adolescenza da anni e il loro vestirsi da teenager ricorda l’incipit di alcuni film per adulti. La regia risulta meccanica, a scatti, desiderosa di riportare alla mente scene che hanno fatto la storia del cinema (una su tutte il water sudicio è un’eco lontana di Trainspotting) ma, inserite a caso e senza particolari guizzi d’autore, risultano completamente scollegate dal resto dell’opera.

Se la sceneggiatura abbonda di frasi fatte e dialoghi imbarazzanti, la colonna sonora tenta faticosamente di ricreare le atmosfere dei film di Dario Argento ma con alterno successo. La presenza di riferimenti ai precedenti lungometraggi di Roberto ed Eros D’Antona appare un atto di pura e gratuita vanità. Proprio poco dopo aver abbandonato ogni speranza alcuni elementi positivi della pellicola stupiscono piacevolmente. La fotografia è nitida, giovane, dai colori accattivanti, gli effetti speciali, nonostante i fondi limitati non hanno nulla da invidiare a film per il grande schermo. È chiaro l’intento del regista: inquietare il pubblico alternando scene di tensione ad altre comiche, operazione ben visibile in opere come La casa, Nightmare – Dal profondo della notte, Scream, Quella casa nel bosco e Chucky. Clownery tenta di percorrere questa strada ma, superando la sottile linea che separa il grottesco dal ridicolo, finisce per dar vita ad uno spettacolo stonato, per nulla divertente.

Regia - 1
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1.5
Recitazione - 1
Sonoro - 1
Emozione - 1

1.1