Biografilm 2020 – This Train I Ride: recensione del documentario
Presentato al Biografilm Festival 2020, This Train I ride segue le storie di tra nomadi dei treni, Karen, Christina e Ivy
Scritto e diretto da Arno Bitschy, This Train I Ride è un documentario di produzione franco-svedese che segue due donne in un viaggio on the road piuttosto inedito. Entrambe, in fasi della vita diverse e con alle spalle un differente background, praticano o hanno praticato una particolare forma di nomadismo, che le porta a spostarsi per lunghi periodi e per lunghe tratte come passeggere-fantasma di treni merci.
Arno Bitschy racconta un fenomeno attraverso le vite e le emozioni di tre persone, Christina, Karen e Ivy, scegliendole e seguendole nel corso di quattro anni di riprese. Si percepisce il legame che il regista crea con i suoi personaggi, così come la grande ispirazione estetica che la storia gli ha suggerito. Riesce a cogliere, infatti, la potente bellezza di uno stile di vita anticonvenzionale e la ritrae in più occasioni con paesaggi e silenzi di grande suggestione. Quando, però, si tratta di dar voce ai pensieri delle protagoniste, mette a frutto la confidenza che è riuscito a creare con i suoi soggetti, avvicinandosi con la camera alle loro emozioni. Da questo lavoro traspare un rapporto sincero, in cui gradualmente le due donne regalano sempre più momenti di vita reale.
This Train I Ride: un’altra idea di felicità
Nonostante dell’identità delle protagoniste si sappia molto poco, si ha l’impressione di conoscere e comprendere pienamente le loro motivazioni. Si intuisce, inoltre, il motivo della scelta di Bitschy dei tre personaggi: partono da due condizioni dissimili e proprio per questo colpisce l’eterogeneità di personalità che si possono trovare in questa condizione di outsider. La più giovane delle tre, Karen, racconta di provenire da una famiglia più che benestante di cui ha rifiutato lo stile di vita. Viaggiare, dunque, è una forma di emancipazione, un modo per mettere alla prova se stessa e scoprire la propria forza. Si muove come una mosca bianca tra quelli che – come lei – hanno l’abitudine di viaggiare per gli Stati Uniti saltando sui treni di nascosto. Sembra voler condurre la propria esperienza in solitaria, senza creare legami ed evitando il contatto troppo ravvicinato: anche col regista che la segue mantiene una certa distanza, fino al momento in cui decide di aprirsi e di rivelare anche i dettagli più intimi e dolorosi del suo passato.
Il documentario di Bitschy ha il gran merito di raccontare dall’interno il senso di una comunità (per quanto spesso individualista e disgregata) che condivide un percorso di vita estremamente difficile, ma che risponde a un bisogno di libertà per loro necessario. Per chi è abituato a considerare una vita sedentaria come l’unico modello possibile, sarà interessante constatare come la felicità – a volte, per qualcuno – possa stare nel non avere una fissa dimora.
Un racconto ispirato e sincero
Se la protagonista più giovane vive la propria esperienza come individuale, la terza donna che Bitschy intercetta e intervista è portatrice di una memoria comunitaria. Ivy ha iniziato il suo viaggio da ragazzina, dopo essere scappata di casa, per concluderlo alcuni anni dopo. Al tempo dell’incontro col regista e delle riprese di This Train I ride, la donna ha cambiato abitudini, ma ricorda con grande partecipazione i suoi anni di nomadismo. Il suo senso di libertà, anzi, l’ha resa la persona che è ora, equilibrata, socievole, amata dagli amici e dalla famiglia. In questo documentario, fa da portavoce per tutti coloro che hanno incrociato il suo cammino e ne rivendica i momenti di felicità condivisa come affermazione della dignità delle loro scelte.
Insieme, le tre donne (oltre Karen e Ivy, anche Christina, che fa la saldatrice in Wisconsin e sale sui treni ogni volta che può) raccontano alcuni aspetti del fenomeno e lasciano intendere che ci sono tante sfaccettature quante sono le persone che si dedicano alla pratica del viaggio-fantasma. Un bel messaggio, da parte del regista, che si avvicina a questa comunità senza alcun afflato di giudizio, anzi: proprio andando a mostrare la personalità di chi i perbenisti tendono a scansare, allontanare e etichettare sotto definizioni grigie e piatte, fa un gran lavoro di sensibilizzazione.
Dal punto di vista tecnico This Train I ride alterna interviste e vita vissuta delle protagoniste, avendo cura di contestualizzare le teste parlanti in un contesto armonioso e narrativo. Un documentario che conferma i parametri del genere, puntando – però – a rendere il suo linguaggio più vicino alla sensibilità del regista. Un buon prodotto artistico su un tema di grande ispirazione.
This Train I ride è stato presentato al Biografilm Festival 2020.