Atto di fede: recensione del documentario di Vittorio Antonacci
Approda direttamente su Amazon il doc del 2018 che ci ha mostrato i preparativi per alcune feste patronali nel meridione.
Luce vivida, inquadrature sorridenti come selfie, siamo pronti per partire in bus attraverso le feste patronali tra Puglia e Basilicata. Uomini a torso nudo si sistemano in camerate improvvisate nelle aule scolastiche. I paesi ospitano così gli organizzatori delle feste di paese, operatori che svolgono mille lavori per mettere su gli eventi che caratterizzano non solo i singoli comuni, ma sostengono la fede in bilico tra il sacro delle statue dei santi e il profano del traffico da gestire. Frotte di famiglie che si assembreranno intorno alle attrazioni degli eventi mondani, come può essere un concerto di Gigi D’Alessio, clou di un’intera estate, o lungo le passeggiate tra bancarelle di noccioline ed elaboratissime luminarie si contrappongono alle processioni.
Per quel che riguarda il lavoro di questi uomini che mettono su feste centenarie Atto di fede sa di piccolo manifesto. In maniera estremamente diretta il regista ci pone tra le luminarie, i costumi e le statue dei santi. Tutte le immagini sono accompagnate da musica di banda. Quei fiati poderosi suonati dagli abitanti appartenenti ai vari comitati organizzatori risuonano da ottoni, trombe e tromboni, sbattono sui piatti e seguono quella ritmica da marcetta intorno alla più ampia popolarità ancora mai perduta. In alcune case, donne listate a lutto aspetta la Madonnina, mentre molte inquadrature di Antonacci seguono alle spalle l’operosità di queste persone.
La fede non viene intesa solo nella devozione a Santi e Madonne, ma fede nel fare qualcosa per tutta una comunità. Nel sacrificare il proprio tempo creando connessione tra le persone. Così si torna a un’Italia quasi rurale, dove l’unione faceva la forza ed essere insieme voleva dire più stabilità, più identità, benessere. Tutti concetti alieni ai nuovi individualismi sottilmente dettati dai social. I bambini ripresi da Antonacci si esercitano alla fisarmonica, non allo smartphone. Una signora riflette in visita ai propri cari al cimitero, il tempo qui ha un altro valore da quello che siamo stati abituati a riconoscere negli ultimi lustri.
Si possono scrutare dietro le sagrestie i parroci che attivano dal sistema hi-fi le campane digitalizzate della parrocchia. Nuovo orribile culturema oramai istituzionalizzato dalla Chiesa 2.0, mentre, microcosmo nel microcosmo, abbiamo anche uno sguardo ai madonnari, artisti di strada che disegnano immagini sacre sull’asfalto, facendo della strada una galleria d’arte senza muri.
Vittorio Antonacci mette l’ethos delle comunità che attraversa, ma confeziona un prodotto non esattamente da cinema.
Il suo minutaggio, 55 giri di lancetta, lo classificherebbe come mediometraggio. In questi casi le sale hanno sempre un problema per stabilire un congruo numero di repliche per giorno, sfasando questo formato ogni precedente format di programmazione. Ma il Covid-19 ha portato anche qualcosa di buono a qualcuno, così questo prodotto approda direttamente sulla piattaforma streaming online di Jeff Bezos. In tempi normali probabilmente avrebbe girato per cineclub, piccole sale d’essai, festival o visioni programmate con ospiti. Amazon gli permetterà un ventaglio di visibilità su piccolo schermo decisamente allettante e diverso. Sicuramente un esperimento nuovo.
Detto questo dobbiamo puntualizzare che lo stile naturalistico di Antonacci, se da una parte si colloca ottimamente come documento socioantropologico che parla di noi Italia, di usi e costumi regionali, di cultura secolarizzata, tramandata da generazioni e applicata alla modernità, dall’altra, in quanto a film non presenta grandi appeal di visione incantatrice o d’intrattenimento. La confezione risulta discreta, anche nella bella luce acciuffata da Gianluca Sansevrino, ma il racconto, montato in questa maniera morbida e rassicurante manca di tensione drammaturgica e lampo inventivo. Così viene fuori come un doc che rischia di non emergere dal mare dei tanti, quindi a rischio dimenticatoio.