Perché la critica non ha capito Warrior Nun? Riflessioni dalla parte dello spettatore
Un giudizio guidato da un'aspettativa mal riposta può, a volte, decretare l'insuccesso di una serie. Warrior Nun però merita una chance.
L’aspettativa è una brutta bestia e forse il motivo principale per cui la critica nostrana e quella estera non ha apprezzato appieno Warrior Nun, la serie Netflix ispirata al fumetto omonimo e disponibile dal 2 luglio 2020. Eppure la serie è piaciuta parecchio al pubblico, tanto che è entrata subito nella top ten dei contenuti più visti di Netflix, battendo anche il tanto osannato The Witcher su Rotten Tomatoes e aggiudicandosi su Metacritic un user score di ben 8.2 contro il 6.4 dato dalla critica.
Quando si fa questo mestiere da tanto tempo spesso è difficile togliersi di dosso i panni di critico e provare ad osservare un prodotto con gli occhi dello spettatore. Uno sguardo differente e forse meno approfondito di chi osserva ogni aspetto di una produzione per trarne un giudizio, ma forse capace di apprezzarne al meglio tutte le sfaccettature. Con questo discorso non vogliamo assolutamente criticare il lavoro dei colleghi o sminuire la capacità di giudizio del pubblico, ma solo sottolineare come spesso la critica di una produzione venga guidata dall’aspettativa.
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Leggendo in rete infatti la prima grande critica mossa a Warrior Nun, e che accomuna un po’ tutti i siti del settore, riguarda l’aspettativa della serie che secondo molti (anche noi) non è stata rispettata.
Come scrive Carlotta Deiana su Movieplayer, ad esempio:
Che cosa ci immaginavamo di vedere? Una serie con un’alta dose di action, in cui la componente fantasy/sovrannaturale fosse ampiamente presente. Al contrario, Warrior Nun spende i suoi primi cinque episodi (su un totale di dieci) concentrandosi sui turbamenti adolescenziali della sua protagonista, che dopo anni di forzata immobilità vuole recuperare tutto il tempo perduto, lasciando il conflitto più importante nell’economia della storia relegato sullo sfondo.
Allora proviamo ad analizzare l’aspettativa dagli occhi dello spettatore: da quel poco che si sapeva Warrior Nun doveva essere tratto da un fumetto fantasy action in cui delle suore guerriere combattono società segrete, demoni e quant’altro per far trionfare il bene. Tutti elementi che la serie rispetta appieno e, per offrire qualcosa di differente a chi già conosceva la storia cartacea, cambia la protagonista e fonde le tematiche fantasy con quelle del teen-drama. In questo modo gli sceneggiatori hanno potuto sviluppare una storia quasi del tutto originale e accontentare anche una grossa fetta del pubblico di riferimento (perché non prendiamoci in giro il teen-drama è un genere che muove tantissime delle produzione attuali).
Affermare quindi che Warrior Nun delude perché non rispetta le aspettative del suo nome, come fa Vinnie Mancuso su The Collider:
Warrior Nun , purtroppo, non è così strano, selvaggio o audace come dovrebbe essere uno show chiamato Warrior Nun.
è come ordinare una carbonara e poi criticare lo chef perché ha scelto di metterci la pancetta al posto del guanciale, il piatto è scarso? Non si mangia? È da rimandare indietro? Assolutamente no, ha un sapore e una consistenza differenti da quanto ci si aspettava magari, ma non delude, anzi!
L’altra grande critica mossa in maniera unanime contro la serie è la mancanza o la scarsa quantità di scene d’azione e di combattimenti. Scrive infatti Diego Castelli su Serialminds:
Warrior Nun, che sulla carta aveva tutte le carte in regola per diventare una gustosissima tamarrata piena di crocefissi da piantare nel corpo dei demoni (…), ci mette davvero poco a rivelarsi una serie poverissima di mezzi e di idee.
Eppure Warrior Nun non scarseggia affatto di combattimenti, ce ne è almeno uno in ogni puntata, ben realizzato dimostrando la cura messa dagli showrunner nel dosare alla perfezione l’azione e il vissuto dei protagonisti. Molti considerano lento lo show criticando il fatto che Ava, ragazza quadriplegica da una vita, una volta ottenuta la possibilità di camminare e usare le braccia voglia godersi la vita invece di andare a indagare sul come abbia avuto questi poteri, sulla natura dell’Aureola, etc. Cari colleghi critici, ma voi cosa avreste fatto se dopo essere stati paralizzati tutta la vita avreste avuto la possibilità di correre su una spiaggia e uscire dalle quattro mura in cui siete stati imprigionati tutta la vita? La risposta, anche se non l’avete messa nelle recensioni è: quello che ha fatto Ava!
La sensazione è quindi quella che la critica, spinta anche dall’accostamento quasi blasfemo delle parole “suora” e “guerriera”, si aspettasse un film Marvel in cui i personaggi appena ottenuti i poteri vanno a spararli in faccia al cattivo di turno così da saziare l’aspettativa con “botte e vindieselate”. Un po’ quello che sottolinea Robyn Bahr su The Hollywood Reporter:
Warrior Nun non è nulla che non abbia mai visto prima ed, esteticamente, nulla che lo spettatore abbia mai desiderato vedere di nuovo. Scialba, cupa e arrancata, la serie non contiene il divertimento kitsch e blasfemo del suo titolo.
I film e le serie Marvel tratte dai fumetti hanno sicuramente creato un vero e proprio pilastro nel cinema e nella produzione televisiva ma non necessariamente quando un prodotto si allontana da questo “sacro” pilastro è qualcosa di scadente. Warrior Nun, che comunque ricorda anche alla lontana le prime serie Marvel di Netflix (come Daredevil) rimane più ancorato alla realtà. La risposta di Ava alla sua situazione è qualcosa di più naturale rispetto alla ricerca dei motivi che l’hanno cambiata, qualcosa di umano. La stessa reazione di un condannato a morte che inaspettatamente e senza un motivo plausibile può scappare dalla sua prigione e tornare a vivere la sua vita. Una risposta vera e funzionale, forse un plus della serie e non un elemento da criticare.
Insomma Warrior Nun esce così, in sordina, all’inizio di questa estate meno calda del solito, martellato dalla critica e con una serie di difetti mossi più che altro da un’aspettativa non mantenuta che da delle vere e proprie mancanze. Ora, sicuramente non ci troviamo di fronte ad una serie da 10 su 10, ma è un prodotto che arriva tranquillamente vicino all’8, con un cast di attori quasi sconosciuti ma capaci di ottime performance, una trama che sa come intrigare lo spettatore, delle perfette coreografie nelle fasi di combattimento e un discorso sulla fede per nulla scontato capace di far riflettere ben oltre le sue 10 puntate.
Se non l’avete ancora visto dategli una chance, perché merita la visione e magari fateci sapere il vostro parere, è bello sentire anche la voce degli spettatori giudicare la critica.