On a les temps pour nous: recensione del documentario con Serge Bambara
La recensione di On a les temps pour nous Serge Bambara, presentato in anteprima italiana al Sole Luna Doc Film Festival.
Nella Storia, quella con la S maiuscola, ci sono molti nomi altisonanti che saranno sempre ricordati come grandi rivoluzionari: da Che Guevara in poi, il mondo si è spesso concentrato sul rapporto che il mondo occidentale ha instaurato nei paesi direttamente interessati. Quello che però è accaduto in nazioni più ai margini delle visioni occidentali è spesso e ingiustamente passato in sordina: On a le temps pour nous riporta l’attenzione appunto su uno di questi casi, vale a dire il Burkina Faso, un Paese rivoluzionato dalle idee democratiche di Thomas Sankara. La figura di quest’ultimo, sconosciuta ai più, ha segnato profondamente la storia dell’Africa, lasciando un prezioso e corposo bagaglio di idee nelle popolazioni che ancora oggi si devono confrontare con continui tradimenti alla democrazia stessa. La letteratura che racconta le vicende di Sankara si concentra soprattutto sul rapporto controverso con il suo compagno di politica Blaise Compaoré, ma nel Burkina Faso contemporaneo ci sono anche alcune personalità che spiccano per il loro attivismo e la forza con cui cercano di spronare i connazionali a battersi per una classe politica giusta e non dittatoriale. È il caso di Serge Bambara, rapper conosciuto anche come Smockey, che ha dedicato la sua intera produzione musicale (e non solo) alla lotta alla tirannia.
Il focus principale di On a le temps pour nous è il senso di legittimità di tutti questi movimenti di richiesta di giustizia: seguendo comizi e canzoni di Smockey, Katy Léna Ndiaye, documentarista senegalese, sottolinea il legame diretto che sussiste tra il passato coloniale dei paesi africani e le lotte attuali, tra gli ideali continuamente traditi del popolo del Burkina Faso e il dovere dei contemporanei di non tradire il sacrificio dei loro stessi antenati. La ferita che evidentemente resta quella più difficile da rimarginare è l’assassinio di Sankara nel 1987, episodio che ha dato inizio a quasi tre decenni di una dittatura che si è nutrita dei meccanismi più meschini a livello politico e relazionale e che ha di fatto tolto le speranze a un popolo che avrebbe solo voluto vedere affermare la propria dignità.
On a le temps pour nous non lascia spazio ad altre opinioni, la verità viene presentata come tale, con una forza assertiva che non permette obiezioni. Questo accade non tanto perché la regista vuole affermare solo la sua opinione o quella di Serge Bambara, bensí perché questi pensieri di giustizia e libertà trovano legittimazione da un lato dal voluminoso lascito storico e culturale delle passate generazioni e, dall’altro lato, vengono confermati dalle grandi migrazioni che la storia contemporanea ha portato all’evidenza di tutti. Le immagini sono tutte volte a dare risalto alle parole, a quei discorsi che confermano come tutto sia collegato: il tradimento di un amico accaduto da oltre tre decenni si traduce anche in movimenti artistici contemporanei, dando forza a un processo lunghissimo che attraversa tutta la storia contemporanea, ma che continua a rimanere in sordina rispetto ai grandi conflitti internazionali. On a le temps pour nous cerca di rimettere tutto in prospettiva, dando valore al passato e immaginandosi un futuro verosimile, tutto attraverso le parole di Serge Bambara e delle sua canzoni. O, meglio, prendendole ad esempio per rappresentare un pensiero costante e multidisciplinare, che abbracci arte, musica, politica e giustizia. Le immagini dei concerti e delle performance si alternano agli scontri per strada, scambiandosi anche il sonoro, in modo da rinforzare quel legame che tiene insieme ogni aspetto della vita quotidiana in un Paese profondamente tradito dai suoi dirigenti, come il Burkina Faso.
Dopo aver viaggiato per molti festival europei, On a le temps pour nous viene presentato in anteprima italiana al Sole Luna Doc Film Festival.