Editoriale | Franca Valeri è morta, ma i suoi insegnamenti sono eterni
Una donna, un'attrice, un simbolo di ciò che vuol dire lottare per i propri ideali, sogni, speranze. Dopo la scomparsa di Franca Valeri il suo pubblico sarà un po' più solo ma ricco di tutti gli insegnamenti che ha lasciato.
Libera. Indipendente. Guerriera. Una pensatrice sagace, una penna affilata e raffinata. Una comica intelligente e arguta che è stata in grado di farsi sentire nel mare magnum della commedia italiana, spesse volte machista e maschilista. Franca Valeri è stata tante cose e per questo si è fatta amare, creando un bacino d’utenza ampissimo: lei è voce, pensiero, risate, è femminismo – nonostante lei non amasse la parola femminista e che per lei l’essere donna fosse secondario al suo lavoro e al suo talento – libero e indipendente – ancora ma qui è necessario ripeterlo – perché non figlio di un’onda, di un movimento ma semplicemente figlio dell’attrice stessa. Il mondo sarà un po’ più solo e un po’ più triste dal 9 agosto 2020, da quando la Valeri si è spenta dopo aver compiuto i suoi dorati e spavaldi cento anni (31 luglio 2020), lasciandoci con un colpo di teatro che solo lei avrebbe potuto fare. La moglie del Cretinetti (Il Vedovo), la sora Cecioni, la signorina Snob, i suoi personaggi teatrali ci hanno insegnato a non temere niente, ad andare avanti, nonostante tutto, spezzando catene, rompendo gli schemi, insistendo e persistendo; così è arrivata nell’empireo, lì dove poche altre donne, nello stesso suo modo – attraverso la risata, la critica dei generi e dei rapporti -, sono arrivate. Tra Sordi, De Sica, De Filippo, Mastroianni, Totò lei non retrocede, anzi, è sempre avanti, deridendo l’essere donna, l’essere uomo e il rapporto tra essi.
Franca Valeri: una maestra in tante cose per le donne e non solo
Franca Valeri è stata la prima donna in tante cose, aprendo la strada a tutte quelle che sono arrivate dopo di lei, in tanti sensi, nel cinema, nel teatro, nella vita e deve essere presa come esempio per la sincerità, l’ironia, la cultura, l’amore per il teatro e per l’arte in genere e la totale assenza di ipocrisia. Lei, icona di intelligenza, eleganza, parola. Lei che non abbassa la testa, lei che sa come e dove pungere. Lei c’è non un passo indietro all’uomo ma accanto; ed è per tutto questo che il pubblico, dopo la sua morte, si sente orfano anche se quello dell’attrice era un congedo quasi annunciato vista la malattia che da anni la tormentava. Dopo la sua morte però ci si sente come se un caro amico ti avesse lasciato, con una disperazione e un dolore profondo perché la sua sobrietà, il suo garbo milanese, il suo mestiere sono indimenticabili. Molti sono gli insegnamenti che ci ha dato, che ci ha consegnato grazie allo stile per nulla retorico, grazie ai libri letti e scritti che l’hanno portata a comunicare al vasto pubblico attraverso una lezione di linguistica, di commedia, senza cliché e tabù. Ci ha mostrato come prenderci poco sul serio, ridere di noi stessi e dell’altro con una perfidia elegante, combattendo gli stereotipi, i ruoli sociali e il sessismo, insito in tutti gli ambienti e anche in quello dello spettacolo.
Franca Valeri: una donna che sapeva fin da piccola cosa sarebbe diventata
Mi rifiuto di essere una vecchia priva di interessi in attesa della morte. Sin da giovanissima sono sempre andata controcorrente. Mi sono sempre impegnata a inventare qualcosa di diverso, di strano, inusuale. Sarò presuntuosa ma non ho rimpianti. Ho sempre fatto le cose che sapevo di poter fare.
Nelle parole di Franca Valeri, nelle interviste, nei suoi libri, si percepisce la forza, il coraggio, la brama di vita, il bagaglio culturale che lei ha sempre coltivato e custodito. La vecchiaia esiste, c’è ma lei l’ha vissuta da sempre come un tappa dell’esistenza che non toglie nulla ma che va vissuta con la stessa caparbietà della gioventù, quella stessa che l’ha spinta a fare grandi cose, cose che sapeva di poter fare. Ad ogni sguardo, con ogni personaggio, dalla Cesira di Il segno di Venere (Dino Risi, 1955) alla Lady Eva di Piccola Posta (Steno, 1955), l’attrice ha mostrato che per le donne tutto è possibile a patto che si sia consce delle proprie capacità, dei propri talenti vivendo in funzione di quelli in una coerenza creativa ed esistenziale. Lei fin da piccola sapeva che sarebbe diventata qualcuno, sapeva che far ridere sarebbe stata la sua arte – molto più difficile del far piangere, come lei era solita dire – e che proprio per e a questo doveva lavorare.
Difficile per una donna? Forse, ma questo non l’ha fermata, anzi; ha scritto, riscritto, recitato e lavorato ancora ai suoi pezzi perché lei è stata un’artista a tutto campo.
Essere anticonformiste e ironiche
Io lotto per l’ironia nella donna, che mi sembra una conquista importante
La Valeri è madre di una ironia universale, è portavoce acuta di prototipi femminili di indipendenza ma anche al contrario di tipiche “sciure” milanesi, si mostra attenta e acuta osservatrice di fenomeni di costume e li racconta ma lo fa sempre con il sorriso sulle labbra. Le sue macchiette sono ritratti storici di generazioni che sanno di verità, che parlano la sua lingua anche perché è autrice lei stessa di molti sketch, di molti suoi pezzi comici, immersi nel contesto politico sociale.
Lei essendo attrice anticonformista insegna alle donne e non solo, a non seguire ciò che la società sceglie ma vivere secondo i loro desideri. Lei con le battute, con le sue faccette, con ogni sguardo, con il suo viso vivo e vibrante produce una mistica del femminile portando sul piccolo e sul grande schermo una letteratura della femminilità ma anche, dialogando con molte figure maschili, della mascolinità.
Raffinata la Valeri usa la lingua a suo uso e consumo, la plasma grazie agli studi fatti. Lei ama dire che: “la comicità non è un dono di natura, è un lavoro del cervello” e il suo cervello non perde mai nulla, è sempre pronto, tanto da diventare il contraltare della giunonica Sophia Loren in un momento in cui essere il suo contraltare può creare dei complessi, essere addirittura un “problema”, invece lei appare sfolgorante con quei suoi capelli corti, il corpo minuto, pronta a disintegrare i maschi a suon di battute a cui loro, figli della propria mediocrità, non riescono a tenere testa.
Franca Valeri: una donna divoratrice di vita fino all’ultimo
La vita è più veloce del previsto. Su molte cose ci si accorge con stupore di essere in ritardo.
Divoratrice di vita, amante del fare, la Valeri soffre l’immobilità, soffre la sedia a rotelle su cui, dopo una caduta, è costretta perché per lei la noia è la fine di ogni cosa ed è proprio questa voglia del nuovo, questa curiosità di affrontare avventure a renderla una donna attiva, pronta a buttarsi a capofitto nel lavoro – fino a pochi anni fa la Valeri ancora recitava a teatro, partecipava agli spettacoli televisivi. Proprio questo suo spirito dovrebbe animare anche il suo pubblico e chi l’ha tanto apprezzata e amata. Una vita spesa per il lavoro, per il suo mondo, il teatro, il cinema e la televisione, per le parole e la risata. Ci ha insegnato a vivere seguendo i nostri ideali, le passioni e i sogni.
Il valore delle proprie idee
In una capitale i teatri si aprono, si custodiscono, si fabbricano, non si chiudono.
Così Franca Valeri diceva la sua, una decina d’anni fa, sul palcoscenico del Valle occupato, quando lei, la Grande Signora del teatro italiano, era salita di fronte al suo pubblico con emozione e sdegno. Insegna così, e dovremmo sempre ricordarlo, l’amore per l’arte, per la cultura, per il teatro.
Lei si esprime e lo ha fatto sempre, anche quando il suo corpo non era più quello di un tempo, quando le sue ossa, la sua colonna vertebrale, le sue mani, non erano più fedeli compagne bensì quasi ostacolo. Lì, su quel palco esplode la guerriera di cui il pubblico si è innamorato. Ferma e carica di passione si “mostra”, non raccontando un personaggio ma lei, le sue idee, quelle per cui, sembra banale dirlo, forse utopistico addirittura, si cambia il mondo: lei, arguta e sorridente, ferocemente sincera.
Franca anche nell’ultima intervista ha parlato della sua famiglia, del padre ebreo e antifascista, raccontando di come la fine della guerra, il 25 aprile 1945, abbia segnato per lei la fine di un incubo terribile e l’inizio della giovinezza e ricorda di come la vista del corpo appeso a testa in giù di Mussolini non abbia generato in lei pietà perché il fascismo l’aveva vissuto, da ebrea, veramente. Parole dure che testimoniano una donna che non si tira indietro, che parla, si spende, dice la sua opinione, lottando a suo modo per i diritti.
Franca Valeri: una donna a cui la morte non faceva impressione
La morte non ci deve impressionare. È una componente della vita, e se ne può sorridere, a costo di accentuarne le conseguenze, le paranoie e i riti. E poi io ho avuto sempre la fortuna d’avere il teatro che mi parlava in tasca, e quando ho perso per strada gli affetti, ho potuto far affidamento su nuovi giovani amici, e sui miei amati animali.
Anche in questo caso la Valeri insegna a non soccombere ma ad andare avanti e questo non vuol dire non soffrire, non piangere, non vivere di malinconie. Filosoficamente l’artista insegna qualcosa che sembra banale eppure non lo è, ci ricorda che la morte è parte integrante della vita, deve essere qualcosa da esorcizzare invece, di cui sorridere addirittura. Nell’ultima intervista, forse per la prima volta veramente provata dagli anni, ammette di avere paura ma di essere anche curiosa di scoprire cosa ci sia dall’altra parte.
Ciò che appare chiaro è quanto le donne debbano essere grate ad una grande artista che ha salutato il suo pubblico con l’ultimo gesto teatrale del compleanno compiuto. E poi la morte. Possiamo immaginarla con quell’aria un po’ di sufficienza, un po’ di compassione e un po’ di tenerezza dirci, rimaneggiando una delle sue battute forse più celebri: “Arrivederci Cretinetti”.