L’Abbraccio. Storia di Antonino e Stefano Saetta: recensione del film
Il regista Davide Lorenzano fa luce su un delitto di mafia "dimenticato": in anteprima al Giffoni Film Festival il documentario di appena sessanta minuti che racconta l'omicidio del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano, con lo sfondo di una Sicilia che si veste della fotografia di Daniele Ciprì.
“Integerrimo ed inavvicinabile”: così viene descritto Antonino Saetta, Presidente della I sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo, ucciso all’età di 65 anni durante la notte del 25 settembre 1988 – insieme al figlio Stefano, all’epoca trentacinquenne – con un agguato avvenuto sulla strada statale 640 che ha l’oscura e meschina firma di Cosa Nostra. Il regista Davide Lorenzano ci mostra in anteprima, fuori concorso, al Giffoni Film Festival 2020 questo documentario di appena un’ora, arricchito dalla presenza di personalità come Antonino Di Matteo ma che soprattutto rende onore alla figura del giudice Saetta attraverso il ricordo dei suoi cari e dei familiari.
Per non dimenticare: chi era Antonino Saetta
Allo storico Gaetano Augello viene dato il compito di introdurci, nel documentario prodotto da Bridge Film, la biografia di Antonino Saetta: nato nel 1922 a Canicattì, Saetta intraprese la carriera nella magistratura già alla giovane età di 26 anni ma solo più tardi iniziò a occuparsi di processi penali di grosso calibro. Era un uomo distinto, biondo e con gli occhi azzurri, attributi che gli donavano un’aria da normanno. Affabile e mansueto, non amava darsi delle arie per l’importante carica rivestita ma piuttosto si muoveva con discrezione e in famiglia preferiva essere presente senza parlare del proprio lavoro.
Dopo un periodo in Piemonte, terra in cui nacquero i suoi primi due figli – Stefano e Gabriella – Antonino Saetta fece ritorno alla sue radici, in Sicilia, e lì il suo lavoro di magistrato si intrecciò con la brutta piaga della mafia di Cosa Nostra. Il lavoro a Palermo divenne sempre più difficile, ma il giudice Saetta – il cui nome al regista Lorenzano ricorda quello di un super eroe – non mostrò mai timore nell’operare sentenze che fossero obiettive: lo ricordano come una persona in questo senso estremamente onesta nel saper assolvere quando dovuto e nel non esitare addirittura a inasprire la condanna quando il caso lo volesse. Antonino Saetta non fu di polso debole nel dare il massimo della pena nel processo al capitano dei carabinieri Basile né tanto meno nel processo per Rocco Chinnici: fu questa la sua condanna a morte, perché proprio la sua incorruttibilità lo rendevano più che scomodo all’occhio di mafiosi come Riina e Madonia – poi condannati all’ergastolo per l’assassinio del magistrato e del figlio.
L’Abbraccio: la bellezza tragica della Sicilia, tra graphic novel e realismo
Nel documentario di Lorenzano sono i figli, Gabriella e Roberto, a raccontare il legame unico che il padre Antonino Saetta aveva con il figlio Stefano. Un legame che avrebbe protetto a ogni costo – motivo per cui Roberto racconta che probabilmente il magistrato non temeva la possibilità di una simile tragedia quel giorno, altrimenti non avrebbe di certo viaggiato con un membro della famiglia. I ricordi dei familiari e degli amici di famiglia, Giuseppe e Alessandra Fallica, danno una dimensione pienamente umana alla figura del magistrato Saetta che invece non può che apparire come un eroe al servizio della giustizia dalle ricostruzioni e dai pensieri del giornalista Carmelo Sardo e di Antonino Di Matteo. Quest’ultimo, oltretutto, non usa mezze misure nel condannare anche l’indifferenza di una certa parte di palermitani verso il rischio che i magistrati correvano all’epoca e la diffidenza di chi “si lamentava del suono delle sirene delle auto di scorta” dei giudici Falcone e Borsellino.
Attraverso la fotografia cruda e realista di Daniele Ciprì, il documentario ci mostra la bellezza della Sicilia anche in questa narrazione tragica: l’azzurro intenso del mare è la sola nota di colore, in una Palermo che invece viene dipinta con toni freddi e smorzati, diversi dalle solite luci colorate con la quale si è solita mostrarla sul grande schermo. Sì, ci sono le grida – ‘u vuciari – dei mercati storici e i vicoli popolati del centro storico, ma più che altro ad animare il documentario sono le ricostruzioni dello Studio d’animazione palermitano Grafimated Cartoon che attraverso la graphic novel animata ci mostrano alcuni episodi della vita del magistrato Saetta, come quell’ultimo abbraccio col figlio da cui prende il titolo lo stesso documentario.
L’Abbraccio. Storia di Antonino e Stefano Saetta è però anche un modo per celebrare l’amore per la terra sicula che spesso spinge questi uomini di legge ad andare incontro a tutto pur di difenderla: la regia di Lorenzano nel documentario dà spazio alla meraviglia mostrandoci le bellissime location dei palazzi signorili e la suggestiva chiesa di Santa Maria dello Spasimo a Palermo, con la sua navata scoperchiata che si apre al cielo come in simbiosi totale col divino.
L’Abbraccio. Storia di Antonino e Stefano Saetta è un atto di memoria toccante, un elogio fedele ed efficace nel saper toccare le corde dell’animo di vecchie e nuove generazioni che non hanno vissuto quella parte di cronaca italiana che ha lasciato ferite profonde nel Paese. Un’opera per non dimenticare.